Alla ricerca di un tempo felice – L’ordine Del Tempo

 

Bastano pochi microgrammi di LSD perché la nostra esperienza del tempo si dilati in modo epico e magico.

Carlo Rovelli

 

4.1. Introduzione

Anche questa volta, il capitolo di Rovelli incomincia con un’incredibile – e a quanto pare più che veritiera – affermazione. Ebbene, i nostri geniacci della musica degli anni 70′ lo avevano capito da tempo: in effetti, moltissimi artisti dell’epoca furono in grado di comporre grandi opere attraverso l’utilizzo di questa sostanza dal notevole potere allucinogeno. Effettivamente, tale composto venne sintetizzato per caso dal chimico Albert Hoffmann, che ne scoprì altrettanto casualmente gli effetti entrando accidentalmente in contatto con la sostanza che, a suo dire, gli provocò delle incredibili sensazioni.

In particolare egli racconta di aver visto, nel bel mezzo del suo stato ipnotico, ‘un flusso ininterrotto di immagini meravigliose, forme straordinarie con un intenso gioco caleidoscopico di colori.’ Ed effettivamente, analizzando il titolo della canzone dei Beatles ‘Lucy In The Sky With Diamonds’ si può già osservare, dalle lettere evidenziate in grassetto, l’acronimo della sostanza creata dallo scienziato.

Ma non è finita qui. C’è persino chi sostiene che l’eccentrico album dei Genesis‘The Lamb LieS Down On Brodway’ ( L’agnello Si Stende Su Broadway ) faccia anch’esso riferimento alla suddetta sostanza. Ammetto che, nel momento in cui l’ho scoperto, un brivido istantaneo mi ha percorso la schiena. Non sarei mai riuscita a cogliere questo messaggio criptico da sola, pur avendo spesso discusso con mio padre riguardo la magnificenza del titolo di questo album del 1974 ma, soprattutto, riguardo le bellissime ed alquanto innovative composizioni di cui esso è costituito.

Ma non è ancora finita.

I nostri ‘musicisti beatlesiani’ sono stati ancora più espliciti, prendendo diretta e specifica ispirazione dalle parole dello stesso Hoffmann. Infatti, la prima strofa della canzone Lucy In The Sky With Diamonds’ recita:

 

Somebody calls you, you answer quite slowly,

A girl with kaleidoscope eyes…

 

Qualcuno ti chiama, tu rispondi piuttosto lentamente…

Una ragazza dagli occhi caleidoscopici.

 

Ed ecco il nostro bellissimo caleidoscopio comparire davanti agli occhi di Hoffmann, visibilmente estasiato da questa ‘mistica’ – e alquanto bizzarra – visione. Ma il succo della questione è il seguente: per quale motivo Rovelli ha deciso di esordire con una citazione sull’acido lisergico? A quanto sembra, l’assunzione di questa sostanza provocherebbe una sorta di dilatazione spazio-temporale non indifferente. L’individuo proverebbe infatti delle sensazioni incredibilmente piacevoli e, allo stesso tempo, vivrebbe in un mondo ‘tutto suo’, scandito da un ‘tempo proprio’. Insomma, questa sorta di ‘inebriante viaggio’ attraverso l’alterazione dei sensi condurrebbe dunque ad una scoperta più profonda del tempo e le sue dinamiche? Oppure ad un qualcosa che, pur essendo stata per molti esperienza diretta, conduce ad un benessere psico-fisico che non potrà mai essere raggiunto attraverso una normale scansione del tempo?

Allargando i nostri orizzonti, persino in un romanzo di Glenn Cooper – intitolato ‘L’Ultimo Giorno’ – si narra la sintesi chimica di una sostanza che, se utilizzata, condurrebbe ad una sorta di esperienza mistica che permetterebbe agli individui di ‘far visita’ al regno dei morti e poter ‘riabbracciare’ le persone care ormai scomparse. Si ha dunque davvero bisogno di ‘modificare’ il proprio tempo ordinario attraverso l’assunzione di potenti allucinogeni? Oppure vi è un’altra soluzione decisamente più naturale di questa e, forse, molto più sensibilizzante e consapevole?

Già, sono proprio queste le impellenti domande sorte nella mia mente non appena ho cominciato a leggere il nuovo capitolo di Rovelli. Molto spesso, si cerca di combattere il dolore psicologico con le metodologie più disparate. Nei casi peggiori, ad esempio, si cerca di combattere ansia o sintomi depressivi attraverso l’assunzione di tranquillanti che possano scandire la vita quotidiana del paziente e quindi lo stesso tempo, il quale trascorre in modo ‘meno dinamico e decisamente più lento’ alterando, però, il sistema nervoso centrale dello stesso paziente, il quale subisce un processo di sedazione. Perdendo in parte la coscienza di sé, in effetti, si perde contemporaneamente la consapevolezza del tempo e il suo scorrere.

La nostra visione del tempo potrebbe dunque risultare facilmente alterata ai nostri occhi. Come scoprire, allora, l’eterno e affascinante mistero che si cela dietro la parola ‘tempo’? Ancora una volta, una possibile risposta ci viene fornita dalla Fisica e dalla Filosofia, due mondi da sempre destinati a scontrarsi, nonostante l’inesorabile trascorrere del tempo.

4.2. Ricordi di infanzia

L’insita filosofia temporale connessa ed associata alla Fisica risulta da sempre un ‘problema’ di non facile risoluzione. Molto spesso, è altrettanto difficile accettare che la Filosofia possa in qualche modo ‘immischiarsi’ con le leggi della fisica o ricondursi ad essa, provocando perciò un netto contrasto tra le due parti. Eppure, questo è proprio quanto accaduto molti secoli fa, quando Aristotele, un metafisico greco, e Newton, un genio della fisica, si trovarono ad affrontare un feroce quanto argutissimo diverbio riguardo il concetto di tempo.

La Matematica contro la Filosofia: chi vincerà questo eterno e alquanto difficile scontro?

In particolare, il primo affermava letteralmente che ‘il tempo fosse la misura del cambiamento’. Se intorno a noi nulla si modifica, possiamo allora assumere che il tempo non trascorra affatto. Contrariamente, al modificarsi delle circostanze e alla ripresa dello scorrere del tempo, l’uomo ‘corre incontro’ al cambiamento. Un cambiamento percepibile al nostro corpo (il filosofo direbbe alla nostra ‘anima’) e alla nostra mente.

La visione newtoniana è invece diametralmente opposta a quella aristotelica. Infatti, per Newton, il tempo ‘reale e matematico’ assumeva il trascorrere dello stesso tempo indipendentemente dal cambiamento associato alle nostre esperienze quotidiane. Dunque, il tempo trascorre sempre e comunque, manifestando la ‘sua più perfetta indifferenza’ nei confronti dell’umanità.

Insomma, a seguito di queste divergenti dichiarazioni, sembra proprio che l’uniformità del tempo cessi di esistere. Eppure il tempo è stato, fin dai tempi antichi, scandito dagli orologi. Orologi a pendolo, orologi da polso e da tasca… Tutto è ed è stato governato da questi innocui – quanto potentissimi – strumenti. Ma se il tempo, – come detto negli articoli precedenti del Novembre scorso – non è uniforme in ogni singola parte dell’universo, avrebbe dunque senso calcolarlo attraverso un semplice orologio?

Incredibilmente Rovelli, avendo citato molte volte il termine ‘orologio’ all’interno del capitolo, ha provocato in me il riaffiorare di un dolce ricordo legato alla mia infanzia. In particolare, ho ripensato al periodo in cui avevo circa cinque o sei anni e in televisione trasmisero un bellissimo cartone: Momo – Alla conquista del tempo. Un cartone in cui la cui protagonista è proprio Momo, una bambina orfana dai capelli neri come la pece che vive insieme a Beppo, un anziano signore, e un suo coetaneo, Gigi. Come si deduce dal titolo, la tematica affrontata dal film è proprio il tempo. Un tempo il cui valore è fin troppo spesso sottovalutato, poiché considerato come ‘l’arcinemico’ dell’individuo. Come afferma lo stesso video, correlato alla bellissima (e commovente) canzone di Gianna Nannini, però:

 

‘Ogni ora, ogni minuto, ogni secondo può essere il più bello della tua vita… Tutto dipende da come lo vivi.’

 

 

Quanto a noi, come viviamo il nostro tempo? Nella frenesia, nella tranquillità o nella totalità del suo scorrere?

 

Questa sì che è una bella domanda. Nel suddetto cartone ‘Gli Uomini Grigi’ sono gli antagonisti dello stesso tempo e del suo prezioso valore. In effetti, il loro obiettivo è quello di persuadere gli adulti a risparmiare il tempo. E risparmiare il tempo equivale ad ottimizzarlo.

Come? Non è poi difficile da immaginare. Siamo sempre di corsa e in perenne lotta contro il tempo. Ad esempio, nel mio caso, sono costantemente in lotta con l’incessante trascorrere delle settimane che scandiscono la mia vita universitaria. E in una sola settimana non è affatto semplice ‘pareggiare i conti’ e riuscire ad affrontare i nuovi concetti alla luce di quelli già acquisiti. Ebbene, ‘così va il mondo’ (ormai è ufficiale, mi sto trasformando ‘nell’alter ego’ di un mio professore universitario 🙈): non c’è nessuno che possa considerare il tempo come un fido ed inestimabile amico.

E  ‘Gli Uomini Grigi’ lo sanno molto bene. In effetti, questi faranno di tutto per persuadere gli adulti a non dedicarsi ai loro affetti, provocando delle fratture incolmabili all’interno delle famiglie. E noi, che cosa abbiamo intenzione di fare? Vogliamo convertirci proprio come ‘Gli Uomini Grigi’? Vogliamo che il tempo dedicato a noi stessi e agli altri scompaia definitivamente e che questo si trasformi in una specie di ‘padre padrone’?

Perché indubbiamente, il tempo può rivelarsi un potente nemico. Ma tutto dipende da noi e dal nostro volere. Poiché tutti, ma proprio tutti, siamo alla costante ricerca di un tempo felice. Esattamente. Almeno in parte, cambiare il proprio destino è ancora possibile. E persino Newton sarebbe d’accordo con noi… Perché come da lui affermato, il tempo scorre sempre e comunque, indipendentemente dalle azioni che compiamo. Dunque, se noi volessimo trascorrere una giornata accoccolati sul divano insieme alla nostra famiglia assecondando ‘l’otium e il dolce far niente’, il tempo continuerebbe a scorrere indisturbato, con un’unica importante differenza: tutto ciò non sarebbe affatto tempo sprecato.

4.3. Alla ricerca di un tempo felice

 

Fisico: Eureka! Eureka!

 

Metafisico: Che è? Che hai trovato?

 

Fisico: L’arte di vivere lungamente.

 

Operette Morali

 

Abbiamo ormai compreso – perlomeno a livello fisico – che il tentativo di unificare il tempo è solo un’illusione. Una vana e fallace illusione di cui siamo indirettamente testimoni e contro cui i grandi pensatori del passato hanno lottato fino alla morte, al fine di dimostrare che la scansione del tempo non è che un evento fine a se stesso. Se anche tutta la razza umana scomparisse, il tempo non cesserebbe di esistere e non si accorgerebbe minimamente della nostra assenza, proprio come la ‘natura matrigna’ descritta dal poeta Giacomo Leopardi, la quale dichiara:

 

Se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei.

 

~ Dialogo della Natura e di un Islandese ~

 

Dunque, nell’uniformità del tempo si nasconde un qualcosa di informe. Il calcolo uniforme di esso avviene, come affermato nel paragrafo precedente, mediante un orologio ma, al contempo, sappiamo che tale calcolo risulta essere un’artificiale convenzione adottata dall’uomo, proprio come dichiarato dallo stesso Newton. Il suo concetto di uniformità non è però rapportato ad una mera quantificazione dello stesso, quanto all’incontestabile fatto che questo scorra indipendentemente da tutti e da tutto. Esattamente come ‘un flusso ininterrotto di immagini meravigliose, forme straordinarie con un intenso gioco caleidoscopico di colori.’

Vi ricorda qualcosa questa frase?

Ebbene sì, siamo tornati alle origini dell’estatica esperienza di Hoffmann riguardo al consumo dell’LSD. Perché? Beh, in primo luogo, perché questa sostanza potrebbe comportare l’illusione di potersi creare un tempo felice, un tempo in cui ogni cosa appare ai nostri occhi come semplice meraviglia.

 

Ma esiste davvero, un tempo felice? Se sì, saremo mai in grado di trovarlo? Ma soprattutto, potremo mai riuscire a conquistarlo come fece la nostra Momo nel cartone animato? 

 

Per rispondere alla domanda, chiamiamo in causa un bellissimo scritto leopardiano, citato nell’introduzione di questo paragrafo: Dialogo di un fisico e di un metafisico.

Questo dialogo, estratto dalle ‘Operette Morali’ ed affacciatosi d’improvviso nella mia mente nel bel mezzo della lettura del libro di Rovelli, discute proprio del tempo e del suo complesso significato. E guarda caso, in questa sorta di ‘pièce teatrale’, potremmo identificare l’anonimo fisico come Newton e il metafisico come Aristotele. Due visioni differenti che si competono e si compenetrano, per poi giungere ad uno scontro senza fine e apparentemente senza alcuna soluzione concreta.

Il fisico e il metafisico discutono animatamente riguardo il senso della vita finalizzata alla ricerca della felicità. Una felicità che per il metafisico è però impossibile da raggiungere, nonostante la vita di ciascuno sia governata dal lungo tempo (o almeno si spera) che l’uomo trascorre su questa Terra. Ma a cosa servirebbe vivere a lungo, se si è destinati a soffrire per tutta la durata del nostro cammino terreno? Ovviamente, il fisico non è di questo avviso: egli considera il tempo della vita come un privilegio raro. Un privilegio da preservare, custodire e, se possibile, ‘prolungare mediante una formula matematica’ da lui elaborata.

Ma l’atroce pessimismo del metafisico è sempre in agguato: egli preferisce di gran lunga la morte, piuttosto che affrontare di petto le sofferenze arrecategli in vita. Dunque sostiene, al contrario del fisico, la primaria importanza di vivere felicemente piuttosto che lungamente, vivendo una vita dettata dalla sofferenza. E quella di Leopardi è una sofferenza alquanto profonda che, paradossalmente, lo spinge ad affrontare la vita con maggior forza e consapevolezza di sé.

4.4. C’è ma non si vede…

Lo spazio e il tempo, pur essendo due entità molto diverse, sono fisicamente rapportabili tra loro. Eppure, l’eterno contrasto tra queste non sembra affatto destinato a spegnersi. In effetti, Newton e Aristotele si ritrovano, ancora una volta, a discutere animatamente a proposito dello spazio e del suo significato. Nel particolare, l’ardita osservazione di Newton colpisce ancora una volta il metafisico, incredulo di fronte a cotanta ‘sfrontatezza’. Lo scienziato sembra pronto ad affermare che lo spazio vuoto’ esista e, con esso, la percezione umana associata a tale spazio. Ad esempio, si può indubbio assumere che l’aria esista e la si percepisca, nonostante non si possa vederla. E rapportando il concetto al video sovrastante, certamente saprete che la canzone di Gianna Nannini ha come ‘protagonista’ l’aria e i suoi ‘incredibili poteri’:

 

Aria respirami il silenzio…

Non mi dire addio, ma solleva il mondo…

 

Questa strofa, alquanto filosofica, racchiude in realtà l’essenza del pensiero aristotelico: per il metafisico, infatti, non può esistere uno ‘spazio vuoto’, bensì uno spazio ‘riempito’ dall’aria. Citando infatti il seguente passaggio del libro:

 

Aristotele, che vuole essere sempre il primo della classe, vuole essere precisino: non dice che il bicchiere è vuoto, dice che è pieno d’aria.

 

Al contrario, esiste per Newton uno ‘spazio vero, assoluto e matematico’, indipendentemente dall’assenza o dalla presenza di entità invisibili come l’aria. Egli, essendo un uomo di scienza, punta alla concretezza definendo che lo spazio reale tra due oggetti fisicamente distinguibili risulti vuoto. Ma questa sua brillante idea si può realmente assumere come un’idea formalmente corretta?

4.5. Alla ricerca degli ‘Orefiori’ perduti

 

Che cos’è il tempo, allora? Il tempo dovrà pure essere qualcosa. Forse è una specie di musica, che non sentiamo perché suona continuamente. Eppure, qualche volta, l’ho sentita suonare piano, molto piano…

 

Momo

 

Or dunque ragazzi, abbiamo esattamente un’ora di tempo per distruggere ‘Gli Uomini Grigi’ e rovinare i loro piani. Dei piani alquanto loschi; dei piani di cui siamo venuti a conoscenza attraverso il paragrafo 4.2. Dobbiamo sconfiggere la ‘Cassa Di Risparmio del Tempo’  e il suo inutile scopo. E, al contempo, è necessario trovare un punto di incontro tra le contrastanti ‘ideologie spazio-temporali’ esposte sin qui. E chi potrebbe mai essere l’unificatore di tali teorie, se non l’ormai celebre Albert Einstein ?

Effettivamente, l’esistenza dello spazio e del tempo è garantita dal concetto di ‘campo’, un ente misterioso e profondamente astratto, eppure realmente esistente. In effetti, sembra che gli oggetti dell’universo possano essere ricondotti al campo e alle sue differenti proprietà. Per esempio, la luce è definita come una radiazione elettromagnetica cui sono associati due campi: quello magnetico ed elettrico, entrambi mutuamente perpendicolari tra loro. Il campo gravitazionale, da cui si origina la gravità, racchiude in sé lo spaziotempo. E i vari campi possono contorcersi, dilatarsi,  compenetrarsi e rarefarsi, nonché operare una ‘complessa danza’ intorno al mondo. Una danza scandita dal ritmo del tempo e dalla sua dolce melodia.

La dilatazione e la compressione del tempo discusse nel ‘Capitolo 1’ trovano ormai effettiva giustificazione. Come già affermato nell’articolo di Ottobre – La vera essenza del tempo – il tempo scorre più veloce in montagna che in pianura. Nel primo caso, il tempo risulta dunque dilatato. E, cosa ancora più incredibile, Einstein riuscì finalmente ad appianare – attraverso l’introduzione del campo gravitazionale – i contrasti derivanti dalle visioni di Newton e Aristotele. Dunque, entrambi i pensatori avevano ragione.

La dimora dello spaziotempo è il campo gravitazionale, il quale assume l’esistenza del tempo ‘reale e matematico’ ipotizzato da Newton, perché questo è lo stesso campo gravitazionale. Quanto ad Aristotele, anch’egli aveva pieno diritto ad affermare che il tempo e lo spazio non sono altro che la riduzione a due domande fondamentali che li identificano: il quando e il dove. Due avverbi associati al movimento e al nostro localizzarsi rispetto ad un qualcosa che, anche stavolta, può essere ricondotto allo spaziotempo. Ciò che non esiste è l’indipendenza del tempo. Il tempo può essere modificato, perché lo stesso campo gravitazionale è soggetto a continue ed elastiche deformazioni.

Pur essendo ciò un concetto puramente astratto e alquanto difficile da capire, c’è invece un qualcosa che risulta essere di immediata e semplice comprensione. Siamo ancora alla costante ricerca di un tempo felice e, in particolare di un bellissimo ‘Orefiore’ che scandisce – come enunciato da Momo, il romanzo di Michael Ende in seguito trasposto come cartone animato – la vita e il tempo di ogni singolo essere umano. Un tempo che è forse una specie di musica che incessantemente e silenziosamente invade il nostro cuore, trasportandolo in un’altra dimensione: la nostra personale dimensione dello spaziotempo.

Infatti, come afferma lo scrittore, ognuno di noi avrà sempre una personale percezione del tempo. Una percezione correlata al suo vissuto e alle sue emozionanti – nonché estenuanti – esperienze di vita.

 

Esiste un grande eppur quotidiano mistero. Tutti gli uomini ne partecipano ma pochissimi si fermano a rifletterci. Quasi tutti si limitano a prenderlo come viene e non se ne meravigliano affatto. Questo mistero è il tempo. Esistono calendari ed orologi per misurarlo, misure di ben poco significato, perché tutti sappiamo che talvolta un’unica ora ci può sembrare un’eternità, ed un’altra invece passa in un attimo… dipende da quel che viviamo in quell’ora. Perché il tempo è vita. E la vita dimora nel cuore.

 

Momo – Michael Ende

 

Alla ricerca di un tempo felice...
Alla ricerca di un tempo felice…
Gli uomini Grigi
Gli Uomini Grigi

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

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