In questo mondo di falsi (e non solo di ladri)

In generale non è mai facile raccontarsi, tantomeno raccontare delle proprie mancanze o eventuali “fallimenti”. Forse sono solo troppo onesta, o forse credo fin troppo nella buona fede delle persone – per quanto negli ultimi anni, devo proprio ammetterlo, io mi sia chiusa sempre più a riccio; da un po’ di tempo a questa parte, ahimé, mi sento quasi incapace di credere ancora che possa davvero esistere quell’onestà, quella spontaneità e quella sincera voglia di condivisione che ho spesso cercato nelle persone, ma che forse non troverò mai (in ventiquattro anni di vita, sì e no se ne ho beccate un paio). 

Anche stavolta, però, non mi sembra affatto giusto glissare, tantomeno fingere di non provare tuttora delusione, e anche un pelino di rabbia (forse più di un pelino, ma vabbè). In verità, non so nemmeno da dove cominciare, o forse sono solo talmente tante le cose che dovrei mandar giù (e possibilmente prima di “ritentare la sorte” tra una decina di giorni), che semplicemente il tutto mi appare come un gran casino. Anche stavolta, però, mi racconterò, com’è giusto che sia.

Questa mattina, mi sono letteralmente svenata per partire a un orario consono in vista dell’esame delle 14, che a stento ho finito di mangiare (non sarei stata la prima, è vero, ma ci tenevo ad arrivare in orario). Nel mentre, avevo anche ripassato qualcosina (soprattutto le esperienze di laboratorio), con in serbo un ottimismo marchiato, però, da una sensazione strana, per certi versi anche poco entusiastica. Sì, ho appena detto che l’ottimismo c’era, però sentivo pure un qualcos’altro nell’aria. La tranquillità non era totale, ma comunque ero determinata ad affrontare tutto. Volevo crederci, e ci avrei creduto fino alla fine: questo mi ero detta. Non appena sono approdata a Roma, a pochi passi dall’università, sono venuta a conoscenza del fatto che l’esame era stato posticipato alle 14 e 40. Ho alzato gli occhi e mi sono detta: ah, be’… tipico di lui (come di altri, certo). Non sapevo ancora che a breve avrei dovuto fronteggiare ben altre cose, mandar giù ben altri “rospi”.

Appena arrivata, ho avuto la fortuna di chiacchierare un po’ con una ragazza che doveva sostenere l’esame per prima (io sarei stata la quarta candidata, poi sono scalata come terza perché l’altra ragazza non si è presentata), e il tempo per fortuna è passato velocemente (anche perché il professore è arrivato alle 16, altro che alle 14 e 40!!!). Succede sempre così: magari incontri una potenziale “amica”, poi basta “passarci” un po’ più di tempo e, purtroppo, si scoprono tutti gli “altarini”. Non che io stia adesso riferendomi a questa ragazza (che è stata, anzi, molto cordiale e spontanea), però a qualcun altro (o meglio, qualcun’altra) mi riferisco (e ne parlerò tra poco). Certo, è pure vero che io ne ho di difetti (e io sono la prima a odiarli, molte volte),  ma sull’onestà non mi si può proprio rimproverare nulla.

Sono stata davvero molto grata, in particolare, a un paio di ragazze, nello specifico la prima delle due, con cui ho avuto la fortuna di studiare un po’. Lei mi aveva insegnato tanto: se avevo cominciato a comprendere gli spettri, è stato proprio grazie a lei. Non mi sono mai nascosta nel farle sapere che proprio lei aveva cominciato a farmi vedere la luce in fondo al tunnel, e credevo davvero di aver trovato una persona sulla quale poter contare. Be’, alla luce di quanto scoperto oggi, si può proprio dire, se non urlare, che sì: ho sbagliato ancora.

Certo, in primis il tutto è partito dal docente. Solo oggi, a un’ora scarsa dalla prova, ho scoperto che aveva di nuovo cambiato le modalità d’esame. Questa volta, assegnava la molecola e da lì si dovevano discutere tutte le vibrazioni si stretching (IR), frammentazioni possibili (Spettrometria di massa), atomi di idrogeno chimicamente equivalenti e non (NMR-H), molteplicità e roba varia, stesso dicasi per gli atomi di carbonio (C-13). Io, per quanto mi riguarda, mi sono fermata alla spettrometria di massa.

Ma andiamo per ordine. Inutile dire che scoprire di punto in bianco, proprio in quel momento, che le modalità di esame fossero state per l’ennesima volta modificate (senza alcun avviso da parte del docente, bella roba!!!), è stato abbastanza sconfortante. Eppure, in quel momento non mi è salita l’ansia che mi sarei aspettata di vedere fino a qualche anno prima. Questo percorso, volenti o nolenti, mi ha rafforzato di molto il carattere (ma anche un po’ indurito il cuore e la mente, e non so se questo sia proprio un bene). Certo, avere sangue freddo nella vita è indispensabile, e non soltanto quando si devono affrontare delle prove abbastanza ostiche. Ho combattuto con tanti esami difficili, ho mandato giù tante di quelle cose che ho perso ormai il conto. Sia chiaro, non mi pento di essere andata avanti e aver raggiunto questo punto, anche se alcune volte mi chiedo… e se invece non l’avessi fatto? Dove sarei adesso? Cosa starei facendo? Sicuramente altro.

A ogni buon conto, ho imparato ad apprezzare anche esami che a primo acchito non mi garbavano per nulla, ho cercato sempre di metterci l’entusiasmo e l’interesse, anche quando avrei soltanto voluto mettermi a scrivere per il resto dei miei giorni, anziché magari starmene lì a studiare materie incomprensibili (e non mi riferisco certo alla Chimica Organica, sia chiaro).

Lei che chimico vuole diventare?

Anche oggi, medesima domanda.

Qual è il tuo sogno? – mi è invece stato chiesto quando ero in vacanza.

Era forse legittimo l’imbarazzo che ho provato nel rispondere che in realtà il mio “vero” sogno non consisteva nient’altro che nello scrivere, nel “campare”, almeno in minima parte, con la scrittura? Con il cercare di trasmettere agli altri quello che sento mentre mi dedico a una simile arte (malgrado negli ultimi mesi abbia “sentito” meno, specie a causa delle pressioni universitarie)? Forse sì, alla luce del fatto che la scrittura non è considerata un “vero” lavoro. Da nessuno. E sì, lo so che magari starete sorridendo e scuotendo anche la testa, perché so benissimo anch’io che con la scrittura si fa la fame, ma d’altronde (e purtroppo!) le passioni non si scelgono, no? Quelle cose partono dal cuore, e quel cuore, mentre ci si dedica, lo senti letteralmente in fiamme. Pieno di gioia, pieno di… vita.

Ma tornando a noi… che chimico voglio diventare? Onestamente, non so se sarò mai davvero un chimico “di lungo corso”, quello che so è che probabilmente, per la magistrale, opterò per il ramo organico, o almeno ci proverò (poi non mi faccio troppi programmi). Certo, al professore ho risposto con maggiore convinzione, anche perché la prima esperienza di laboratorio ha messo in luce il fatto che io la conoscessi piuttosto bene, e in effetti lui ne era rimasto abbastanza soddisfatto. Ancora una volta, mi è stato chiesto che voto avessi preso in Organica I e II, come la media dei voti (per carità, chiesta anche all’altra ragazza), persino (di punto in bianco) la mia formazione liceale (forse perché non mi ricordavo che il numero d’onda si scrivesse con la lettera greca “nu” soprassegnato? Beh, che dire… mi spiace non aver fatto ‘il prestigioso liceo classico’ – tanto lo so che in moltissimi considerano altri licei come pura fuffa, il mio compreso… –; se il professore intendesse questo, sotto sotto, io non lo so, ma lo sospetto, malgrado lui abbia detto “ci sono un sacco di persone provenienti dal linguistico qui a Chimica, per cui non è un limite”).

Ma comunque, al netto di queste stupidaggini, al netto del fatto che lui, per quanto sia stato, almeno in parte pure piuttosto gentile e disponibile ad andare incontro allo studente (anche se, in tutta onestà, dovrei sforzarmi di ignorare il resto, per definirlo a tutto tondo con un tal nobile aggettivo; e questo, per inciso, mi dispiace pure dirlo…), dato che mi ha rimandato tra una decina di giorni per ritentare l’esame anziché portarmi a settembre – per l’altra ragazza ha fatto lo stesso, e di sicuro in larga parte ha deciso così perché si trattava del nostro ultimo calvario –, a me non sono piaciuti alcuni suoi atteggiamenti, come alcune sue asserzioni.

Al netto del suo “lei comunque mi sembra una persona seria”, del suo “lei ha studiato, penso che potrebbe fare un buon esame, anche perché la parte di laboratorio l’ha saputa molto bene”; al netto del suo “lei mi è sembrata molto decisa su quella parte”, io non ho apprezzato particolarmente il suo dirmi, durante il suddetto esame: “eh, però adesso non può più sbagliare”, oppure del suo incoraggiante “ci pensi bene, perché altrimenti la devo rimandare a settembre”, e del suo “non mi guardi così” non  appena ho sentito dirgli quella frase (non so bene che faccia avessi fatto, ma di sicuro contrariata, anche perché la prima candidata non conosceva nemmeno la classe funzionale R-C=O-OR’ [oltre che altre classi di composti organici] ed era stata rimandata per rifare l’esame una decina di giorni dopo, quindi, se mi avesse bocciata, non sarebbe stato affatto giusto!)… e al netto del suo guardare video a tutto volume su Instagram e farmi prendere quasi un accidente mentre io tentavo di concentrarmi, e tutto anche mentre lui si era sprecato in un generale “che noia, mamma mia…” e manco stava a guardare quello che facevo. Sapessi quanto me annoio io, professó!!! – avrei voluto urlargli in faccia in quel momento, anche perché il rispetto si guadagna, NON si pretende.

E devo proprio ammettere che oggi la faccia tosta comunque ce l’ho avuta, e su questo un minimo di complimenti, forse, dovrei farmeli. Sono stata estremamente chiara e onesta fin dall’inizio, affermando un testuale “io contavo di superare l’esame oggi, onestamente. Sono partita con ottimismo, chiaramente. Certo, ammetto di non essere riuscita a vedermi per bene le ultime cose, e quindi anche l’IR, alla luce del fatto che ero in vacanza, e anche se mi sono portata gli appunti pure lì, ovviamente non ho potuto studiare al meglio. Sono tornata il 4, e da allora ho fatto tutto il possibile per terminare il programma”. E questo gliel’ho detto alla luce del fatto che lui mi stava già “attaccando” dicendo che avevamo SOLO (solo???) 4 spettroscopie  e che l’IR non lo avevo studiato quasi per nulla.

Okay, adesso la mia potrebbe suonarvi come una scusa. Ma io DOVEVO dire semplicemente la verità, e quella ho detta. Non ci tenevo a passare per quella che non voleva studiare, che ha saltato le cose per mera superficialità, perché non è andata affatto così. E lui (pensasse quello che vuole!) doveva saperlo, almeno a mio avviso. E al suo dichiarare: “be’, però non si è abbronzata tanto”, io replicato prontamente con un “be’, ho anche studiato per qualche ora e non mi mettevo certo sotto al sole cocente per farlo”. E tutto con il consueto sorrisetto e la consueta cordialità (proprio come faceva lui; perché sì, a una certa io ho giocato al suo stesso gioco!), persino quando abbiamo parlato del fatto che esistesse un cartello stradale a suo nome e cognome. Infatti, alla fine dell’esame, nonostante la rabbia e la delusione, ho convenuto giocarmi la carta della ragazza che aveva preso tutto con assoluta sportività, non mi sono privata di rivelarglielo.

Al suo “almeno si è divertita in vacanza?”, io gli ho risposto “Sì sì, però… lo sa che lei mi ha seguito anche in vacanza?”. Lui, facendo una faccia più che stupita, – cioè, stava pendendo letteralmente dalle mie labbra (però prima, quando facevo l’esame, quasi se ne fregava… un uomo, tra le altre cose, estremamente contraddittorio, non c’è che dire!), si è limitato a un “Cioè?”

Al che, gli ho detto chiaro e tondo che su un cartello stradale, a Montesilvano, c’era impresso il suo stesso nome e cognome e che il tizio in questione aveva un’autofficina. E lui lo sapeva, pensate un po’. “Quello là è più famoso di me…” ha detto infatti, mentre se la rideva e falsamente me la ridevo anch’io.

Insomma, alla fine ho fatto pure io l’accondiscendente, ostentando una tranquillità che era stata preceduta da un certo stato di “rassegnazione”, anche se come vi ho detto ci ho provato fino alla fine. Malgrado il suo interesse-non interesse, i suoi improvvisi cambiamenti di attitudine, il fastidio che mi hanno provocato alcune sue espressioni, oltre all’avermi detto (testuali parole): “Io la rimando per rifare l’esame tra dieci giorni, ma se poi mi dimostra di non sapere bene le transizioni IR e quello che le manca, le spezzo le gambe. Chiaro, metaforicamente parlando” ha aggiunto dopo qualche istante (ridacchiando, tra l’altro). Inutile dire che, a quelle parole, ho avuto veramente la conferma che una certa dose di “pazzia” questo tipo ce l’ha…

A ogni modo… sapete come si dice, no?

Tieniti stretto gli amici, ancor più i nemici (anche se io tutto farei meno che tenermelo vicino, sia chiaro anche questo).

Lui fa o ha fatto un minimo di doppio gioco? Be’, in parte l’ho fatto anch’io (e visto che lui, in certi momenti, fa tanto l’amicone… a ‘sto punto facciamolo pure noi, no? – certo, sempre usando massimo rispetto, a differenza di certi suoi comportamenti).

Il professore ha forse goduto del fatto che io, in alcuni momenti, non abbia propriamente risposto (anche se ho sempre cercato di fronteggiare tutto, e di spiegare ogni cosa, scrivendo sempre e comunque alla lavagna, anche quando non ero sicura di aver fatto bene!) e lui abbia avuto la conferma che io (come poi gli avevo detto; almeno ha apprezzato – almeno a suo dire – la mia sincerità) non abbia saputo alcune cose?

Di sicuro, non ha voluto mandarmi subito “a casa” perché in parte voleva testare fino a che punto fossi preparata, forse voleva davvero darmi una chance, chi può saperlo. Ma resto sempre dell’idea che ormai non mi fido più di nessuno, né di quello che vedo, tantomeno degli altri studenti. Quella studentessa, che mi aveva tanto aiutato (forse solo perché aspettava che io le dessi tutti i video di Inorganica II?) e alla quale io IERI avevo chiesto come fosse andato l’esame dopo avergli fatto più volte l’in bocca al lupo, mi ha regalato l’ennesima delusione. Ha glissato sulla mia domanda senza rispondermi, limitandosi a dirmi di aver preso 20, e solo oggi capisco il perché. Non aveva accennato minimamente al fatto che le modalità d’esame fossero cambiate. Proprio oggi, appena ne sono venuta a conoscenza, le ho fatto la domanda fatidica: ovvero se pure il giorno prima avesse proposto una simile prova.

Risposta affermativa. A quel punto, ho letteralmente gettato il telefono dentro lo zaino (o facevo così, o la prendevo a male parole) e il professore deve essersene accorto, perché dopo poco mi ha chiesto: “Lei sarebbe capace di affrontare un esame del genere?” Al  che, ho risposto: “Onestamente pensavo lei desse lo spettro come ha fatto negli appelli precedenti, ora non so se siano cambiate le modalità già a partire da giugno, dato che io sono venuta ad assistere agli esami a febbraio e lei dava lo spettro e non la formula.” Lui: “Il problema è che alla fine gli spettri erano sempre gli stessi e quindi ho deciso di fare così… Ma tanto se lei ha studiato dovrebbe riuscire anche in questo modo, no?”.

Io, dentro di me: Sarà, ma con lo spettro tutti quei particolari sull’IR non sono nemmeno segnati, senza contare che con lo spettro potevi orientarti meglio “toccando con mano” determinati picchi caratteristici, ma vabbè… senza contare i valori di chemical shift, che sullo spettro sono segnati precisamente, mentre con la molecola devi assegnare tutto tu, ed è ancora più difficile. A ogni modo, alla sua domanda io ho risposto con un “posso provarci”. Di ritirarmi prima ancora di provare ad arrivare alla fine del percorso non ci ho pensato neanche un po’. Quando ho visto “la novità”, non ho pensato neanche per un secondo “okay, adesso mi alzo e gli dico che non me la sento di far l’esame”. Qualche anno fa, di sicuro, sarei fuggita “a gambe levate”, o mi sarebbe venuta un’ansia talmente forte da non riuscire nemmeno a far funzionare il cervello. Invece, ho voluto accettare “la sfida”. La sfida con me stessa, la sfida con un docente ostico, pedante e precisino. 

Ormai ero in ballo, e dovevo ballare. E avrei ballato fino a consumarmi la punta delle scarpe, avrei replicato fino a quanto avrei potuto e avrei dimostrato di aver studiato. Peccato esserci riuscita solo in parte, peccato aver dato, forse, anche solo un minimo di soddisfazione al docente quando, me lo sentivo, la mia faccia diceva tutto tranne che “io vincerò”. Perché è vero che non mi sono mai arresa davvero del tutto e che ho lottato fino alla fine, ma a un certo punto, ammetto che quelle osservazioni citate prima mi avevano tolto le speranze e la voglia di proseguire. Per certi versi, sapevo che mi stava portando avanti per “inerzia”, e ancora adesso non so cosa lui abbia pensato davvero di me. A ogni modo, non mi interessa più di tanto. La delusione per il comportamento di quella studentessa e, in parte, per quello del professore, rimane ancora una questione da metabolizzare, e forse è stata la cosa che mi ha “ferito” di più.

Ma per il resto, so già che da domani dovrò tornare a fare quello che magari non mi riesce meglio rispetto ad altre attività, ovvero… studiare, studiare e ancora studiare (purtroppo, solo scrivere mi riesce sempre bene, per quanto io non sia stata per nulla concisa neanche questa volta – e magari mi avrete pure odiato per questo). 

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

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