Fine di “un’era”

Il 19 di Luglio di un anno fa, mi apprestavo a sostenere l’esame di Chimica Organica II per la seconda volta, dopo un primo “tentativo” non proprio brillante. Proprio oggi, invece, 26 luglio 2022, ho sostenuto per la seconda volta il mio ultimo esame della “carriera” universitaria (Chimica Organica III), dopo un primo tentativo non proprio brillante. In buona sostanza, sono stata molto originale con “le organiche”, vero?

La verità è che dovrei solo esultare, adesso. La verità è che dovrei stappare lo champagne, o comunque sorridere come una scema perché ho finalmente “finito”. Peccato che nulla di tutto questo sia ancora accaduto. Devo metabolizzare ancora tante cose non proprio piacevoli, e non dubito che forse, tra qualche giorno, potrò davvero stapparlo, questo champagne, sentirmi un poco più serena e magari… felice. Felice per non aver mollato, felice per essere andata incontro ai mostri peggiori senza essere fuggita a gambe levate, felice per il semplice fatto di aver dimostrato che forse non sono poi così negata, come avevo sempre creduto, nelle materie scientifiche. Felice per non aver ceduto quando la mia mente e il mio cuore si erano ormai arresi. Semplicemente felice. Ci sarebbe davvero molto da dire, ma forse mi limiterò soltanto, per quanto sfogarmi mi farebbe bene, a rivelarvi di aver preso 22. Sia chiaro, non è assolutamente per il voto che mi sento un po’ smarrita, confusa e al momento poco emozionata per aver terminato il percorso più difficile della mia vita (almeno arrivata a questo punto), ma per altro.

Purtroppo, nel mondo esistono persone che, data la loro solitudine e magari frustrazione completa, godono davvero tanto nell’umiliare gli altri, nel farli sentire inadeguati, sbagliati, inutili e perdenti. Sì, proprio così. Purtroppo per me, come per altri studenti, mi sono dovuta imbattere in un simile “insegnante” (ah, che appellativo altisonante e immeritato, per un tipaccio come lui!). Un “insegnante” che fa di tutto per rimarcare (subdolamente, ovvio), la sua cultura classica  chiedendoti per l’ennesima volta che scuola hai fatto (dato che tu, povero sventurato, non conosci l’alfabeto greco e non sai scriverne bene le lettere, dunque… SEI UN IGNORANTE, a priori, a prescindere dagli altri licei frequentati – ebbene sì, lo ha fatto ancora: in modo subdolo, come già detto, s’intende). Un “insegnante” che fa di tutto per spegnere quella luce che io, come magari altri studenti, ho sempre cercato di tenere accesa, persino nei momenti più bui. Persino quando mi sono chiesta se ne valesse o meno la pena. 

Un “insegnante” che ti indispone in tutti i modi possibili, che si diverte a minacciare gli studenti a suon di “ci si vede a Settembre, se continua ad avere questo atteggiamento così chiuso e poco partecipativo” (sì, è ripartito alla carica con questo piglio arrogante e si e no se erano trascorsi dieci minuti dall’inizio dell’esame). Un “insegnante” che si sente realizzato soltanto nel redigere seduta stante un “ritratto psicologico” del discente sottolineando le sue mancanze, divertendosi a chiedere numeri su numeri (e annesse espressioni) giusto perché magari ha capito che non sei così ferrato in matematica. Un “insegnante” che si sente onnipotente solo perché è dall’altra parte della cattedra; che continua a infierire tra il serio e il faceto su di te facendo passare tutto come dei “semplici consigli spassionati e non meschini”, e nascondendo “la mano” non appena magari gli lanci un’occhiataccia e lui ti chiede a cosa stai pensando.

Un “insegnante” che di punto in bianco ti chiede quanto hai preso alla maturità e che, a seguito della tua risposta (100), dopo un po’ ti domanda (strategicamente – e per l’ennesima volta – certo!) che media hai (come a dirti: Be’, adesso però non uscirai di certo con 110 e Lode). Un “insegnante” che sa come toglierti tutto l’entusiasmo facendoti persino dubitare di quello che sai. Un “insegnante” irrispettoso (per inciso, l’esame era alle 18; abbiamo cominciato un’ora dopo), arrogante, assolutamente privo di sensibilità e che si arroga il diritto di fare il “maestro di vita”, quello pieno “di consigli da impartire”, quando dovrebbe guardare solo e soltanto a se stesso. Un “insegnante” che, a fine esame come durante, si presta a rimarcare le tue gravi mancanze molto più che a dar merito al fatto che lo studente abbia comunque provato a dare il meglio di se stesso.

Posso solo dire che, quando si tratta di me, le apparenze ingannano. Posso sembrare scostante, a primo acchito, magari troppo “seria”, o magari molto chiusa (rigida, per parafrasare le sue parole). La verità è una sola: quel “docente” non mi conosce per nulla. E sono concorde, per carità, nell’affermare che io, almeno solitamente, tendo a chiudermi parecchio solamente se la persona che ho di fronte mi mette nella condizione di chiudermi (e questo è proprio quello che fa un tale, “brillante docente”), perché ritengo in linea generale di essere migliorata molto in questi anni sul fronte caratteriale (per quanto io abbia voglia di migliorarmi ancora). Ma non sono – e non sono mai stata – certo la persona “poco entusiastica” che crede lui.

Lui, che adora mettere in difficoltà. Lui, che adora approfittare della sensibilità altrui per trarne un sadico godimento (dato che, diciamocelo, lui non può fare altro nella vita che non sfogarsi sugli altri).

Ecco, è proprio stato questo il “mio insegnante”.

Un “insegnante” insignito di una carica così nobile ma che di certo non merita. Un “insegnante” che purtroppo ha avuto un certo effetto su di me, questo non lo posso negare.

Ma, arrivati a questo punto, non posso nemmeno negare l’incontrovertibile realtà. Ho finito un percorso fatto di 19 esami, uno più difficile dell’altro. Ho finito un percorso nel quale ho lottato con le unghie e con i denti in ogni caso, sempre e comunque. Sono arrivata alla fine di un percorso che non credevo di poter mai concludere.

E, di sicuro, un ringraziamento speciale va al mio carissimo nonno, che ho avuto la fortuna di sognare un paio di anni fa, proprio nel momento in cui stavo mollando; nel momento più buio del mio percorso universitario. Nonostante la sofferenza, io ho creduto con forza alle sue parole e sono andata avanti, stringendo i denti al meglio che potevo, anche detestando tutto e tutti, alle volte. “Io e te abbiamo fatto un patto”, mi disse quella notte. “Tu fai del tuo meglio, che io ti sto vicino.” Non credo che possano esistere parole più belle di queste. E a me piace comunque credere che, nonostante tutto, durante questo esame che per certi versi (tanti versi, in verità), mi ha lasciato l’amaro in bocca (per non aggiungere una certa dose di rabbia per non essere stata cattiva come quel “docente”!), lui stesse monitorando dall’alto la situazione. In fin dei conti, dovrebbero forse importarci le parole di persone così infelici, così cattive e meschine? Persone che fanno di tutto per sminuire chi sei

Forse tutti voi mi direste (magari in coro, perché… perché sì, a me piacciono i cori!) un secco NO. Ed è quello che voglio imparare a fare anch’io; io che di certo ho ancora molta strada da fare (ma che altrettanta ne ho fatta, anche questo devo dirlo). Look At Yourself (Guarda a te stesso), dicevano gli Uriah Heep. Be’, questa canzone potrebbe benissimo associarsi a me, ma anche a quel “docente”. Qualcosa mi dice, però, che lui guarderà sempre agli altri, perché di se stesso, magari, non è rimasto proprio nulla.

Al netto di tutto, io ho comunque superato i miei limiti (e lui non immagina nemmeno l’entità della mia scalata), e negare questo fatto non sarebbe (e non è) possibile, a dispetto di tutte le “belle parole” che il “professore” mi ha riservato.

Insomma, eccoci arrivati alla fine del post. Malgrado non avessi tanta voglia di scrivere, alla fine ho dovuto assecondare comunque la mia parte più “creativa”. Certo, se lo avessi scritto proprio sul momento, non so cosa sarebbe uscito fuori (una tragedia greca, penso), per fortuna non lo sapremo mai. Come sempre, però, non sono riuscita a fermarmi al “semplice voto” come avrei voluto fare all’inizio.

Ma ora… che si fa? Lo stappiamo ‘sto champagne?, mi direbbe qualcuno della famiglia (mia madre in primis). Be’, potrei rispondere anche di sì, se non fosse che sono tornata a casa alle dieci di sera e che ho cenato alle dieci e mezzo (ma di chi è la colpa? Immaginatelo). E adesso è mezzanotte e trentotto.

Magari, chissà… potrei stapparlo già da domani.

Sì, credo proprio che lo farò.

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

2 Risposte a “Fine di “un’era””

  1. Per me era lo stesso con la prof di Filosofia al liceo. Però, vedi, queste persone hanno tanto potere, il potere di rovinarti la giornata, la vita, il corso delle cose, ma il loro è un potere a tempo determinato: nel mio caso fino alla maturità, nel tuo un esame, quindi davvero per poco. Alla fine li lasciamo indietro lungo la strada, ancora compiaciuti de loro stessi, fino a quando si rendono conto che siamo sfuggiti loro, e allora subentrerà il disappunto, chè il loro potere su di noi è cessato. Per cui arrabbiati pure, è giusto di fronte a gente che calcola la propria importanza sul sentirsi più importante degli altri sminuendone il percorso, ma ricordati di fargli ciao ciao da lontano con la mano, perché non gli resta altro. Cioè, che si fottano.

    1. Lo so che la odiamo entrambi (e che la conosciamo soltanto per via di un ascolto coatto), ma qui ci starebbe proprio bene la canzone con quel ritornello “con le mani, con i piedi ecc… ciao ciao!” Hai ragione, comunque, sul fatto che la frustrazione e l’ignoranza rimane comunque a loro, e di certo non può essere trasferita perennemente a noi!
      Negli ultimi giorni ho persino incrociato “il tizio” in questione all’università; ci siamo visti di sfuggita, ma non escludo che possa avermi riconosciuta (quando gli pare dimostra di avere un’ottima memoria)… in ogni caso… altro che “ciao ciao”! Queste persone non meriterebbero neanche il minimo accenno di saluto… se non per sbattergli in faccia risultati importanti o giù di lì (cosa che nel mio caso non avverrà di certo, ma chissene)! Di sicuro mi sarebbe piaciuto terminare “meglio” il percorso, in modo più sereno e felice, ma pazienza… è andata così, e in fin dei conti anche queste esperienze negative ti lasciano, paradossalmente, un qualcosa di “positivo”, se vogliamo (adesso, quando ci ripenso, mi sento anche un po’ orgogliosa del fatto di aver provato questo esame soltanto “due volte” – comunque mi aveva rimandata a dieci giorni, non bocciata -, a dispetto di alcuni altri che sono arrivati anche alla sesta volta!).
      A loro, invece… non rimane proprio un fico secco!

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