*L’Arte Della Fuga*

Sarebbe stato davvero bello iniziare in pompa magna questo post scrivendo che fra qualche settimana sosterrò il quarto esame della magistrale, liberandomi da un peso non indifferente. E invece, mio malgrado, mi tocca battere in ritirata (di nuovo). Ed ecco che mi ritrovo ancora qui, su questi “lidi” che mi sono tanto familiari quanto, per certi versi, confortanti, il mio povero cervello sovraffollato di pensieri, gli occhi fissi sullo schermo del computer, più precisamente su pagine e pagine di files formato pdf che reclamano la mia completa attenzione. Paginette intrise di numeri, formulette chimiche, frasette oscure, equazioncine strane (seppur non particolarmente difficili da ricordare) e altrettanti grafichetti. Dei grafichetti che si fregiano di mostrare a noi comuni mortali, e senza troppi complimenti, complessi andamenti sperimentali (che nascondono spiegazioni talmente arzigogolate e cervellotiche da farti girare la testa).

Ecco, Organica IV è proprio questo. Una sorta di remake di Analisi I. In cui OGNI singolo concetto è collegato l’uno all’altro, in una fitta rete di informazioni stranissime. Sin troppo fitta, a dirla tutta.

E pensare che stanotte mi è riapparso in sogno proprio il vecchio professore di Matematica. Chissà che questo non sia un richiamo al coraggio, al non arrendersi ancor “prima di incominciare”. L’ennesimo incentivo, tra i tanti ricevuti in questi anni, ad affrontare il tutto con la giusta calma. Con addosso, però, la fastidiosa certezza che con poco più di ventuno giorni non sia proprio possibile preparare un esame di tale portata e quindi presentarsi, come se nulla fosse, davanti al professore. Eh sì, mi costa dire che ultimamente, complice il fatto di non aver capito parecchie cose, mi manca il consueto, “barbaro coraggio” che mi spingerebbe comunque  ad affrontare a testa alta uno di quegli esami che non mi sembrano poi così tanto, almeno per il momento, alla mia portata. Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato, però. Sapevo sin dagli albori che il primo, grande scoglio non sarebbero certo stati i primi tre esami che finora ho sostenuto, conseguendo anche degli ottimi risultati.

Ho cominciato questo nuovo percorso un po’ in sordina, come in sordina ho cominciato a studiare partendo da quelle materie che mi sembravano le più abbordabili. Adesso, però, le mie cartucce sono finite. Non è da me fuggire via dalle difficoltà, eppure questa volta lo sto facendo. D’altra parte, non era certo programmato che tornassi al mare con mia madre anche per tutta la prima settimana di settembre. In realtà, è stata una di quelle decisioni improvvise, un po’ “folli”, se vogliamo. Ma alla fine ho detto . Senza farmi troppe fisime. E anche se questo mi rende piuttosto felice da una parte, dall’altro lato so benissimo che tutto quel marasma che mi lascerò indietro se ne resterà buono buono ad aspettarmi sopra la scrivania. E che quel tarlo rimarrà. E di certo non diventerà più semplice.

Se avessi la certezza che anche un solo mese basterebbe per studiare tutti i singoli argomenti (che tra l’altro prevedono una trattazione piuttosto lunga, quindi ovviamente mi sono chiesta come possa il professore interrogare gli studenti in soli 30 minuti facendo tre domande a testa), magari butterei tutto all’aria e, conoscendomi, non partirei neanche. Studierei a manetta e farei qualunque cosa per comprendere l’incomprensibile. Ma questo, almeno a mio avviso, è uno di quegli esami giganteschi che non è possibile comprendere “sul serio” (e, a essere del tutto onesti, non so nemmeno se ci riuscirò mai).

E tutto perché larga parte del corso non è “pura e semplice didattica”, ma non si basa che su lavori di ricerca condotti da eminenti (oltreché leggendari) scienziati. Da colossi della Chimica. Da illustri (ma anche un po’ folli) personaggi che una volta usciti dal laboratorio si accingevano a discutere fra loro, anche piuttosto animatamente – e magari persino durante “l’ora del tè”, chi può saperlo? –, sull’esistenza o meno dei carbocationi (davvero eccitante, isn’t it?). Su com’è fatto uno stato di transizione. Di quante unità logaritmiche è più acido un composto rispetto a un altro. Sul fatto che una generica reazione possa percorrere più cammini. Sul fatto che il meccanismo di una reazione possa cambiare in corso d’opera. Su quale sia lo stadio cineticamente determinante di una reazione chimica. 

Insomma, loro non ci dormivano per scoprire tutte queste cose. Io, invece, quasi non ci dormo perché è da settimane che mi chiedo come caspita farò a spiegare le suddette cose in sede d’esame. Che differenza, eh?

 

Ogni molecola è come se fosse un’equazione differenziale, bisogna saperla interpretare diversamente.

 

Ah, le equazioni differenziali…! Quanto le ho odiate! Ma non posso certo dire che il nostro professore non abbia ragione. Ma pure il fatto che all’inizio del corso ci abbia detto che questo esame, in realtà, ne comprenderebbe ben DUE, non è che ci abbia fatto poi tanto piacere.

Della serie: Io vi ho avvertiti. E se entrate in questo “girone dantesco”, non è detto che ne usciate vivi. Ma se volete “diventare” degli organici, non esiste altra strada. A voi non è concesso seguire “un cammino di reazione” diverso. Voi non siete quel sistema che sceglie sempre la via più comoda, alias quella che gli costa minore energia. Il principio del “mimino sforzo, massima resa”, per voi studentelli non vale. Voi studentelli siete costretti a sudare. E potreste sudare anche freddo, alcune volte.

Quindi ecco, il mese di agosto non è stato particolarmente produttivo, da un punto di vista di studio. Dopo l’esame di Analisi Organica, per festeggiare mi sono presa una settimanella di totale riposo e sono tornata al mio amore di sempre: la scrittura. E devo ammettere che è stato piuttosto appagante scrivere quasi ogni singolo giorno (non lo facevo da anni, forse), anche per parecchie ore. Senza pensare al dopo. Che poi si sa che quando si comincia a riprendere il via con le proprie passioni, quelle senza le quali moriresti (o quasi), diventa ancora più complesso ritornare “alla disciplina”.

A ogni modo, me la sono comunque imposta e ho trascorso quasi tutto il mese – ergo giornate intere – ad ascoltare ore e ore di lezioni registrate trascrivendone ogni singola parola al computer (inutile dire quanto sia stato pesante), complice il fatto che avessi seguito (anche a causa del “discorso tesi”) il primo semestre con i piedi. E pure per questo ho addirittura pensato di riseguire il corso da capo. Follia pura, lo so. Ma ci sto pensando seriamente.

E nel frattempo che continuo ad arrovellarmi il cervello su come uscirne (e prima che i postumi di quest'”ultima” fuga si facciano sentire troppo), ça va sans dire, mi tocca pure sbrigarmi a preparare i bagagli.

E chissà che magari, un bel giorno, non diventi “specialista” in un altro genere di “fughe”, imparando a strimpellarne qualcheduna di Bach al pianoforte (lo strumento ce l’ho, la voglia pure… – quello che manca lo lascio immaginare a voi, sniff sniff), invece di… invece di scappare via sul serio (e questa volta, purtroppo, non sono ironica!).

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

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