La ‘chimica dei fiori’ : ‘il giardino di Schrödinger’

 

Alzi la mano chi non vorrebbe, in questo preciso istante, trovarsi in mezzo a dei fiori di campo, immerso nella totale bellezza della natura, contemplando l’azzurro del cielo e lo scenario paradisiaco che ci si prospetta davanti agli occhi, lontano dallo stress e dall’opprimente routine quotidiana. Beh, per quanto mi riguarda e almeno per il momento, mi trovo sulla mia scrivania con il mio quaderno di incomprensibili appunti in procinto di ricordare – nonché ampliare, per quanto possibile e senza spaventare nessuno – gli astrusi quanto astratti concetti esposti nell’articolo inerente l’elettrone.

No, ciò di cui parlerò oggi non riguarderà affatto i bellissimi fiori presenti sul balcone di casa mia o il fiorente giardino botanico che trova spazio nella città universitaria, ma di un qualcosa di abbastanza “similare”, perlomeno a livello di forma. In realtà, ho scoperto soltanto recentemente che la forma degli orbitali atomici (che definiremo, anche stavolta, in maniera abbastanza blanda e non rigorosa) dovrebbe essere correlata ad un toroide. Ebbene, si parlerebbe dunque della ‘chimica dei toroidi’, non certo di quella dei ‘fiori’.

Un toroide è infatti una figura geometrica a forma di ciambella in grado di descrivere il mondo in cui viviamo, nonché lo spazio e i suoi elementi. A quanto sembra, questa riesce persino a descrivere la forma degli orbitali atomici ospitanti gli elettroni, illustrando dunque i ‘vari oggetti’ di cui è costituita la meccanica quantistica. Ma per il momento… assumiamo che la loro forma si possa ricondurre a dei coloratissimi fiori, e vedrete che il tutto risulterà essere molto più divertente – o almeno lo spero – !

 

3.1. Introduzione

La prima volta che al liceo vidi disegnati sulla lavagna le rappresentazioni degli orbitali atomici associati ai legami chimici e, in particolar modo, agli elettroni di valenza degli atomi (coinvolti – come abbiamo riferito nell’articolo precedente – nell’effettuazione di legami con altri elettroni di altri elementi al fine di raggiungere una maggiore stabilità energetica), ho immediatamente pensato a quanto fossero bizzarri, benché paradossalmente rapportabili a degli oggetti naturali. In particolare, gli orbitali atomici s,p,d,f hanno forme variegate che somigliano – utilizzando un po’ di fantasia – a dei fiori. E tutto ciò ha ancora a che fare con la meccanica quantistica e le sue complesse ideologie. Ultimamente, ho imparato che ne esistono addirittura tre approcci, formulati tra il 1925 e il 1930:

 

  • La meccanica matriciale: sviluppata da Heisenberg e il cui formalismo matematico sono appunto le matrici

 

  • La meccanica ondulatoria: sviluppata da Schrödinger e il cui formalismo matematico sono gli integrali

 

In realtà, entrambe le visioni dei due scienziati vennero unificate nel 1930 dal fisico Paul Dirac, il quale utilizza una notazione vettoriale dal significato complesso (e totalmente differente dal significato che se ne dà nella fisica classica) e ben definito. Ovviamente, non staremo qui ad esplicare questi concetti a me ancora incomprensibili, nonché decisamente astratti… Solitamente, un approccio vincente (ma non all’università) è quello di considerare l’idea elaborata dall’austriaco Schrödinger. Prima, però, occorre definire in concreto che cosa rappresentano questi orbitali, facendo ausilio delle nuove scoperte nel campo delle teorie atomiche più avanzate che si discostano dalle leggi della meccanica classica. Tranquilli, non spaventatevi (tanto il lavoro lo faccio io… 😂). Come al solito, il tutto avverrà senza  la scrittura di alcun formalismo matematico (come piace a me, del resto 😂).

 

3.2. Dal modello atomico di Rutherford al modello atomico di Bohr

Ovviamente, senza l’ausilio della matematica, il tutto non avrebbe granché spiegazione. Ma converrete con me sul fatto che, se mi mettessi a scrivere anche solo un integrale, chiunque fuggirebbe a gambe levate precludendosi la possibilità di analizzare concetti scientifici con meno rigore ma, al contempo, con maggior concretezza. Infatti, questi ‘sibillini’ oggetti matematici non serviranno, perlomeno in questo contesto. Dunque, fidatevi ‘del mio buon gusto’ e proseguite questo affascinante (quanto incompleto) viaggio verso il mondo degli orbitali atomici. E, tanto per precisare, non tutti i tipi di orbitali si possono ‘ricondurre a dei fiori’. Effettivamente, scopriremo che il primo orbitale che analizzeremo, assomiglia più ad un pallone da calcio. Detto questo… Entriamo finalmente nel vivo di questo articolo.

Il fisico Ernest Rutherford aveva postulato, nel cosiddettomodello atomico planetario’, che il nucleo di un atomo consistesse di un nucleo positivo costituito da protoni e che gli elettroni orbitassero intorno ad esso descrivendo traiettorie circolari, proprio come i pianeti. Ci si aspettava dunque che, prima o poi, tali elettroni perdessero progressivamente energia finendo per collidere contro il nucleo atomico, data la positività del nucleo e la carica negativa di questi. (Perdonatemi, ma non ho trovato un’immagine più ‘felice’…)

 

Modello atomico di Rutherford
Modello atomico di Rutherford

 

Perché ciò non accadeva?

Fu Niels Bohr a proporre in via definitiva la spiegazione del  suddetto fenomeno, introducendo il concetto di quantizzazione dell’energia.

 

3.3. ‘L’onnipresenza’ e ‘l’onnipotenza’ dell’energia

 

Tutto è energia e questo è tutto quello che esiste. Sintonizzati alla frequenza della realtà che desideri e non potrai fare a meno di ottenere quella realtà…

 

Albert Einstein

 

Qualsiasi forma di energia si propaga mediante quantizzazione. Ovvero, non si assume che tale energia si diffonda, venga emessa o assorbita a qualsiasi valore della stessa energia ma che, al contrario, le anzidette modalità di diffusione, emissione o assorbimento avvengano secondo ‘pacchetti discreti di energia’, ai quali viene associata una data frequenza.

Concretamente, per transitare da uno stato di minore energia a più alta energia, non esistono degli stati energetici intermedi sui quali una particella – come l’elettrone – può transitare, bensì dei livelli energetici ben definiti e descritti da alcuni parametri. Si può calcolare, dunque, solamente la variazione (Δ = delta) associata a questa transizione (passaggio) della particella da uno stato fondamentale ad uno stato cosiddetto eccitato.

Dunque, se si hanno due stati energetici, si otterrà, dal ‘salto’ di questa particella promossa al livello superiore: ΔEE2 – E1 = E

Tradotto:

la differenza di energia dello stato finale (2) e di quello iniziale (1), produce come risultato un’energia alla quale è associata una data frequenza (nel caso di un’onda, essa designa il numero di oscillazioni in funzione di un certo tempo). Permettetemi dunque di scrivere (vi giuro che sarà la prima e l’ultima), una breve formulina (1.1.) che dimostri la stretta dipendenza tra energia quantizzata e frequenza:

ΔE = hν

Dove ν è la frequenza e h è la costante di Planck, il cui valore è fissato. Insomma, già da questo punto si deducono le prime difficoltà riguardo il concetto di quanto, e ci si chiede: che cos’è un quanto?

Senza entrare troppo nel merito, il termine fu coniato dallo stesso Planck. Successivamente, Einstein, analizzando la natura della luce, scoprì che questa consisteva in un fascio di particelle definite fotoni, aventi una data frequenza e una data energia quantizzata. Il fotone venne perciò definito come ‘un quanto di energia’. In sostanza e in generale, l’energia non si distribuisce uniformemente, bensì attraverso il quanto, questa grandezza quantomeccanica.

 

3.4. E finalmente arrivò Bohr…

 

Un esperto è un uomo che ha fatto tutti gli errori che sia possibile compiere in un campo ristretto.

 

Niels Bohr

 

Ebbene sì, quello che sto per ‘raccontarvi’, come suggerisce la citazione introduttiva, non si può considerare totalmente giusto.

Allora cosa lo racconti a fare? – vi chiederete -.

In realtà, molto spesso, sono proprio le osservazioni sbagliate a condurci verso la verità, nonché alla considerazione di idee che concretamente funzionano, pur risultando incomplete o in qualche modo errate. Insomma, lo dice anche lo stesso Bohr… È necessario sperimentare, persino in un campo di indagine ristretto come quello inerente l’atomo e le sue microscopiche particelle.

In questa breve trattazione, entrerà nuovamente in causa l’elettrone e il concetto di quantizzazione del paragrafo precedente. In particolare, Bohr unificò l’aspetto della non collisione dell’elettrone contro il nucleo e l’energia associata a tale particella.

Come? Precisamente, mediante il concetto di orbita, ovvero una traiettoria percorsa dall’elettrone su specifici livelli di energia. Secondo tale teoria, l’elettrone si trova infatti in degli stati energetici detti stazionari, dunque, essendo stabile e non emettendo energia, questo non potrà mai cadere sul nucleoIn generale, esso si trova su un livello a minore energia, definito stato fondamentale e, al contempo, si muove intorno al nucleo descrivendo delle orbite ellittiche quantizzate. Nel paragrafo 3.3. si è infatti parlato della variazione di energia associata ad una particella che si muove saltando da uno stato a minore energia ad uno a più alta energia.

Ma come avviene l’eccitazione di tale particella?

Ad esempio, potrebbe avvenire tramite riscaldamento o in presenza di luce, nel caso in cui si analizzi una specifica sostanza. Effettivamente, succede raramente che delle reazioni chimiche (soprattutto di natura organica) possano avvenire senza alcun innesco, tralasciando la spontaneità associata alle reazioni naturali e metaboliche. Dunque, nel caso dell’elettrone, questo si trova in una specifica orbita (cui corrisponde un determinato stato energetico) e può passare ad un livello energetico maggiore. Ciò viene descritto dalla già citata equazione 1.1.

Pertanto, quando l’elettrone passa da uno stato fondamentale ad uno eccitato, questo assorbe energia. Un’energia che, però, esso non riesce ad immagazzinare per lungo tempo e che lo porterà nuovamente a posizionarsi nell’orbita a minor energia, riemettendo la stessa energia sottoforma di fotone. In sostanza, all’elettrone sono permesse soltanto determinate orbite, dunque l’energia è quantizzata e trasmissibile mediante quanti di energia (fotoni).

Ma anche questo modello atomico presenta dei limiti. Primo fra tutti, esso riesce a giustificare esclusivamente lo spettro associato all’atomo di Idrogeno (H), avente un elettrone. Nel caso di atomi polielettronici, invece, tale modello non si presta alla loro interpretazione. Quanto allo spettro, ciascun elemento ne ha uno caratteristico che ne permette il riconoscimento. Ad esempio, quello dell’Idrogeno è costituito di varie righe spettrali rigorosamente denominate e disposte in funzione dei n livelli energetici.

 

Spettro atomico (a righe) associato all'Idrogeno
Spettro atomico (a righe) associato all’Idrogeno

 

Esempi di spettri atomici
Esempi di spettri atomici

 

3.5. La ‘chimica dei fiori’ – ‘Il giardino di Schrödinger’

 

In questo momento sono alle prese con una nuova teoria dell’atomo. Peccato che non conosca sufficientemente la matematica; ma sono piuttosto ottimista: se riesco a creare questa teoria, sarà molto bella.

 

Erwin Schrödinger

 

Leggendo la suddetta citazione, non ho potuto fare a meno di sorridere. Insomma, proprio come Einstein e Michael Faraday, anche Schrödinger si professava un ignorante in fatto di matematica. Beh, a mio modesto parere non mi è sembrato affatto così, anzi. Ma è davvero bellissimo ‘scontrarsi’ con quell’umiltà necessaria a noi comuni mortali per poter proseguire lo studio di una materia complessa – e a tratti misteriosa – come la Chimica. Ebbene sì… A quanto sembra, c’è ancora una speranza di capirci qualcosa  😂 💡 .

Comunque, come accennato nell’articolo precedente, così come gli elementi si combinano giungendo ad una situazione di maggiore stabilità, così anche gli elettroni tendono ad occupare, in base alle asserzioni di Bohr, orbite a minor energia. Un’energia descritta da un numero quantico n, detto principale (per il momento ci basti sapere questo).

Ma non è finita qui.

Ora che abbiamo ripercorso a grandi linee l’epistemologia della scienza correlata al modello atomico e alle sue evoluzioni, possiamo finalmente introdurre la nozione di orbitale. Questo concetto è, in particolare, maggiormente associato alla meccanica ondulatoria riguardante l’elettrone e ai concetti esposti nell’articolo – The Dark Side Of The Electron -. In effetti, dalle scoperte di De Broglie, fu possibile interpretare il comportamento dell’elettrone come un’onda.

Ed ecco che, proprio a partire da quest’ultima scoperta, entra in gioco Schrödinger e la sua interessante teoria. Siamo finalmente arrivati ai ‘fiori all’occhiello’ di questo articolo: gli orbitali atomici s,p,d,f.

Essendo giunti ad una parte decisamente molto delicata inerente dei concetti di natura decisamente astratta, diremo innanzitutto che la separazione tra fisica classica e relativistica è ormai definitiva. In effetti, il celeberrimo Schrödinger immaginò che gli elettroni venissero descritti da un operatore definito funzione d’onda. In sostanza, questa descrive il comportamento ondulatorio dell’elettrone, cui saranno associati delle osservabili fisiche quali la velocità, l’energia cinetica, potenziale ed altre. Dunque, le proprietà del sistema sono descritte da un’entità che di per sé non ha alcun significato fisico, ma che sarà definita più precisamente (per quanto possibile) nel prossimo articolo. Concretamente, le funzioni d’onda sarebbero proprio gli orbitali cui si è accennato poc’anzi. Entriamo dunque, in questa sorta di ‘giardino immaginario’ e osserviamo quali ‘sorprese’ ha preparato per noi ‘l’inesperto’ fisico e matematico.

– N.B. Gli elementi si combinano proprio attraverso la sovrapposizione di opportuni orbitali atomici che realizzano i cosiddetti legami chimici discussi nel precedente articolo sui solidi. Maggiore è la sovrapposizione di tali orbitali, maggiore è la forza del legame. Dunque, anche l’aspetto energetico connesso a questi è importante ai fini della combinazione tra gli elementi, nonché il coinvolgimento di elettroni di valenza, chimicamente ‘attivi’ al fine di formare i suddetti legami. Si noti, inoltre, come il concetto di orbita sia stato sostituito dal termine “orbitale” (che verrà definito in modo più rigoroso nel prossimo articolo) -.

Esistono ben quattro orbitali atomici che emergono dalla risoluzione dell’equazione di Schrödinger. Il primo, l’orbitale s, ha una forma sferica, dunque non ha proprio nulla a che vedere con gli astratti fiori cui accennavo all’inizio. Il termine s deriva dal termine stretto.

 

Orbitale s
Orbitale s

 

Il secondo set di orbitali sono i p (dal termine principale). Questi sono orbitali a doppio lobo a identica energia (degeneri), dunque l’evoluzione dei ‘nostri fiori’ non è ancora completa. In uno spazio tridimensionale, questi sono così disposti:

 

Orbitali p

 

Finalmente ci siamo. Il prossimo set di orbitali è infatti il seguente:

 

L'astratta 'chimica dei fiori'
L’astratta ‘ chimica dei fiori ‘ 

 

Gli orbitali d (dal termine diffuso) sono ben cinque e sono anch’essi disposti in uno spazio tridimensionale. Ad ogni orbitale è dunque associata una funzione d’onda. La loro ‘forma floreale’ è identica, ma spazialmente diversa per quattro di loro. La tridimensionalità è dunque un importante parametro di descrizione di queste entità, così come delle varie molecole esistenti, che possono anch’esse essere rappresentate mediante formule prospettiche.

Siamo arrivati all’ultima tipologia di orbitali: gli f (dal termine fondamentale), dalle forme ancora più variegate:

 

L'astratta 'chimica dei fiori '
L’astratta ‘ chimica dei fiori ‘

 

Se poi siamo sotto le feste, è possibile addirittura costruire un coloratissimo ‘albero di natale’ costellato di questi ed altri orbitali atomici definiti ibridi (ebbene sì, nel ‘giardino di Schrödinger’ esistono dei fiori un po’ particolari, derivati da una loro opportuna mescolanza) che però non vengono raffigurati nell’immagine sottostante:

 

La genealogia completa degli orbitali atomici
La genealogia completa degli orbitali atomici – ‘Il giardino di Schrödinger’

 

3.6. Conclusioni

 

La logica vi porta da A a B. La fantasia vi porterà dappertutto.

 

Albert Einstein

 

Or bene ragazzi, anche stavolta ce l’abbiamo fatta. Non abbiamo esaurito ancora tutti i concetti che si nascondono dietro questa fantasiosa rappresentazione degli orbitali atomici che, come abbiamo visto, si possono ricondurre a dei ‘fiori’ molto colorati, ma di sicuro ne abbiamo esposti i concetti fondamentali. È essenziale, però, sottolineare che gli orbitali atomici e la loro classificazione trova perfetta corrispondenza con la Tavola periodica e la suddivisione dei suoi elementi. Mi spiego meglio… La Tavola può essere divisa in quattro blocchi: (denominati proprio come gli orbitali atomici) s, p, d, f. E in tale suddivisione sono coinvolti anche gli elettroni che, ovviamente, non possono certo disporsi a caso e in totale libertà all’interno di un atomo.

Ad ogni elemento chimico è infatti associata una data configurazione elettronica, ossia una determinata disposizione degli elettroni secondo precisi livelli energetici (associati alla forma degli orbitali) e secondo una loro opportuna rotazione (spin).

Tali caratteristiche verranno descritte da quattro numeri quantici di cui uno (il numero q. principale) è già stato citato, in quanto strettamente connesso all’energia relativa di un dato orbitale. Ma per il momento, potete stare tranquilli (e posso esserlo anche io…). Ne discuteremo un’altra volta. Quanto alla funzione d’onda, si vedrà come questa non determini con assoluta precisione il comportamento di una data particella, bensì scandisca la probabilità che questa si trovi in una data regione di spazio, definita appunto orbitale. E in tal caso, un’altra imponente figura troverà il suo spazio nei meandri di questo vastissimo – quanto apparentemente illogico – universo che è la meccanica quantistica: Werner Heisenberg.

Ebbene, come dice il grande Einstein, è proprio la fantasia il motore delle nostre idee, nonché di quelle dei grandi scienziati del passato. Insomma… Alla faccia di tutti coloro che affermano che, tramite la scienza e i suoi astrusi concetti, non ci si possa perdere nei sogni e nel piacevole ‘stordimento’ cui essi conducono…

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

2 Risposte a “La ‘chimica dei fiori’ : ‘il giardino di Schrödinger’”

  1. Ciao Eleonora, bell’articolo, interessante modo per far capire la chimica quantistica ai miei studenti, citandoti ovviamente.!!

    1. Ciao Emanuele! Cosa dirti, questo tuo apprezzamento mi fa davvero piacere, tant’è che non riesco ancora a smettere di sorridere! Sono contenta che il post ti sia piaciuto; grazie mille!!!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *