Scrittura come Vita

  • Ultimamente, ho partecipato ad un concorso di scrittura bandito dalla Fondazione Sapienza. Un progetto che ha coinvolto numerose università italiane e al quale potevano partecipare studenti italiani e stranieri. Il bando, scaduto il 12 Marzo, prevedeva la stesura di un elaborato (saggio o articolo breve) riguardo la presente tematica: “Tra reale e virtuale: la società tecnologica di oggi”. Questo doveva essere spedito in formato PDF, senza superare i 6000 caratteri. Qui sotto, presento il mio elaborato, il cui titolo è: “Una fittizia rete di felicità”.

 

La scrittura farà sempre parte della mia vita. Ogni testo, o qualsiasi pensiero messo su carta, letto o trasmesso  è accompagnato simultaneamente da emozioni forti… Da emozioni che si rinnovano sempre sebbene, allo stesso tempo, la loro essenza rimanga, nel profondo del cuore, la stessa.

 

Una fittizia rete di felicità

Nella società contemporanea, la discrepanza tra progresso tecnologico e morale risulta estremamente tangibile. La conoscenza e il progresso tecnico-scientifico hanno contribuito ad un miglioramento delle condizioni di vita e quindi alla credenza che tali modificazioni apportate abbiano condotto conseguentemente alla felicità.

Ma è davvero così? È davvero possibile garantire uno sviluppo tecnico e allo stesso tempo civile e morale senza che uno dei due mostri quelle mancanze che rispecchia l’odierno sistema sociale?

Il processo di globalizzazione tecnologica è stato oggetto, soprattutto negli ultimi anni, di numerose controversie. In effetti, il raggiungimento di un’omologazione a livello sociale è apparso, almeno in prima approssimazione, un progetto conseguibile – seppur ambizioso – . Si è ritenuto però opportuno evidenziare una chiarificazione riguardo l’accezione del termine “omologazione”.

Questa, applicata all’ambito tecnologico, ha la funzione di sottolineare l’importanza di uno sviluppo uniforme e non eterogeneo dei mezzi d’informazione e di comunicazione conseguibile attraverso una fitta rete di finanziamenti provenienti dalla ricerca in diversi ambiti, in particolare dall’intelligenza artificiale.

Al contrario, tale termine, applicato al singolo individuo, assume un profondo significato analitico concernente le conseguenze derivanti dall’eccedenza di tale sviluppo.

In particolare, l’emulazione dei comportamenti risulta una delle prime cause di digressione a livello socio-culturale, la quale comporta la perdita di quell’individualità che rende speciale ciascun individuo.

Conseguentemente, questa perdita di identità si riversa sulle nozioni di idealismo e realismo, visioni fortemente contrastanti ma non sempre facilmente distinguibili.

Dal punto di vista sociologico, le implicazioni derivanti dai processi scientifici non sono certo di lieve entità. Infatti, si è dimostrato che la distinzione tra reale e ideale – che in ambito letterario e soprattutto filosofico presenta un’accezione ben definita – rapportata all’umanità ha assunto un significato univoco.

La dicotomia tra progresso è civiltà, tra reale e ideale e quindi, in questo contesto “virtuale”, è stato oggetto di studio di numerosi filosofi tra i quali Hegel e Kierkegaard, nonché di numerosi letterati.

In particolare, Leopardi, nel suo breve trattato “Sul materialismo” facente parte del suo diario di pensiero “Lo Zibaldone”, espone considerazioni fortemente negative riguardo l’immaterialità dello spirito, nonché l’importanza del concetto di “sostanza” .

Infatti, la perdita del contatto diretto con la realtà determina, paradossalmente, quella perdita di “sostanza” di cui lo stesso materialismo si fa testimone. Ciò che risulta materiale, pertanto, alimenterà lo spirito dell’uomo.

Tale riflessione conduce al disprezzo di ciò che, pur risultando concreto, non conduce all’essenza delle cose, ovvero alla totale denigrazione del progresso tecnico-scientifico, in grado di distruggere sensazioni autentiche derivanti da rapporti affettivi reali.

Lo sviluppo della felicità risulta, quindi, intimamente connesso con il proprio io interiore, così come il concetto di realtà: la felicità, pur non essendo una sensazione concreta e tangibile, risulta reale e dotata di essenza, poiché insita nella natura umana.

Paradossalmente, ciò che si conosce, invece, come fisicamente palpabile e definibile, risulta privo di ogni sostanza se paragonato a quei sentimenti che il progresso e la tecnica non potranno mai sostituire, sebbene l’eccessivo utilizzo dei dispositivi tecnologici abbia ormai condotto all’unicità dei rapporti interpersonali. A quell’unicità che non permette alcuna distinzione tra ciò che appare reale e ciò che invece risulta fuori da tale dimensione.

In passato, se incontrare qualcuno infondeva nell’animo una gioia speciale, oggi si sta assistendo ad una normalizzazione delle relazioni testimoniata dai numerosi “incontri” via social, tanto che parlare per messaggi o di persona risulta equivalente.

Purtroppo, accorgersi di questa differenza – impropriamente giudicata come “sottile” – risulta più complesso di quanto si creda. L’evoluzione culturale è un processo estremamente importante, sebbene dipenda da fattori ereditari e di carattere biologico.

In effetti, il termine “evoluzione” non è sinonimo di miglioramento. Esso, propriamente, risulta sinonimo di un cambiamento la cui positività o negatività non può essere determinata empiricamente, poiché tale visione necessità di uno studio individuale e collettivo non indifferente.

Ad oggi, si sta verificando una continua evoluzione accompagnata da un’altrettanto forte involuzione a livello sociale che, condotta all’estremo, potrebbe portare alla totale perdita della propria personalità.

Limitare l’utilizzo di tali dispositivi tecnologici permetterebbe, quindi, di coltivare le specificità di ogni singolo individuo e di utilizzare la ragione in modo da analizzare a fondo le proprie debolezze, per poi abbandonarsi di nuovo ai sentimenti e trasformare tali debolezze in punti di forza.

In tale maniera, avverrebbe il naturale passaggio dal virtuale al reale in cui si verifica il capovolgimento di quel sistema in cui l’immaginario concreto – ovvero quelle sensazioni che nascondono solo un’apparente inconcretezza – assume, erroneamente, una dimensione sempre più eterea.

Considerazioni

Era da tempo che non scrivevo qualcosa su questo tema – a mio giudizio – visto e rivisto. Ammetto che non è certo uno dei miei migliori scritti, dato che, a causa del poco tempo a disposizione (ho inviato il file l’ultimo giorno disponibile poiché impegnata con l’università) non ho potuto affinare al meglio alcune proposizioni e pensieri ad esse correlate.

Anche se c’è un’altra verità: su questo tema, ho scritto innumerevoli volte nel corso dei miei studi precedenti, e forse non avevo più nulla di così originale da dire.

Certo, ho sempre scritto le cose in maniera di diversa, ma il pilastro portante delle mie riflessioni è sempre stato il concetto di “omologazione”.

Nonostante ciò, ho voluto partecipare in quanto anche la scrittura, come le altre cose, è una passione che deve e merita di essere coltivata, malgrado il poco tempo a disposizione. Scrivere aiuta a focalizzare meglio la realtà che ci circonda, nonché mettere a fuoco i nostri obiettivi.

Nel testo redatto, comunque, non ho potuto fare a meno di inserire riferimenti alla letteratura italiana, come d’abitudine durante il periodo liceale… Questo lascerebbe presagire un fatto: mi manca forse il liceo?

Sì, mi manca: ma questa è un’altra storia. Nella vita è necessario guardare al passato solo per poter costruire un futuro. E il futuro si costruisce soltanto andando avanti, proseguendo negli studi.

La scrittura… secondo me!

Riguardo considerazioni ulteriori sulla scrittura, scrivere non è solo un passatempo. Scrivere è un processo analitico che necessita di una profonda introspezione, affinché chiunque scriva possa esporre al meglio le proprie opinioni, i propri giudizi, le proprie sensazioni.

Infatti, secondo il grande Italo Svevo, la scrittura rappresenta un processo in base al quale è possibile osservare direttamente la realtà, nonché analizzare le proprie esperienze, mettendo a fuoco le problematiche che riguardano noi stessi e la nostra coscienza. Tramite la scrittura si ha una completa focalizzazione di noi stessi.

Come dice Svevo, bisogna “letteraturizzare la vita”.

(Ok, l’ho fatto un’altra volta… Sembra davvero che non possa fare a meno di citare i grandi autori letterari del passato  😆 ).

 

Scrivere non è nascondersi dietro una penna. Scrivere è raccontarsi, spogliarci di ciò che non ci appartiene realmente. Sappiamo che, quando scriviamo, siamo esattamente ciò che mettiamo su carta, senza maschere. Siamo esattamente noi stessi.

 

Tornando alla tecnologia e al ruolo che questa ricopre nella società… Che ne pensate del progresso? Ma, soprattutto, come lo percepite?

scrittura
Una piuma con cui scrivere, mille emozioni da raccontare!

 

Bando Concorso – LoScrittoio

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

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