‘Il mestiere dei sogni’: esiste davvero?

Molto spesso, mi sono chiesta se possa esistere il cosiddetto ‘mestiere dei propri sogni’. Nel particolare, quei giorni colmi di sconforto o varie preoccupazioni concernenti ad esempio l’ambito accademico, sono proprio quelli che inducono alla riflessione del proprio io, di ciò che si sta studiando o progettando per il futuro. Fin da piccoli, chiunque ci spinge ad inseguire con forza i propri obiettivi e, dunque, i propri sogni. Poi, una volta cresciuti, si viene inevitabilmente catapultati nella ‘realtà’. Ci si incomincia a guardare intorno, ad analizzare con maggior profondità la vita dei nostri coetanei o, ancora più spesso, la vita degli adulti, ormai ‘oppressi’ dalla solita (e spesso inappagante) routine quotidiana. Così, alle volte, si giunge ad una consapevolezza che ci rende mentalmente instabili e profondamente volubili. 

Altrettanto spesso e in un attimo, ci si trova a ‘doversi scontrare’ con la realtà, ben diversa dall’immaginazione o dalla fantasia che, in qualche modo, rappresentano una sorta di protezione contro gli attacchi del mondo e del suo forte pessimismo. Ed ecco che poi, gli adulti che avevano tanto insistito affinché credessimo nei nostri sogni più grandi, ci inducono ad osservare la realtà e le sue reali esigenze con occhi diversi. Nulla si può conquistare se non attraverso il duro lavoro e i ‘massacranti’ sacrifici che portano poi a costruirsi una propria posizione. Ma quella stessa posizione rappresenterà davvero la nostra reale aspirazione?

Il mondo degli adulti risponderebbe, quasi all’unanimità, con un secco ed agghiacciante ‘no’. E molto presto, converremo anche noi giovani con questa affermazione. Sarà che oggi il mio stato d’animo non è certo dei migliori, ma non è affatto questo ciò di cui voglio parlare. Vorrei soltanto tentare di rispondere all’interrogativo fin troppo spesso sorto nella mia mente e, ovviamente, in quella di moltissimi altri miei coetanei. Sinceramente, non vedo proprio come si possa affrontare la vita senza la certezza di poter serbare un grande sogno nel cuore o, quantomeno, una piccola speranza al riguardo.

Quella speranza di potersi costruire il proprio destino, di provare con tutte le forze a realizzare il ‘sogno della vita’. Quel sogno che tutti hanno ma che, alla fine, quasi tutti finiscono per abbandonare, poiché scoraggiati dalla realtà in cui vivono. Esiste davvero, dunque, il ‘mestiere dei propri sogni’?

Ebbene, anche la mia risposta è no. O meglio, esiste ma, molto spesso, ‘lo si pratica’ per proprio conto, senza che nessuno possa valutarlo né tantomeno inserirlo in un reale – quanto spesso tirannico – contesto lavorativo. E questo, paradossalmente, lo rende ancora più prezioso ai nostri occhi. Ho conosciuto, comunque, qualche persona che è riuscita a fare della sua più grande passione un mestiere, chiaramente non senza difficoltà. Queste ultime fanno parte del ‘gioco.’ Ma il numero di persone realmente soddisfatte professionalmente è davvero esiguo. Eh già, il ‘mestiere di vivere’ è davvero difficile…

Sia chiaro, io sono (da sempre) una fervida sostenitrice ‘dei sogni impossibili’ ma, alle volte, è necessario scontrarsi con la nuda e cruda realtà delle cose. Ad esempio, quando mi metto a scrivere un qualcosa, mi sento incredibilmente soddisfatta ma, al contempo, lievemente ‘amareggiata’.

Perché ‘lo scrivere’ non è – e non sarà mai – un vero e proprio mestiere. È il sogno di molti e il privilegio di pochi, un po’ come nella danza. ‘L’arte dello scrivere’ è più un ‘lavoro’ introspettivo rivolto, in primo luogo, a se stessi, un ‘lavoro’ che si compie appassionatamente e senza alcun compenso. Ma è bellissimo condividere le proprie idee ed altrettanto potersi ritenere soddisfatti anche soltanto di aver scritto una sola riga di parole in una giornata frenetica. E siccome dalla scrittura ‘nasce’ in me una certa tranquillità, questa è per me una sorta di ‘medicina’ contro le ansie e i timori riguardanti il futuro. Dunque, eccoci di nuovo qui in procinto di scrivere cercando di essere, questa volta, il più razionali possibili, evitando di viaggiare troppo con la fantasia.

In effetti, alle volte, complici le delusioni, le preoccupazioni e le varie difficoltà che si incontrano nella propria vita, si smette quasi del tutto di sognare. Gli sforzi ‘di piacere’ a questo mondo risultano inutili e, con essi, tutti i propositi di ribellione che, inizialmente, esclamano nella nostra testa: “Ah ma per me sarà diverso, non lascerò che il destino la faccia da padrone e che scelga per me il mio futuro mestiere”.

In realtà, però, dovremmo contemplare la possibilità che ciò accada. Non possiamo del tutto crearci il nostro destino, perché ognuno ne ha uno suo. Ovviamente si deve far di tutto per realizzare il proprio sogno nel cassetto ma, al contempo, occorre abbandonare l’idea di essere totalmente indipendenti dal destino e le sue dinamiche. Molte volte, si coltivano dei sogni realmente impossibili e, dunque, si deve lasciare che questi volino via, fuggendo per sempre dalla nostra mente. Il che non è facile. Oppure, alle volte, non si lotta nemmeno poi molto per realizzarli, convinti che in realtà non si riuscirà nel proprio obiettivo. Insomma, pur risultando una visione alquanto pessimistica, chi potrebbe affermare il contrario?

Forse il mio destino sarà, come quello di molti, di coltivare le mie grandi passioni totalmente al di fuori dal mio futuro (se ci sarà) ambito lavorativo, attraverso la condivisione di queste con una ristretta cerchia di persone che, come me, hanno ‘commesso il bellissimo errore’ di sognare. Ma è anche vero che, senza un obiettivo – anche se di ‘impossibile’ realizzazione – la vita diventerebbe ‘un vero inferno’. Il coltivare un sogno rende il tutto più sopportabile. E anche solo godere del privilegio di immaginarlo, reca in noi la più grande delle emozioni.

Poi, quando lo si assapora per un poco, si percepisce realmente ciò che si vorrebbe diventare. E quando l’effimero piacere termina, ecco che si torna alla realtà e alle sue spietate ‘regole del gioco’. In fondo, il grande Giacomo Leopardi ci aveva visto giusto: il piacere non è che un’emozione temporanea costituita da una forte intensità, che scompare non appena cala il sipario e si esce di scena.

Dunque, analizzando queste parole che – pur non essendo propriamente del poeta – racchiudono l’essenza del suo pensiero, sembra proprio che l’aspirazione professionale non sia che un miraggio. In ogni caso, se si presenta anche soltanto uno spiraglio di possibilità, ci si deve far largo e provare ad entrarvi. Provare, non riuscire. Perché la riuscita, come sappiamo, non è garantita. Ognuno ha le proprie carte e ognuno le deve giocare con tutta la destrezza e la ‘freddezza’ possibili, pur di raggiungere un obiettivo. Un obiettivo che forse non sarà per la vita ma che almeno la possa – seppur per breve tempo – costituire.

Ad esempio, agli ‘sfortunati amanti’ della scrittura potrebbe venire in mente di seguire dei corsi o anche iscriversi alla rinomata scuola Holden che (almeno recentemente) sembra sia diventata a tutti gli effetti un’università. 

Ebbene, se siete dei ricconi e avete da sborsare circa 10.000 euro annue, andate pure.

Calma e sangue freddo, non vi agitate, questo non è un articolo diffamatorio riguardo la suddetta scuola torinese o contro le persone molto agiate economicamente, ma è semplicemente la realtà. Una realtà che, se anche ognuno potesse permettersi, sarebbe totalmente inutile. Sì, avete capito bene. Frequentare una scuola di scrittura, così come pubblicare un libro, non ci rende automaticamente degli scrittori. Altrimenti, a quest’ora saremmo tutti miliardari. Ma questo non dovrei certo dirvelo io… È un dato di fatto.

Io sono del parere che la scrittura non possa ‘essere insegnata’, contrariamente ad altre discipline. Ovviamente si possono acquisire i cosiddetti ‘trucchi del mestiere’ ma, in realtà, è la propensione – e soprattutto molta, molta fortuna – a determinare o meno un vero scrittore. Uno scrittore che, occorre precisare, non è un giornalista. Perché il giornalismo è un altro sport. Lo scrittore, in effetti, scrive nei romanzi ciò di cui è appassionato descrivendo, attraverso i  vari personaggi, le sue ideologie. Ma ha bisogno di idee… Molte idee, nonché di un intrinseco talento. Il giornalista, invece, ha l’imprescindibile compito di documentarsi su ciò di cui scrive. Dunque, necessita indubbiamente di una formazione più specifica, sia essa scientifica o umanistica. Poi ci sono i ‘factotum’, ovvero quelle persone che si occupano di entrambe le cose…

Il bello è che, però, non ci sono limiti. Nessun corso di laurea ti rende scrittore. Un qualsiasi appassionato di scrittura può redigere un libro, a prescindere dal proprio lavoro (poi pubblicarlo, è un’altra storia…). Perché come già detto, lo scrivere è un mestiere a parte, a meno che tu non sia il nuovo Dan Brown, Glenn Cooper o… Chi altri potrei citare? Non saprei, ma ci siamo capiti. La morale della favola è: scrivete per passione, intanto. Poi, se si riuscirà ad esaudire un piccolo sogno legato a questa passione, tanto meglio. L’importante è non abbandonare ciò per cui si riesce a vivere, nonostante il ‘futuristico pessimismo’ che aleggia nella società. E, in ogni caso, si può sempre contare sui propri affetti. In effetti, perlomeno a livello privato e nel migliore dei casi, la soddisfazione è in tal contesto assicurata.

Ma una domanda sorge spontanea: si deve realmente smettere di immaginare il proprio futuro professionale come il tanto futuro sperato?

In sostanza, credo sia meglio non crearsi troppe aspettative al riguardo (ma senti chi parla!). Lo so, costa anche a me dover ammettere tutto ciò, dopo una miriade di articoli in cui mi sono ‘fatta in quattro’ per spronarvi e spronarmi a credere nei sogni. Ma oggi va così… E questa è, paradossalmente, la vita vera. Indubbiamente, senza lo studio non si va proprio da nessuna parte. Sarebbe ancora peggio mollare tutto e fuggire su un’isola deserta (sebbene alle volte non sembri una soluzione così malvagia). Nella vita si deve sempre e comunque affrontare.

E nella vita, inoltre, è tutto un aspettare. Aspettare che si faccia giorno per cercare di ‘cavare un ragno dal buco’ e studiare ‘l’incomprensibile’, aspettare di ritornare a casa dopo il solito viaggio verso l’università, aspettare che arrivino i risultati di un esame, aspettare di raccogliere i frutti del proprio lavoro… Insomma, aspettare che arrivi prima o poi una soddisfazione. Beh, per queste, bisogna davvero munirsi di grande pazienza. Perché la tentazione di fuggire dalle proprie responsabilità è sempre dietro l’angolo e, in alcuni giorni, se ne sente particolarmente il peso. Una sensazione opprimente che ti assale per qualche ora annebbiandoti la mente, per poi scomparire e lasciarti in bilico, nella stessa identica condizione iniziale. E i ‘problemi’ vanno risolti. Come?

Nel mio caso, con la scrittura o con la danza. Generalmente, però,  è con la prima che riesco definitivamente ‘a buttare’ tutto ciò che ho dentro, senza aver paura di ciò che gli altri potrebbero pensare. Con lo studio ordinario, non ci si riesce molto spesso… È tutto fin troppo ‘organizzato’ e settorializzato. La libertà vera consiste, invece, nel prendersi una meritata pausa dopo aver studiato per quattro ore (senza averci capito una mazza, ma così è la vita…) ed esprimere ogni tanto una qualche considerazione che, seppur inutile, mi spinge a focalizzarmi meglio sul prossimo step da compiere. 

Ebbene, ho risolto qualcosa?

Ovviamente no. Nessuno conosce realmente il proprio destino (o il proprio futuro mestiere), ed io per prima ne ho talvolta timore. Un timore sostanzialmente legato a degli obiettivi non ancora ben focalizzati… Ma la certezza di continuare a studiare – nonostante le solite difficoltà che fin troppo spesso mi buttano giù – rimane e, perlomeno, dopo aver espresso quasi tutto ciò che avevo dentro, sento di aver ripreso in mano – almeno in parte – quella piccola speranza di essere, in futuro, una persona comunque felice, nonostante tutto.

Eh già, come al solito, non abbiamo risolto proprio tutto se non per il fatto che adesso mi sento maggiormente tranquilla e forse ispirata a partecipare ad un piccolo concorso letterario bandito dal mio paese. Esatto. Ogni tanto, anche a Subiaco si organizza qualcosa di carino. Detto questo… Corro a scrivere, prima che l’ispirazione se ne vada e mi lasci dentro un vuoto incolmabile…

 

Il mestiere dei sogni: vana speranza o futura realtà?
 Il mestiere dei sogni: vana speranza o futura realtà?

 

http://www.fieramenteillibro.it/

 

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

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