Stategie editoriali in formato concorsuale?

PROLOGO

Nella tranquilla mattinata del 25 Luglio mi arriva una mail da “Sul Romanzo”, un blog molto interessante che avevo avuto modo di scoprire qualche mese prima e che raccoglie al suo interno numerose interviste a scrittori, giornalisti e a quant’altro si rapporti con il complesso – e in un certo senso irraggiungibile – mondo editoriale. Il grande scrittore (non so se sia grande, mi appello esclusivamente alla sua notorietà) Federico Moccia si sta prodigando alla redazione del suo nuovo libro dal titolo “La ragazza di Roma Nord”.

Sul momento, nella mia mente si affacciano queste precise parole: “Chissenefrega se Moccia scriverà un romanzo nuovo?”. Ad ogni modo, continuo a leggere “l’annuncio”: stranamente, lo stesso mi cattura come fossi in mezzo a un violento vortice, una spirale dalla quale non riesco a sottrarmi. Il “nostro caro scrittore” è in cerca d’aiuto. Solamente che io non lo avevo capito. Almeno fino ad oggi. 

UNO PICCOLO SCORCIO SULL’EDITORIA

Spesso la scrittura di un post, un racconto o una qualsiasi altra cosa è sempre scandita da un dato senso di fascino condito, però, da un’altrettanta dose di “precarietà”. Quasi sempre, non si conoscerà nell’esclusivo il prodotto finale derivante dalla nostra elaborazione, sia che questa avvenga su carta o, come spesso accade, su dei supporti digitali quali blog personali, appunto.

Ed è anche questo che scandisce la bellezza che si cela dietro la partecipazione ad un dato concorso letterario. Ma purtroppo si sa, non è tutto oro quello che luccica. E questa volta, me ne sono più o meno resa conto quando ho scoperto ciò che in realtà si celava dietro la strana – quanto fascinosa – proposta di Moccia.

Premetto e sottoscrivo (anche se forse si era già capito) che non sono una sua fan, né tantomeno possiedo i suoi romanzi rosa negli scaffali di casa mia. Pregiudizio? Disinteresse? Non lo so, chiamatelo come volete. Ad ogni modo, non ho visionato nemmeno le pellicole derivanti dai suoi libri, quindi forse in me vi sono instillate entrambe le sensazioni. O più semplicemente, non sono una grande fanatica dei romanzi rosa, di quelle “trovate wattpadiane alla Cristina Chiperi o alla Anna Todd.” Per carità, entrambe le scrittrici sono diventate famosissime in tutto il mondo, idolatrate soprattutto dalle ragazzine e i loro romanzi sono presenti persino negli scaffali della libreria del mio paese, ma la verità è che non riesco a prenderli nemmeno in mano, quei libri.

Pregiudizio? Disgusto per le quelle copertine che mi sembrano davvero insulse? Può essere, anzi no. È davvero così. Mai giudicare un libro dalla copertina, però, mi sono detta nel momento in cui ho scoperto l’incombente presenza di quei romanzi persino in un supermercato. Perciò, seppur con una certa riluttanza iniziale, ho infine provato a leggere un estratto di “My dilemma is you”. Sinceramente, non ci ho trovato alcunché.

Certo, non sarebbe nemmeno giusto giudicare un libro da un semplice estratto dello stesso, però non sono proprio riuscita a resistere dal richiuderlo e pensare a quanto si debba faticare per scrivere, in questo caso, un romanzo rosa ben riuscito, anche intriso di vicende che possano in qualche modo renderlo meno banale di quanto non si pensi. Ecco, credo che i romanzi rosa della Pilcher rappresentino, in questo senso, dei capolavori assoluti ricchi di suspense, intrighi e situazioni a dir poco sorprendenti che instillano nella mente dei lettori profondi interrogativi.

Ma è anche ovvio che non si possa puntare immediatamente all’eccellenza. Ed è altrettanto ovvio che risulti alquanto ingiustificato il mio “accanimento” contro quei libri  – e dunque quegli autori – che hanno ottenuto un grandissimo successo. A mio giudizio, però, tale successo è stato rimarcato soprattutto dalle giovanissime, ragazze dall’animo sognatrice qual è il mio ma che, allo stesso tempo, non abbiano forse lasciato spazio ad altri autori di sicuro più meritevoli e non meno capaci della Chiperi o della Todd.

Ebbene, anche io, prima di gettarmi alla scoperta dei romanzi gialli, amavo moltissimo leggere dei romanzi inerenti storie di cani e gatti alla luce della mia passione (tuttora viva) per gli animali. Ammetto anche, però, di non leggere più libri del genere da ormai diverso tempo. Le storie sono indubbiamente bellissime, però ormai sono molto più propensa all’analisi di romanzi e/o racconti nei quali traspare una visione che mescoli una sorta di intimismo o tematiche come l’amore connesso al mistero; delle storie alquanto diverse tra loro e che prendono posto in un solo romanzo, ma che alla fine confluiscono in un unico e speciale filo conduttore che lo rappresenta.

Ma forse, la verità è che mi risulta alquanto difficile credere che delle autrici così giovani abbiano scritto “chissà che cosa” ottenendo, a mio avviso, una notorietà fin troppo marcata. Sicuramente, non sono partite entrambe con l’intento di scrivere un “romanzo da ricordare”, ma la verità è che, fin troppo spesso, il (chiusissimo) mondo dell’editoria sta a guardare ciò che va di moda (in questo caso, le semplici quanto intricate storie d’amore adolescenziali).

In altre parole, no all’anticonformismo, no alle scelte letterarie – e dunque a stili – particolari, no e poi no ad esperimenti letterari che possano sorprendere veramente un lettore.

Ma la sorpresa non fa forse parte del gioco? Per molti editori no. Spesso, si preferisce andare sul sicuro.

In soldoni, mi risulta anche difficile credere che Moccia sia uno dei migliori scrittori in circolazione, o meglio, penso che in molti abbiano sopravvalutato il suo prestigio come autore. Per carità, la sbagliata sono io, che non amo particolarmente i romanzi rosa. La sbagliata sono io, che dovrei starmene zitta solamente perché non ho mai letto un romanzo di Moccia e quindi non possiedo affatto l’autorità per giudicarlo. Sì, tutto questo è giusto, anzi giustissimo.

Però la realtà è che non volevo affatto andare a parare a questo argomento, quanto sottolineare la sua furbizia e il ruolo che egli giocherà nel concorso da lui bandito qualche mese fa.

Prima di far ciò, però, volevo spezzare una lancia a favore di quegli autori che, per un motivo o per un altro, non sono riusciti ad ottenere il riconoscimento sperato attraverso le loro opere. In effetti, in circolazione esistono dei romanzi davvero brillanti, sbalorditivi, sensazionali. E molto spesso sono romanzi di nicchia, che nessuno conosce. Romanzi ai quali magari si è lavorato per anni, ma che poi non hanno ottenuto nemmeno un briciolo di attenzione da parte degli editori o dei lettori. Ma in verità io vi dico – e mi dico con forza – consolatevi. Tutto questo è accaduto anche allo stesso Moccia.

In effetti, nell’intervista corredata all’articolo inerente il concorso di cui spero di parlarvi tra breve (scusatemi, mi sono persa totalmente nel “mio mondo”), egli asserisce di come il suo primo romanzo abbia ottenuto numerosi rifiuti da parte degli editori prima che lo stesso diventasse, dodici anni dopo, un romanzo di successo. In tutto il mondo. La fortuna del principiante? L’occasione della vita? E chi lo sa. Sta di fatto che ormai, quando in un(a) giovane albergano grossi problemi di cuore, ecco che ci si rivolge a Moccia, come se lui fosse il guaritore di qualsiasi forma di mal d’amore. Ma vabbé, questa è decisamente un’altra storia. Entriamo finalmente nel vivo del post di oggi.

FEDERICO MOCCIA IN CERCA D’AIUTO: MINI CONCORSO PER SOLI FANS?

Lo ammetto, inizialmente avevo giudicato la sua trovata davvero fantastica. Lo scrittore avrebbe selezionato ben otto racconti da apporre nel suo libro, e i vincitori del suddetto concorso avrebbero goduto del privilegio di vedersi raffigurati al suo interno, con tanto di fotografia e breve biografia. Ok, mi sono detta. Non è il mio genere, però proviamoci. Ebbene, questa che vi allego qua sarebbe la trama del suo nuovo libro:

<<Simone è ospite a casa di amici a Napoli. Manca poco al giorno di San Valentino, ma Claudia, la sua ragazza, è impegnata a Verona per lavoro. Simone decide di raggiungerla e di sorprenderla con una romantica richiesta di matrimonio. Alla fermata di Roma Termini sale sul treno una ragazza. Simone la nota subito per la sua bellezza e per l’atteggiamento un po’ goffo. Il destino vuole che i loro posti a sedere siano uno di fronte all’altro. Scatta un’intesa immediata: i due si divertono e si scambiano confidenze, ma senza mai svelare i loro nomi o informazioni personali se non il fatto che lei che è una ragazza di Roma Nord.

Prima di scendere alla stazione di Firenze, la sconosciuta saluta Simone sfiorandogli con un bacio l’angolo della bocca. Si guardano un’ultima volta attraverso il finestrino, come in un addio.

Arrivato a Verona, Simone si lascia alle spalle il piacevole incontro e procede entusiasta verso il suo futuro insieme a Claudia. Mentre sta per raggiungerla al suo stand la riconosce tra la folle e le telefona come per anticiparle la sorpresa.

“Ciao, sono in pausa, sto andando a prendere un aperitivo con una mia collega…”, risponde lei.

Simone rimane sorpreso perché in realtà vicino a lei scorge solo un uomo visibilmente più grande. E, mentre sono fermi al semaforo, Claudia allontana il cellulare dal viso e lo bacia. 

Simone rimane incredulo.  

“Ah… e com’è questa tua collega? È simpatica?” le chiede. 

“Beh, a me piace molto…”. 

Claudia e lo sconosciuto si guardano negli occhi, sorridendosi, ed è questa complicità la cosa che più ferisce Simone. Poi, vedendo che Claudia sta per attraversare, Simone decide che è giunto il momento di svelarsi: “Stai attenta, il semaforo è ancora rosso.” 

Claudia sbianca, si volta, cerca con lo sguardo tra la folla e lo vede dall’altra parte della strada. Simone è di fronte a lei, la guarda, ha il cellulare ancora sull’orecchio, lo zaino sulla spalla e la consapevolezza di essersi persi. Senza dirle nulla, deluso e pieno di rabbia, si dirige verso la stazione. 

In treno ripensa alla sconosciuta che aveva salutato poche ore prima.
Alla fermata di Firenze, senza rifletterci un secondo, scende dal treno, deciso a ritrovare “la ragazza di Roma Nord”, pur non sapendo niente di lei. Simone trascorre giorni e giorni nella sala d’attesa della stazione, controllando ogni treno in partenza per Roma. Lancia anche degli appelli sui social nella speranza che lei li veda. 

La storia diventa virale e le persone che passano per la stazione cominciano a riconoscerlo. Alcuni si intrattengono con lui, condividendo le loro storie, aspettando insieme a Simone la ragazza di Roma Nord, che forse, prima o poi, arriverà…>>

Come detto poc’anzi,  non ero poi così entusiasta del genere con il quale avrei dovuto misurarmi, però la sua proposta mi era sembrata accattivante. Cavoli, avere anche una minima opportunità di apparire in un libro non è certo cosa da poco! Però, lungi dall’esultare troppo presto. In effetti, io avevo interpretato davvero male la sua proposta concorsuale che invece sarebbe, a tutti gli effetti, una “proposta di collaborazione” che è a mio avviso, di quasi suo esclusivo vantaggio.

Vuoi che forse Moccia non aveva più idee, vuoi che egli stesso ha elaborato una subdulosissima ed accattivante strategia di marketing a favore del suo romanzo che sicuramente riceverà moltissimi consensi, vuoi non so cos’altro. Ad ogni modo, sento viva in me la necessità di condividere due prospettive speculari riguardo tale progetto.

Vedersi apparire in un libro è sicuramente un sogno cui molti ambiscono.  

Dall’altro lato, aver saputo tramite un video presente sul blog menzionato all’inizio che io e chiunque altro avesse partecipato all’iniziativa avrebbe dovuto raccontare a quel Simone una propria storia che poi sarebbe stata inserita nel romanzo, mi ha lasciato alquanto sbalordita.

In sostanza, mi sono accorta che non avevo nulla da dire, o meglio, da dirgli. Che razza di storia avrei potuto raccontargli? Praticamente, ho capito solo stamane che io avrei dovuto contribuire alla realizzazione del romanzo di Moccia, così come gli altri scribacchini che sicuramente avranno già inviato le loro opere con la speranza di apparire nel suo libro.

Ok, tutto ciò sembra quasi perfetto se non per il fatto che si debba, secondo il regolamento, rinunciare ai diritti d’autore e non azzardarsi a rendere pubblica la propria opera per ben sette anni dalla sua emissione, pena l’atto notorio correlato al regolamento del concorso.

Ok, alla pubblicazione della stessa avrebbe provveduto la casa editrice, mentre Moccia avrebbe proclamato i vincitori sulle piattaforme social e via dicendo.

Ora, io non ho partecipato a molti concorsi letterari e di alcuni dovrei ancora conoscerne l’esito, però in quello che ho fatto qualche mese fa e nel quale, con mia grande gioia, ero arrivata tra i semifinalisti, non mi sembrava vi fosse una clausola che sancisse la non pubblicazione del mio elaborato in caso di vincita, oltre alla diffusione cui avrebbe forse provveduto la stessa organizzazione tramite i suoi mezzi elettronici. Certo, ogni concorso è a se ed è pur vero che io non sono molto esperta in materia, però sinceramente la trovata di Moccia mi pare rappresenti, alla fine di tutto, un mero processo di marketing e dunque una vera e propria strategia editoriale atta alla vendita e alla promozione del suo prossimo romanzo.

Non che io mi aspetti ricompense in denaro per quanto scritto, per carità, ma perlomeno, dato che io vi ho collaborato – seppur con un esiguo numero di battute – non potrei ricevere come minimo una copia del romanzo in questione? Ebbene, questo non è scritto da nessuna parte del regolamento, dunque presumo che i vincitori non la ricevano.

Non perché non acquisterei il libro per una questione di soldi, ripeto: però se l’autore principale del libro è Moccia, ma i racconti migliori da inserire nel romanzo – su commissione dell’apposita giuria – sono otto, ciò non rende anche i creatori di tali elaborati degli autori a tutti gli effetti? A quanto pare no. Ed ecco, è questa la cosa che mi ha dato da pensare questa mattina.

Inizialmente, pensavo che quegli otto racconti fossero dei racconti a sé stanti, cioè ispirati alla trama del libro ma comunque non inseriti all’interno del suo stesso romanzo, cosa che invece Moccia richiede. All’inizio, avevo intenzione di partecipare perché credevo che alla fine del suo romanzo sarebbero comparsi gli elaborati come un prodotto a sé, ma effettivamente la cosa non avrebbe avuto granché senso.

I “co-autori” avrebbero comunque dovuto comprare il libro, ma in compenso sarebbero apparsi in quarta di copertina. Ma in tutta sincerità, il mio scetticismo permane. Alla fine, il vero autore rimane Moccia, mentre noi poveri autori sconosciuti non rimarremmo altro che una voce fuori dal coro che ha contribuito alla commercializzazione di un libro i cui cospicui guadagni andrebbero esclusivamente a egli stesso.

Insomma, cosa rappresenta tutto questo da parte sua? Un tentativo per accaparrarsi altri lettori che non hanno mai preso un suo libro in mano (tipo me)? Un mero processo di mercificazione mascherato dall’allettante promessa di veder il proprio “talento” riconosciuto, oppure  un modo per incrementare le vendite di un autore che ormai sarà multimilionario? Beh, se è così, preferisco veramente farcela con le mie sole forze.

Sì, io vorrei che il mio primo romanzo sia solo mio (ammesso che riesca a scriverlo, un bel giorno!). Certo è che Moccia ha avuto davvero un’idea geniale. Ad ogni modo, sono felice di poter pubblicare il mio piccolo racconto qui, su questa piattaforma, per il puro gusto di aver costruito uno scritto dal finale che sicuramente allo stesso Moccia non sarebbe piaciuto, in quanto finale volutamente aperto.

Comunque, non so se l’opinione da me espressa possa essere o meno condivisa da altri, magari sono io che ragiono troppo su delle questioni che non esistono… Però, ho voluto comunque esprimere un mio modestissimo parere in merito a questa iniziativa splendida ma, allo stesso tempo, a mio avviso molto più gratificante per l’autore che non per coloro i quali verranno proclamati vincitori.

Forse, ciò che davvero non mi è andato giù è stato il fatto che in caso di vincita non avrei comunque potuto diffondere il mio elaborato, bensì comprare il libro e spingere magari anche amici e parenti a fare altrettanto senza che a loro interessi minimamente il genere, o peggio, che io non possa comunque dare in prestito la copia che io, in quanto co-autrice, mi sarei quantomeno aspettata di ricevere.

Sia chiaro, per me il compenso in denaro non è importante (però certo, guadagnare un pochino con ciò che si ama sarebbe davvero il sogno di tutti!). Scrivo semplicemente perché amo scrivere, raccontare delle storie che ciascuno si porta dentro e che magari, per un motivo o per un altro, non ha ancora trovato il coraggio e la giusta motivazione di trasporle su carta.

Esatto, per me è ancora decisamente troppo presto per grandi progetti. Per adesso, ho altre cose di cui occuparmi. Però è pur vero che, di tanto in tanto, non costa nulla sognare e che alcune volte un piccolo racconto (con annesso concorso) ci scappa!

Ma non stavolta… In effetti, ho deciso di allegare qui il racconto che avevo scritto per questo concorso e che non afferisce alle sue regole (eheh). Tranquilli, non è poi così sdolcinato, anzi. E scusatemi ancora per la “brevità” di questo articolo, ma avevo bisogno di esporre in totale completezza la mia “opinione” – o critica? -. Boh, forse entrambe le cose, a dire il vero. 

Erano ormai passati giorni, anzi settimane, da quando Simone aveva deciso di imbarcarsi nella conoscenza di quella sconosciuta che aveva incontrato qualche tempo prima su quel treno diretto per Verona e che, doveva ammetterlo, aveva sin dall’inizio catturato la sua attenzione, ancor prima che cominciassero ad intavolare quella piacevole – quanto breve – conversazione. Inizialmente, il giovane aveva impiegato diverso tempo per sincerarsi di quanto fosse rimasto colpito dalla sua bellezza ma, soprattutto, da quel suo particolare modo di parlare e di porsi. Si recava in stazione e dopo qualche minuto se ne andava, scuotendo la testa in segno di disapprovazione. 

Soltanto un mese prima pregustava il suo futuro con Claudia, mentre pochi attimi dopo aver scoperto il suo terribile tradimento si era ritrovato a pensare a un’altra donna. Era davvero un uomo così superficiale? Oppure, dentro se stesso aveva realizzato di amare una persona del tutto idealizzata che in realtà non era mai esistita, se non nelle sue fantasie? Sì, forse lui non aveva mai amato davvero Claudia. Ancora una volta, l’illusione di una vita perfetta, macchiata da una totale stabilità professionale e privata, aveva fuorviato la sua mente e il suo cuore, ormai preda di quella ragazza di cui non conosceva nemmeno il nome e i cui occhi azzurri erano talmente chiari che persino un cieco avrebbe potuto in qualche modo specchiarvisi.

Che fine aveva fatto la ragazza di Roma Nord? Dopo circa due settimane da quell’incontro, Simone si era finalmente deciso a scoprirlo davvero, perciò aveva utilizzato qualsiasi mezzo a sua disposizione per riuscire nella sua difficile ricerca. Ogni singolo giorno, si recava nella stazione di Firenze e vi rimaneva fino alle sette e mezzo di sera, quando era ormai certo che non avrebbe potuto incontrarla. Spesso, la gente che passava lo riconosceva ed accennava un segno di saluto, mentre qualcuno si intratteneva con lui ascoltando con vivo interesse la sua storia. Ma sembrava proprio che quella stessa gente non potesse aiutarlo nella sua disperata e costante indagine. Altre persone, però, credevano addirittura che Simone fosse un pazzo visionario.

In particolare, molti di loro associarono il suo ossessivo comportamento all’insanità mentale di quegli individui convinti di aver visto un qualcosa che in realtà esisteva soltanto nella loro mente. Quando seppe di queste voci, in un primo momento Simone non si compiacque affatto di essere l’oggetto di cotanta ilarità. Poi, però, quasi cominciò a pensare che quelle persone avessero ragione. Forse, l’oggetto del suo desiderio si stava trasformando in una vera e propria ossessione. E questo, alla lunga, non avrebbe potuto che fargli del male. Sì, in fondo al cuore sapeva che avrebbe dovuto lasciar perdere, eppure un fastidioso quanto benefico briciolo di speranza lo induceva a non abbandonare del tutto il suo proposito. Ancora una settimana, si ripeteva. Poi però ne passava un’altra, un’altra e un’altra ancora.

Finché, un bel giorno, Simone non si stancò di aspettare. Era ormai arrivato il giorno di Natale e non poteva affatto trattenersi in quella stazione in eterno. Doveva cancellare a tutti i costi il ricordo di quella ragazza fingendo di non averla mai incontrata e rinnegando, una volta per tutte, quella speranza latente che per lungo tempo aveva covato nei meandri del suo cuore. In fondo, aveva la sua vita e il tempo non si sarebbe fermato in quella stazione che ormai poteva arrischiarsi a definire come la dimora del tempo ordinario; quel tempo che egli aveva letteralmente perduto aspettando un qualcosa che non sarebbe mai arrivato e che nessuno gli avrebbe mai e poi mai restituito. In effetti, in quella stazione aveva assistito alla nascita – nonché alla distruzione – di moltissime storie…

Storie di vita che passano, si incrociano, si perdono, si prendono per poi non lasciarsi mai più. E poi baci, abbracci, sorrisi felici, spenti, addii definitivi… Così poteva definirsi quel luogo dalle molteplici realtà. Tutto passava e confluiva attraverso quella semplice stazione ferroviaria, attraverso quei binari arrugginiti eppur vivi testimoni dei trascorsi di ciascun individuo. Sì, su quei binari era passata persino la vita di Simone e di quella ragazza. Le loro esistenze si erano, per un intenso e alquanto effimero momento, sfiorate come nella “Creazione di Adamo”, quel meraviglioso affresco di Michelangelo. Ma pensandoci bene, ciò non rappresentava esattamente quanto accaduto a Simone. Quella ragazza, in effetti, gli aveva regalato un bacio sulla guancia sfiorandogli l’angolo della bocca: un bacio d’addio che egli avrebbe sempre rimembrato come uno degli avvenimenti più emozionati della sua vita. 

Un fugace contatto che lo aveva accompagnato per numerose settimane, sperando potesse tradursi in una nuova e ripetibile realtà. Chi avrebbe teso la mano a Simone, adesso che aveva deciso di abbandonare definitivamente la propria ricerca verso la felicità? Chissà, magari il destino gli avrebbe ben presto fornito una risposta. Magari, Simone lo avrebbe scoperto semplicemente svoltando l’angolo della strada che aveva sinora percorso e dove, in effetti, qualcuno che non conosceva bene, ma che avrebbe nell’immediato riconosciuto, lo stava già aspettando.

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

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