Novembre in musica – Atmosfere progressive (e non solo…)

Eccoci di nuovo con la rubrica mensile dedicata alla musica e rivolta in particolare a tutti gli amanti del rock progressivo e assimilati. Cosa bolle in pentola per questo mese di Novembre? Fin troppi album magnifici, a mio avviso! Ad ogni modo, opererò come al solito una selezione dei lavori musicali più significativi, anche perché devo ancora ascoltare approfonditamente moltissime band, quindi per il momento seguirò la stessa scia dell’articolo precedente (e dunque i protagonisti di questo post, salvo eccezioni, saranno gli stessi di quello pubblicato ad Ottobre ).

7 Novembre 1969 

Questa volta partiamo dai Pink Floyd. Sulla scia del rock psichedelico, il gruppo inglese creerà un’opera che io giudicherei “strana”, in un certo senso esoterica – nonché intrisa di sonorità afferenti anche allo space rock: Ummagumma”. Ebbene, lo confesso, non sono mai riuscita ad ascoltare l’album per intero (forse a causa dell’eccessiva pesantezza di alcune tracce), ma d’altronde anche gli stessi membri del gruppo – in particolare il batterista Nick Mason – lo giudicarono un “esperimento fallito”.

Effettivamente, ascoltando qualche traccia dell’album, si nota una certa disarmonia nelle parti che lo compongono, sintomo del fatto che i musicisti lavorarono al progetto singolarmente per poi mettere insieme le composizioni all’interno dell’album, composto in realtà da due dischi: la Versione Live e la Versione Studio.  Ad ogni modo, il brano che mi sento di proporre qui è Narrow Way, canzone perlopiù strumentale che ho (ri)scoperto negli ultimi tempi e che effettivamente è molto affascinante (soprattutto i primi tre minuti).

20 Novembre 1970

Il talentuoso supergruppo Emerson Lake & Palmer esordisce con lo straordinario album omonimo, diretta testimonianza del profondo collegamento esistente tra rock progressivo e musica classica. Nel particolare, questo lavoro contiene la famosissima canzone Lucky Man, composta dal vocalist Greg Lake all’età di 16 anni e poi registrata dallo stesso cantante all’insaputa degli altri due colleghi, inizialmente per nulla convinti di voler inserire il brano all’interno dell’album. Alla fine, però, Lake riusci a spuntarla. Il risultato? Il brano diventò un singolo di gran successo. Personalmente, però, credo che la traccia più rappresentativa di questo disco la si trovi nel LATO A dello stesso: Take A Pebble.

1 Novembre 1971

I Traffic pubblicarono, tramite l’etichetta discografica Island Records, un album dal pomposo (ed affascinante) titolo: “The Low Spark Of High Heeled Boys”. Esattamente come negli album precedenti, lo stile che caratterizza il suddetto lavoro si compone di una varietà di generi musicali che spaziano dal rock progressivo al jazz e al rock & roll classico.

La copertina mi ha sempre affascinata: un cubo a sei facce le cui pareti rappresentano, a mio avviso, il connubio tra diversi mondi: il mondo celeste, rappresentato dall’azzurrità del cielo condito da soffici nuvole bianche; il mondo terrestre, forse rappresentato dalla parete destra del solido e una sorta di scacchiera alla base. Che cosa potrebbe rappresentare la scacchiera? Chissà, magari la nostra personalissima battaglia interiore contro le difficoltà di ogni giorno. In fondo, la vita può considerarsi una partita quotidiana nella quale si può vincere o perdere, a seconda delle circostanze.

Per quanto concerne il contenuto dell’album, l’affascinante sperimentazione musicale di cui gode lo stesso e creata ad arte dal gruppo inglese è condita dalla consistente presenza del flauto traverso di Chris Wood, che si sposa alla perfezione con un ritmo deciso, allegro e “spensierato”; il tipico ritmo di stampo blues/jazzistico, presente in tutte e sei le tracce che compongono l’album. Rudimenti fondamentali di rock progressive sono invece testimoniati in larga parte dalla traccia omonima che dà il titolo all’album. Comunque, personalmente preferisco presentarvi la prima track: Hidden Treasure.

12 Novembre 1971

In questo giorno speciale di ben 48 anni fa, nasceva Nursery Cryme”, fantastico album progressive dei Genesis di cui ho discusso ampiamente nel seguente post: qui. Tra i temi affrontati dal gruppo inglese, di particolare importanza sono il tema dell’assenza, della morbosità, del ruolo giocato dalla casualità nella vita degli individui, nonché la tematica associata alla ribellione della natura contro lo spietato ed insensibile comportamento umano nei suoi confronti.

26 Novembre 1971

Finalmente posso parlarvi dei grandi Yes, e nel particolare di uno dei migliori (se non il migliore) album progressive della loro discografia: “Fragile”. Ricordo perfettamente la sensazione di quando lo ascoltai la prima volta. Fu esattamente la stessa di quando, al quarto anno di liceo, scelsi una canzone casuale del gruppo al fine di conoscerlo meglio. Quel giorno mi trovavo in camera mia e, dopo la consueta giornata di studio, decisi di cominciare ad ascoltare gli Yes. Il destino ha voluto che io partissi da “And You And I”. Rimasi letteralmente folgorata da questa bellissima composizione dell’album “Close To The Edge” (uno dei miei preferiti). Per quanto riguarda Fragile, è davvero difficile selezionare una traccia che possa rappresentare al meglio il progressive, poiché sono tutte meravigliose. Pertanto, andrò a sensazione: scelgo Mood For A Day, omaggio del grande chitarrista Steve Howe.

Comunque, a proposito della copertina dell’album concepita da Roger Dean, credo converrete con me sul fatto che la stessa sia una delle più straordinarie copertine della storia del rock. Inoltre, è importante segnalare che questo album sancisce l’ingresso del mitico tastierista Rick Wakeman che vanta, tra l’altro, di una brillante carriera da solista.

19 Novembre 1973

Gli ELP non si fermano e producono un album ancora più pretenzioso dei precedenti: Brain Salad Surgery”. Keith Emerson lo definì con queste precise parole:

 

Brain Salad Surgery fu creato in un periodo in cui ognuno nel gruppo era ricettivo ai massimi livelli. Fu l’ultimo vero album della band.

 

Effettivamente, non posso che essere d’accordo con la sua affermazione. In effetti, tale disco ricopre la dodicesima posizione dei migliori 50 album progressive. Sì, la copertina dello stesso è un po’ inquietante ma, a dirla tutta, l’album andrebbe ascoltato numerose volte, al fine di poterne comprendere l’incontestabile bellezza e originalità. In fondo, a me piace definire il rock progressivo come “l’arte della pazienza”: spesso, la prima impressione derivante dal primo ascolto di un generico album di tale portata non basta, anzi, in molti casi può risultare fuorviante. Con il tempo (e dunque con ascolti ripetuti), si può imparare ad apprezzare delle opere musicali che magari, di primo acchito, non ci regalano grandi emozioni. Per rappresentare questo album, scelgo la prima traccia: Jerusalem.

18 Novembre 1974

I Genesis ci regalano l’ultimo capolavoro di stampo “gabrieliano”: The Lamb Lies Down On Broadway”. Cosa possiamo dire di questa opera musicale a dir poco magistrale? Qualsiasi affermazione non renderebbe giustizia alla portata di un concept album come questo (anche se in futuro dedicherò allo stesso almeno tre articoli). Peter Gabriel direbbe (come peraltro afferma nell’ultima traccia del secondo disco, It): “If you think that it’s pretentious, you’ve been taken for a while…!” – Se pensi che sia pretenzioso, allora sarà meglio che tu vada a farti un giro…! Anche stavolta, mi fiderò dell’istinto: scelgo la traccia strumentale Hairless Heart, accompagnata alla favolosa Anyway.


28 Novembre 1974

Gli Yes ci propongono un altro classico del rock progressive: Relayer”. In questo disco, Rick Wakeman non compare: aveva abbandonato il gruppo dopo la creazione dell’ambizioso concept album: Tales Of The Topographic Ocean. Il primo lato dell’album si compone della traccia The Gates Of Delirium. La durata di questo brano è di circa venti minuti, ma “la buona notizia” è che tale track venne pubblicata come singolo dal titolo Soon. Un inno di pace e di speranza narrato ad arte da Jon Anderson e il cui titolo si riferisce alla seguente affermazione riguardante la fine della guerra: “Soon oh soon the light, pass within and soothe this endless night”Presto arriverà la luce, a curare questa notte senza fine –.

10 Novembre 1977

Nasceva in questo periodo l’originale lavoro musicale degli Emerson Lake & Palmer: Works Volume 2″, una raccolta di brani creati dai tre artisti in separata sede (sì, tutti e tre i membri del gruppo hanno sempre goduto di una speciale indipendenza nella realizzazione dei propri progetti musicali che poi solevano riunire in un unico album), congiunti ad altri eseguiti al completo. Da profonda ammiratrice di Keith Emerson, non posso non citare un suo bellissimo brano che di progressive non ha nulla ma che a me, personalmente, elargisce grande carica: Honky Tonk Train Blues. Volete una bonus track? Allora scelgo anche questa: Bullfrog (eseguita dal trio).


30 Novembre 1979

L’album seguente non avrà certamente bisogno di presentazioni particolari: stiamo parlando di The Wall” dei Pink Floyd. Il protagonista di questa opera rock è una rockstar di nome Pink il quale, a causa di numerosi traumi psicologici subiti, arriva a costruirsi una sorta di “muro” mentale, estraniandosi dal mondo e da qualsiasi altro sentimento. Insomma, questo album è un capolavoro, pertanto non mi dilungherò ulteriormente a designarne le caratteristiche analitiche (eventualmente approfondirò la questione in un post futuro). Quale traccia potrei apporre qui? Mmm, è una scelta davvero ardua… Ma proviamo con Confortably Numb.

14 Novembre 1983

Gli Yes tornano alla carica, lasciandosi trascinare dalle sonorità tipiche degli anni 80′ con l’album dal titolo: 90125″. Un lavoro dal quale emerge, come peraltro ci si aspetta, una grande energia, mescolata comunque ad elementi di rock progressivo (seppur presenti in piccole tracce). La prima track dell’album, diventata poi un singolo di successo, è Owner Of A Lonely Heart, canzone che esalta la propria individualità, spingendo ad inseguire i propri obiettivi di vita. La formazione è composta dallo storico vocalist Jon Anderson, Trevor Rabin, Chris Squire, Tony Kaye e Alan White.

Novembre in musica
Novembre in musica

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

4 Risposte a “Novembre in musica – Atmosfere progressive (e non solo…)”

  1. Di Ummagumma (ma l’avevo già detto) la parte migliore è quella live. The Narrow Way è un ottimo brano, la cui prima parte si trova anche in Zabriskie Point e la terza in The Man and the Journey.
    Di Fragile seconde me le due vere perle sono Roundabout e The Fish, entrambi caratterizzati dall’uso di armonici naturali, Roundabout sulla chitarra acustica, The Fish sul basso.
    Sempre parlando di Yes il dopo Close to the Edge per me ha cominciato a essere sempre meno interessante. Tales Of The Topographic Ocean era eccessivamente barocco, tanto che persino Wakeman lo disprezzava e durante le esibizioni dal vivo si produceva in esilaranti provocazioni alla faccia degli altri membri della band.

    1. In effetti, dopo Close To The Edge, Bill Bruford aveva compreso che gli Yes non sarebbero più stati quelli di allora, perciò si aggregò ai King Crimson… Quanto a “The Tales”, anche per me quel concept album è davvero “troppo” (di esso apprezzo solamente la prima traccia). Lo avrò ascoltato per intero sì e no una volta. All’inizio, mi era successa la stessa cosa con The Lamb dei Genesis. Trascorsa un’ora, mi ero rifiutata letteralmente di continuare ad ascoltarlo.
      Poi, la seconda volta che ci ho provato, ho avuto come una folgorazione: a mio giudizio, è un album originale e meraviglioso, tanto da averlo per intero sul mio cellulare.

      1. Però The Lamb Lies down on Broadway è più variegato come strutture musicali, stili e momenti. Tales Of The Topographic Ocean è un po’ monocolore (non lo ricordo benissimo, ne ho ascoltato solo qualche passaggio, era troppo).

        1. Sì sì sono d’accordissimo, i due concept non sono assolutamente paragonabili. E mentre con The Lamb ho cambiato immediatamente idea sul fatto che all’inizio non mi piacesse, so per certo che questo non accadrà mai con The Tales… The Lamb è musicalmente superiore, perché come hai detto sono riconoscibili i cambiamenti di ritmo, di vocalità, di stile… Insomma, di tutto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *