The Musical Box: la perla di Nursery Cryme

  • I Genesis si raccontano nuovamente… Stavolta, tocca ad un grande pezzo capolavoro del disco Nursery Cryme: The Musical Box. Il racconto inedito fa parte del libro pubblicato dal giornalista Mario Giammetti, “Gli anni Prog”. Originalità, creatività, fantasia e talento: queste le caratteristiche dei grandi Genesis, produttori di grandi capolavori musicali dal punto di vista compositivo e tematico.

 

The Musical Box: una delle numerose perle dei grandi Genesis. Un mondo magico che spalanca le porte all’immaginazione, senza trascurare la realtà che ne deriva.

Un pezzo di storia del rock progressivo raccontato dagli stessi Genesis. In The Musical Box, infatti, traspare da un lato un ritmo rock coinvolgente; dall’altro, melodie più pacate, ispirate al mondo delle fiabe. L’eterno contrasto a livello musicale e tematico è uno dei punti di forza di questo meraviglioso brano.

Collins: “Siccome partivamo da zero, ovviamente vennero tirati fuori i buoni brani che non erano stati usati in precedenza, come del resto non accade di solito. Il gruppo aveva questo pezzo di musica chiamato F Sharp, che risaliva al periodo con Ant.”

Banks: “Si sviluppò nel periodo in quartetto, ma partì dalle composizioni per chitarre a 12 corde di Ant e Mike. Anche io suonavo la chitarra nella prima parte.”

Il titolo della prima versione di questa canzone – composta per più di due terzi nel settembre del 1969 da Rutherford e Philips – è determinato dall’originale accordatura per le chitarre a 12 corde.

Rutheford: “Io avevo una Rickenbacker e iniziai a sperimentare accordature bizzarre. Questa lo è particolarmente, con le corde superiori accordate in Fa diesis. Una cosa un po’ pazza che però creava un sound arpeggiato, al termine del quale c’era quel grande accordo a corde aperte”.

Hackett: “Mike usava una 12 corde elettrica, accordando le sei corde superiori in Fa diesis, in una chiave da tastierista; io la 6 corde elettrica. Quindi Mike e io suonavamo chitarre elettriche, Tony una 12 corde acustica, che solitamente faceva passare per un altoparlante Leslie; ne aveva due per l’organo, e a volte ne utilizzava uno per la chitarra.

Il brano inizia con una frase di chitarra solitaria di Rutherford.

Hackett: “La chitarra di Mike è registrata a metà velocità, in modo da presentare un tono più elevato di quello iniziale, con la tecnica del Varispeed, usata a volte dai Genesis e molto spesso dai Beatles.”

L’apporto di Hackett non è particolarmente forte su una canzone che in pratica era già pronta quando si è unito alla band.

Hackett: “La struttura era definita ma eravamo d’accordo che, se avessi contribuito con qualcosa ai dettagli dei brani, sarei stato considerato uno degli autori. Così cercai di creare un momento musicale simile al carillon (1’14”). Riascoltandola adesso, però, ci sono moltissime cose che cambierei nel mixaggio. Ad esempio, non capisco perché abbiamo inserito un hi-hat all’inizio quando non ce n’era nessun bisogno.”

A 3’39”, un riff duro di Mike dà il via alla prima sezione strumentale.

Gabriel: “Sia Mike che io eravamo fan dei Who, e io cercavo di persuaderlo a fare qualcosa alla Pete Townshend con tanto di braccio roteante, in una sezione aggressiva. Stavao provando nella sala prove di West Hampstead, vicino alla fermata dell’autobus numero 28, e fu emozionante quando il pezzo prese forma.”

Hackett: “All’inizio è solo Mike, poi anche io mi unisco a lui e arrivano le risposte all’organo. Tony aveva fatto passare il suo piano elettrico Honher in un distorsore perché cercava di ottenere un suono simile a quello della chitarra; però nella frase che si sente a 4’20” ci sono io mentre faccio tapping. È il primo esempio mai registrato di quella tecnica, con cui cercavo di imitare un tastierista. Perciò i Genesis avevano il tastierista che imitava il chitarrista, e viceversa.

Una tecnica rivoluzionaria, che anni dopo verrà migliorata e resa celebre da Eddie Van Halen.

Hackett“Avevo già provato a farla a casa e poi in concerto, e aveva funzionato. Usai solo un distorsore, forse un Marshall Superfuzz Box.”

Contemporaneamente al primo assolo di chitarra arriva l’ingresso esplosivo della batteria.

Collins: “C’era un brano dei Family chiamato ‘The Weaver’s Answer’ con un buon ritmo galoppante. Io avevo un piede buono, e a loro piaceva. Lo inserimmo nel pezzo e da lì partimmo.

Rutherford: “Avevamo avuto molti batteristi fino ad allora ma nessuno di loro era del calibro di Phil, che aumentò il livello di energia della band. Non credo che gli altri batteristi avrebbero potuto fare la parte di batteria della seconda parte di The Musical Box.”

La metamorfosi sonora è impressionante e The Musical Box si trasforma, da pezzo acustico e bucolico, in qualcosa di ritmicamente travolgente.

Rutherford: “È il brano che preferisco di Nursery Cryme, l’esempio di come ci stessimo spingendo in un’area più elettrica, iniziando in modo soft e aumentando sempre di più le dinamiche fino alla fine, in cui utilizzavamo di tutto. Credo sia anche il primo brano in cui ho usato i pedali bassi, che non ci servivano su Trespass, dove eravamo cinque. Sono situazioni che si creano quando si è obbligati a risolvere qualcosa, e forse non l’avrei mai fatto se non ci fossimo ritrovati, per un certo periodo, in quattro.

Chiusa la prima fase elettrica, il brano si raggomitola su se stesso con un arpeggio di chitarra a 12 corde suonato da Mike, su cui si inserisce l’organo (8’34”).

Collins: “Tony aveva questa splendida sequenza di accordi che usò per la parte finale del brano. Non avevamo ancora pensato alle parti vocali, quando Peter entrò calpestando questa bella progressione. Ma alla fine funzionò davvero alla grande.”

Banks: “Credo che la vera forza della canzone venga dalla parte finale, con l’organo che suona questa specie di fuga che io all’inizio avevo immaginato come una coda strumentale. Poi Peter riuscì a cantarci sopra. All’inizio io non ne ero molto convinto, e infatti quando mixammo l’album lasciammo di nuovo la voce troppo bassa. Solo quando iniziammo a suonarla dal vivo mi resi conto di quanto fosse forte: la parte vocale dava al pezzo quella qualità riepilogativa che sul palco faceva un grande momento.

La versione sul disco è ok, e suona certamente molto meglio adesso con il remix, ma dal vivo era davvero notevole: creava una sorta di visione con quel testo di stampo vittoriano, cui si rifaceva anche la copertina del disco. Aveva una grande atmosfera, era musicalmente interessante e con parecchi cambiamenti: un brano precursore di molte cose fatte successivamente, con poche ripetizioni e un tema molto forte che non ritorna in seguito. Ci piaceva l’idea di usare una parte tranquilla e molto rumorosa, quindi una parte più serena.

È una canzone dai forti contrasti, cosa che può piacere o no, perché non si stabilizza mai in un solo groove ma cambia sempre tempo e accordi. Ma è un nostro brano tipico, un seguito di ‘Stagnation’, direi, un po’ drammatico.”

Nel gran finale la miniopera rock giunge alla sua conclusione enfatica nel migliore dei modi.

Hackett: “Dal vivo era un brano molto gradito al pubblico. Credo che piacessero le dinamiche, che un momento erano calme e quello successivo molto rumorose: una cosa tipica della band di quell’epoca. Proprio alla fine della canzone c’è un’armonia a tre parti con le mie chitarre, anche se per qualche motivo nel mix se ne sentono solo due. Brian May mi disse che fu influenzato da quella parte, e ascoltando la conclusione della canzone se ne può capire la ragione.”

Se, dunque, Hackett ha un ruolo compositivo marginale, senza dubbio il suo stile fa scuola fin dal primo pezzo presentato con i Genesis.

Hackett: “Se parliamo del modo di suonare, direi di sì. Ci sono state alcune cose che hanno influenzato altri musicisti, e bisogna ricordare che questo album non è stato un grande successo all’epoca della pubblicazione ma ha trovato il suo pubblico in un lasso di tempo molto lungo.”

A una musica così straordinariamente evocativa si associa un testo altrettanto fascinoso, ispirato a Gabriel dalla casa del nonno situata a Cox Hill, dotata di giardino con annesso campo da croquet, una serra, delle vigne e alberi di fico. L’amicizia di due bambini si trasforma in una morbosa allegoria a sfondo sessuale.

Gabriel: “Credo che all’epoca la mia testa fosse ancora nel mondo vittoriano della casa dove era cresciuto mio padre e che avevo rappresentato nella canzone: un clima tipicamente inglese, apparentemente controllato ma contaminato da sesso e violenza. Questo era il gusto che ceravo di portare nei testi e nelle parti vocali, e qui c’era sempre da discutere con Tony: lui, beatamente incurante del pubblico, voleva estendere i brani a 10 o a 20 minuti con lunghi assolo di tastiera e parti strumentali mentre io cercavo di raccontare una storia.

Ci furono molte discussioni, ancor più frequenti in seguito, come nella sezione Apocalypse in 9/8 di ‘Supper’s Ready’ e in parte di The Lamb, dove io pensavo che gli assolo fossero troppo lunghi e il pubblico si sarebbe perduto. Ma di certo non volevo che le parti esaltanti fossero solo strumentali e quelle deprimenti solo vocali.”

THE MUSICAL BOX – GLOSSARIO TERMINOLOGIA MUSICALE

Come noterete, dal racconto dei Genesis riguardo la composizione di The Musical Box, emergono dei termini tecnici nonché numerosi dettagli inediti concernenti la genesi di questo capolavoro. Qui sotto, previo personale documentazione, riporto un piccolo glossario riguardo particolari locuzioni inerenti il mondo musicale.

  • Rickenbackeruna chitarra elettrica che prende il nome dall’azienda che diede il via al commercio di queste innovative chitarre. Infatti, la peculiarità di tali strumenti è il fatto di non possedere cassa di risonanza essendo dotate di un meccanismo denominato pick-up, in grado di trasformare suoni in vibrazioni elettriche.
  • Varispeedtecnica che consiste nel modificare la velocità di un pezzo musicale tramite un controllo nel dispositivo audio, come ad esempio un registratore.
  • Hit-Hatstrumento musicale presente nella batteria, composto da una coppia di piatti montati orizzontalmente su un supporto metallico dotato di pedale.
The Musical Box
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Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

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