Riflessioni ‘casuali’ – ed ‘intrusioni’ musicali! –

Alcune volte, un mio caro amico si è accinto a definirmi come una persona dallo sguardo enigmatico, uno sguardo paragonabile a quello di un’appassionata quanto ermetica giocatrice di poker che non lascia trasparire in alcun modo le proprie emozioni al fine di confondere l’avversario che ha di fronte. Insomma, in parole spicciole, un individuo dalla “freddezza del killer” (testuali parole!) e dunque dall’espressione difficilmente interpretabile. Ebbene, devo ammettere che questa sua affermazione, al confine sottile tra la genuina ironia e la parziale verità, inizialmente mi ha “inquietato” e mi ha fatto riflettere molto. Nel contempo, però, mi ha anche strappato un sorriso. Questa mi mancava, mi sono detta. Caspita, non credevo di avere anch’io un “lato oscuro”!

E invece sì. Eccome, se lo sapevo…!

In effetti, ormai credo di conoscermi (da) un bel po’ (beh, vorrei ben vedere!) e sì, mi rendo conto che non è sempre facile comprendere nell’immediato ciò che si nasconde dietro il mio apparente sguardo enigmatico e dunque conoscere realmente il mio pensiero o i miei sentimenti riguardo un qualcosa o un qualcuno. Molto spesso, sono abbastanza in gamba nel celare un dispiacere o qualsivoglia emozione negativa – perché ammetto pure di possedere una certa dose di orgoglio consolidatosi nel tempo! -, ma d’altro canto non mi sento altrettanto brava nel palesare quelle positive.

Sembra quasi che, ancor prima ch’io possa lasciarmi totalmente andare ad una qualche stupenda emozione, il mio cuore debba metabolizzarla per accertarsi che esista davvero, assaporarla in sordina, percepirla nella totalità del suo essere per poi cercare di tradurla in parole al fine di attribuirle un significato più profondo di quanto quelle stesse “sorde” e silenziose parole non siano in grado di esprimere.

Proprio per questo scrivo.

Scrivo per tentare di tirar fuori quello che forse ancora non conosco di me (sì, qualcosa mi dice che c’è ancora dell’altro), scrivo per tentare di conferire una “voce” a quelle emozioni che spesso il mio sguardo non riesce a trasmettere nell’immediato, scrivo perché è attraverso la scrittura che sono (e mi sento) davvero io. E se questo da un lato può rappresentare un bel pregio o meglio, una meravigliosa passione di cui mi nutro costantemente, dall’altro potrebbe invece simboleggiare un qualcosa di decisamente contraddittorio.

Certo, con le persone cui voglio bene sono sempre (e sono sempre stata) e soltanto me stessa, ma evidentemente il mio amico è stato più perspicace di quanto pensassi. In effetti, dall’esterno la mia riservatezza e discrezione potrebbero spesso essere scambiate per una freddezza e un’indifferenza che in realtà non mi appartengono, se non nel caso specifico in cui qualcuno – che per qualche motivo non nutre una particolare simpatia nei miei confronti – si ostini a volermi vedere “sconfitta” a tutti i costi (come al liceo, tanto per fare un esempio…) attraverso “le più disparate provocazioni”. In tal caso, sono solita tirar fuori il meglio di me stessa, evitando di ricorrere all’inutile principio di “azione e reazione” che non mi rappresenta minimamente e che potrebbe soltanto regalare possibili soddisfazioni alla suddetta persona.

Ma riflessioni a parte, di cosa volevo parlarvi in questo post?

Come avrete notato, inizialmente è stata nominata una “misteriosissima” giocatrice di poker, perciò approfitterò di questa sorta di appellativo di cui forse il protagonista dell’opera musicale che sto per presentarvi sarà totalmente fiero… Oppure no? Ebbene, l’album di cui vi parlerò in questo post è del Novembre 1980 e fu concepito dagli Alan Parsons Project: The Turn Of A Friendly Card. Sinceramente, mi sono innamorata all’istante di questo album e a tutt’oggi continuo ad ascoltarlo con grande emozione.

The Turn Of A Friendly Cards - La copertina dell'album
The Turn Of A Friendly Cards – La copertina dell’album degli A.P.P.

Il personaggio descritto nel concept album è un giocatore d’azzardo seriale che sfida costantemente la sorte al casinò perdendo, infine, tutto ciò che possiede. Ancora una volta, il gruppo britannico affronta una tematica di grande impatto sociale; nel caso specifico si appresta alla (riuscitissima!) trasposizione musicale di una delle peggiori piaghe che affliggono la società contemporanea: la ludopatia. L’album contiene le seguenti tracce:

 

  • May Be A Price To Pay
  • Games People Play
  • Time
  • I Don’t Wanna Go Home
  • The Gold Bug
  • The Turn Of A Friendly Card (Parte 1): Snake Eyes, The Ace Of Sword, Nothing Left To Lose, The Turn Of A Friendly Card (Parte 2)

 

Come avevo già decantato nello scorso post, l’incredibile voce di Eric Woolfson – compositore dei testi e delle musiche dell’album insieme al leader Alan Parson – riesce ad instillare in me una pace e una tranquillità senza eguali. Ma stavolta no, non è Time la mia canzone preferita, sebbene la stessa sia meravigliosa (nonché la più romantica, se rapportata alla tematica centrale affrontata nel concept).

Certo che vi è (come sempre) l’imbarazzo della scelta, però i “fatti sperimentali” mi confermano che The Turn Of A Friendly Card è la suite che ho più ascoltato negli ultimi tempi e che forse potrebbe, più di tutte, rappresentare la nostra concezione di vita. In effetti, tutti noi aspettiamo con viva trepidazione ed altrettanta speranza “l’avvento di una carta favorevole che possa modificare parzialmente il nostro destino, la nostra condizione di eterni funamboli alla ricerca del tanto agognato equilibrio”. Quell’equilibrio raggiungibile soltanto attraverso un costante allenamento, condito da quell’altrettanta dose di fortuna che spesso, nel gioco d’azzardo come nella vita, tarda ad arrivare (o nel peggiore dei casi non arriva mai!).

Paradossalmente, però, nulla è lasciato al caso in questo album ed un bel trio di generi musicali – rock progressive, art rock e musica elettronica – si fonde in un unico e potente abbraccio. Un abbraccio che accomuna, nel contempo, il tragico destino di quei mitomani giocatori di poker che sperano invano di modificare le sorti della propria vita mediante una semplice combinazione di carte che potrebbe rivelarsi quella vincente ma che con ogni probabilità li condurrà al totale disfacimento, nonché all’assuefazione; un’assuefazione pari, ad esempio, all’abuso dell’alcol.

I brevi ed intensi intermezzi strumentali prodotti col pianoforte dipingono un’atmosfera carica di pathos, attesa, sospensione. Ed ecco che, del tutto inaspettatamente, il tempo dell’attesa sembra trovare il suo spazio effettivo all’interno del casinò, congiuntamente all’indescrivibile senso di vuoto che attanaglia il giocatore. Un senso di vuoto che egli spera di colmare attraverso una sostanziosa vincita. Ma purtroppo si sa: anche il tempo dell’attesa è un’arma a doppio taglio, poiché alla fine di questo, le nostre speranze possono trovare conferma oppure possono essere brutalmente smentite a seguito di circostanze poco fortunate o per via del nostro irresponsabile comportamento.

No… Questa volta, del soave e divertente motivetto pianistico che ha accompagnato molte canzoni degli A.P.P e che accompagnerà la meravigliosa Silence And I di “Eye In The Sky” (1982) non rimarrà altro che un’inquietante melodia dai tratti solenni e vagamente malinconici, persino medievali. In effetti, la prima parte della suite omonima al titolo dell’album, pur presentando una piacevole e briosa melodia che non lascerebbe presagire alcunché di losco, lascia immediatamente il posto alla voce di Chris Rainbow, il quale prospetta all’ascoltatore un’amara realtà. In questo caso, la vicenda non ruota attorno alle carte, bensì alla ruolette che continua a “volteggiare” ciclicamente, senza sosta, sotto gli occhi attoniti e i sorrisi spenti dei giocatori.

La seconda parte della suite, Snake Eyes, ha in sé la particolarità di presentare all’ascoltatore dei rumori di sottofondo che lo proiettano all’interno del casinò, nonché frasi reiterate che accentuano il sentimento di ossessione maturato dalle “vittime sacrificali” del gioco d’azzardo. The Ace Of Sword è una bellissima sezione strumentale in stile barocco condita dal basso di Paton e dalla batteria di Elliot, che ne fanno un pezzo dai toni solenni e maestosi. La quarta parte (decisamente la mia preferita!), dai toni più delicati è Nothing Left To Lose ed è accompagnata dalla voce del mitico Woolfson e da una sezione strumentale da brivido.

L’ultima parte dell’ardita composizione, The Turn Of A Friendly Card, ricalca alla perfezione il motivo di inizio della suite ed anch’essa ha letteralmente conquistato il mio cuore. La voce di Rainbow si mescola a quella di Woolfson creando un’incastonatura a dir poco perfetta con la fiabesca – quanto malinconica – melodia che lo descrive. Ebbene sì: anche stavolta, la favola raccontata dagli A.P.P. sì è conclusa nel migliore dei modi – per lo meno a livello strumentale! -. Effettivamente, gli elementi di rock sinfonico presenti nella parte finale della magnifica suite altro non sono che la ciliegina sulla torta di un fantastico album che, almeno a mio avviso, non avrebbe nulla da invidiare ai precedenti.

 

“No the game never ends when your whole world depends on the turn of a friendly card”

(No, il gioco non finisce mai quando il tuo mondo intero dipende dalla pescata di una carta favorevole)

 

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

2 Risposte a “Riflessioni ‘casuali’ – ed ‘intrusioni’ musicali! –”

  1. “Scrivo perché sono un chimico” (Primo Levi)

    Io nella scrittura ho trovato una forma di espressione che in genere declino in modo diverso, ovvero a lezione, perché come i miei studenti sanno (o forse temono), per quanto mi mantenga rigidamente sui binari degli argomenti previsti, sono sempre possibili immediate divagazioni, già previste da parte mia o improvvisate.
    L’ultima volta, a seguito delle loro domande, dalla fissione nucleare si è passati a: i ragazzi di via Panisperna, il progetto Manhattan, Enigma e la WW-II, la fusione a caldo.

    Comunque nel disco la mia traccia preferita rimane Time…

    1. Molto bella la citazione di Levi! Tempo fa sono stata nel museo di Chimica perché stranamente l’ho trovato aperto e ci ho fatto un giretto… Vi era una vetrina con tutte le opere del chimico-scrittore…
      Personalmente, credo sia un pregio operare molteplici collegamenti partendo da un solo argomento che apparentemente potrebbe non collimare con altri…
      Ho sempre amato i collegamenti interdisciplinari e posso dire di essere stata molto fortunata al liceo per aver goduto degli insegnamenti di ottimi professori che avevano proprio questa abitudine!

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