[Im – – – possibile]‡

Nel linguaggio chimico, quanto ho appena “rappresentato” nel titolo del post simboleggia uno stato di transizione. Ogni qualvolta avviene una reazione chimica, occorre che i reagenti superino una certa barriera energetica (chiamata energia di attivazione) che permetta loro di convertirsi nei prodotti. Ma vi è un momento nel quale “si assiste” ad una cosiddetta fase di transizione ad elevata energia, nella quale si ha una riorganizzazione dei legami e degli elementi atti alla creazione del prodotto di reazione che si vuole ottenere. In soldoni, in un dato istante si ha la coesistenza di tutte le specie coinvolte nella reazione. 

Se la situazione venisse rappresentata su di un diagramma energetico (cosa di cui si occupano gli studiosi di cinetica chimica, e dunque della velocità connessa ad una data reazione), si noterebbe un massimo nella curva che corrisponderebbe al suddetto stato di transizione. Le molecole di reagente si stanno per trasformare in prodotto, dunque ciò comporta inizialmente un certo dispendio di energia. Ma se tale reazione è favorita a livello termodinamico nonché cinetico, allora non ci vorrà poi molto a comprendere che il tanto desiderato prodotto verrà ottenuto in tempi ragionevoli e l’energia totale del sistema sarà notevolmente più bassa rispetto a quella di partenza.

Ecco, se adesso la Chimica venisse applicata a un caso umano (al mio, in particolare), potrei tranquillamente correlare quanto scritto nel titolo alla mia personalissima crisi di studio che per molti mesi ha caratterizzato le mie giornate. Mi trovavo in una situazione di stallo, in bilico tra l’affrontare le difficoltà o mollare del tutto tirandomi fuori da questo stato di elevata instabilità a livello emotivo.

Insomma, ho trascorso tutta l’estate domandandomi che cosa dovessi fare, considerando moltissime opzioni possibili concernenti dei cambiamenti anche radicali. In fin dei conti, alla fine in Chimica lo stato di transizione è una specie inesistente (o meglio, ha il tempo di vita di una vibrazione) e non isolabile, io invece la crisi l’ho vissuta veramente. Ma adesso eccoci di nuovo qui a raccontare un qualcosa che forse, da impossibile che era, si è trasformato in qualcosa di possibile. 

Conoscere “il matematichese” a livello universitario è stato un po’ come apprendere i fondamenti grammaticali e/o linguistici di un dato idioma senza conoscere nemmeno una singola parola dello stesso. Come ben sapete, il mio retaggio liceale non mi aveva fornito gli strumenti giusti al fine di comprendere una materia così ostica e complessa come la matematica.

Ad ogni modo, questa esperienza annuale mi ha condotto, nel bene e nel male, al raggiungimento di un buon livello nella suddetta disciplina che sicuramente si rivelerà essermi utile nel prosieguo dei miei studi. A prescindere dalle valutazioni conseguite, in effetti, posso ritenermi soddisfatta non tanto del fatto di essere giunta ad una preparazione discreta a livello matematico, quanto della mia tenacia e del mio coraggio, latenti ma in qualche modo presenti comunque anche nei momenti più difficili del mio percorso accademico.

E ve lo assicuro, questa estate è per me stata la peggiore di sempre. Ho pianto (di gioia quando ho superato l’esame di Analisi II!) per la disperazione ma ho cercato comunque di prendere le cose con ironia (perlomeno all’inizio), ho dormito moltissimo pur di non pensare a quanto mi aspettava, nonché a causa della stanchezza mentale accumulata negli ultimi mesi (ma non sono mancati gli incubi) e ho sbattuto ripetutamente la testa su quei maledettissimi quaderni di matematica (mi sono categoricamente rifiutata di studiare sul libro di testo, per me era indecifrabile) che adesso sono rinchiusi nel cassetto del mio armadio, sperando di non doverli mai più riprendere.

Davvero, come detto poche righe prima, per la prima volta in vita mia volevo fuggire via da una responsabilità che mi sembrava fin troppo grande da affrontare.

E vi confesso che tuttora non mancano le difficoltà, i momenti di crisi e di sconforto soprattutto riguardo alcune materie connesse al mondo matematico, come per esempio la tanto temuta Fisica II e Chimica-Fisica. No, non è affatto facile confrontarsi con una realtà completamente astratta eppure esistente, nonché intrisa di numerosi misteri. Alcune volte, sono stata tentata di pubblicare un articolo pronto da mesi e che ho modificato più volte in base alle circostanze (ma che uscirà domani) per “pregiarmi” della piccola grande vittoria ottenuta all’esame di Analisi II, ma non l’ho fatto.

Dovevo combattere in solitudine la mia battaglia, per quanto difficile fosse. Dovevo contare su me stessa e sulle mie forze, ed è proprio quello che sto cercando di fare adesso. Insomma, dovevo tornare a credere in me (ci sto ancora lavorando…) con la consapevolezza di poter comunque soddisfare un giorno tutti i miei interessi, a prescindere dal tempo che passa. In fondo, sapevo di non potermi ritirare senza aver lottato (ancora).

Non potevo chiudere questo capitolo della mia vita così, come se questi due anni trascorsi a Chimica avessero rappresentato un mero passatempo. Dovevo ritrovare l’entusiasmo, quella motivazione allo studio di argomenti totalmente nuovi eppure in un certo senso anche “ispiranti”. Insomma, dovevo concedermi un’altra opportunità, tornando ad essere forte e cercando un appiglio cui aggrapparmi nei momenti più difficili del mio percorso. Non è stato facile.

Per la prima volta, mi sono sentita totalmente da sola ad affrontare una realtà che mi sembrava più grande di me. Sì, questa estate, in un certo senso ho sofferto di solitudine pur essendo sempre stata circondata dall’affetto dei familiari che cercavano di sostenermi anche soltanto con un sorriso che mi riempiva di speranza. Ed io sono e sarò sempre consapevole di essere una ragazza alquanto fortunata perché famiglia a parte, ho finora goduto del privilegio di conoscere persone davvero speciali che hanno dato un senso alla mia vita, insegnandomi la vita stessa. E ciò è accaduto anche all’università.  

Ed io, in nome di “quell’antica” felicità che avevo vissuto al primo semestre del secondo anno (nonché di tutti i sacrifici fatti fino a quel momento), sapevo che non potevo arrendermi tanto facilmente alle mie debolezze caratteriali. Dovevo assolutamente mettere a tacere quei sentimenti troppo malinconici e/o “romantici” che spesso mi rendevano ancora legata ad un passato che non esiste più e che deve essere funzionale esclusivamente al raggiungimento dei propri obiettivi futuri. E il mio obiettivo primario era uscire da quella condizione di “studentessa senza speranza”.

Se ci sono riuscita? Questo lo scopriremo un po’ più in là. Posso dire, comunque, di sentirmi decisamente meglio rispetto alle prime settimane di università, quando vigeva ancora in me un forte sconforto e una stanchezza che forse non ho ancora avuto modo di eliminare del tutto. Però sto facendo del mio meglio, sebbene ci sia ancora molta strada da fare.

Recuperare quell’entusiasmo, quella fiducia e quell’ottimismo si rivela difficile soprattutto in alcuni momenti, ma sono disposta a lasciar “parlare” il tempo quando sarà il momento. Nel prossimo articolo, apporrò tutti i dettagli riguardo l’esame di Analisi II, accompagnato da un consistente riferimento ai miei precedenti (Analisi I). Detto ciò, ci si legge domani al prossimo post… (ma non aspettatevi nulla di eccezionale, mi raccomando)!

Ps (Aggiunta “dell’ultima ora”): Volevo farvi presente che da circa una settimana sono finita al Dipartimento di Geologia. Esatto, tutti i lunedì mi troverò lì per le lezioni di Chimica Organica. E niente, stamane mi aggiravo nei pressi del primo piano alla disperata ricerca di un bagno. Sono riuscita a trovarlo, però c’è molta fila. Mi guardo intorno e aspetto con pazienza, ma ad un tratto scovo qualche piccolo articolo appeso nella bacheca che si trova alle mie spalle.

Ad un certo punto ho un sussulto. Quel nome. Quel cognome. Il mio professore di Scienze, che mi ha accompagnato per tutto il triennio del liceo (esatto, per me rimarrà sempre il mio prof numero uno) instillando in me l’interesse per la Chimica, figura in quegli articoli insieme ad altri importanti studiosi.

Ed io ammiro quegli scritti per un istante, e nel frattempo mi risalgono alla mente i bei ricordi del liceo, estendendo il tutto alla prospettiva e al momento nel quale, con il mio bel 100 della maturità, mi apprestavo ad intraprendere un percorso nuovo e difficile ma che so in fondo essere emozionante. Insomma, mi rendo sempre più conto di essere ancora qui, all’università, in procinto di inseguire un qualcosa che non so se sarà la mia vita, ma che finora non sono comunque riuscita a lasciare andare, malgrado le difficoltà. In fondo, non sono solita arrendermi.

Come detto poc’anzi, devo assolutamente riprovarci un’ultima volta per scoprirmi ancora di più, mettendo anche a frutto tutto quello che ho imparato al liceo, sopratutto a livello umano. Ecco, è questo che voglio conservare del mio passato di studentessa liceale. Ed io so che molto probabilmente vivrò momenti ancora più difficili di quello che ho appena vissuto, ma spero comunque di essere più pronta ad affrontarli.

Detto ciò, spero mi possiate perdonare per questo mio eccesso di sentimentalismo, però questa volta non sono proprio riuscita a trattenermi dal scriverlo. Or dunque, “a domani” col prossimo articolo.

Impossibile —-> Possibile (?)

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

2 Risposte a “[Im – – – possibile]‡”

  1. “Matematichese”… Una mia studentessa quest’estate mi parlava di “chimichese”…
    Comunque anche se una reazione è favorita termodinamicamente, non è detto che i prodotti vengano ottenuti in tempi ragionevoli, ovvero che lo sia anche cineticamente… Ci sono trasformazioni che per quanto favorite termodinamicamente impiegano anche milioni di anni ad avvenire.
    Il trucco che ci siamo inventati per farcela è stata la scoperta del catalizzatore… e questo può essere una bella chiave di lettura per Analisi II. Sei riuscita infine a trovare il tuo catalizzatore, che come sai, è unico e specifico per ogni reazione…

    1. Questa specie di “slang” l’ho imparato dal mio professore di Analisi I che, tra le altre cose, diceva sempre a noi studenti: “la matematica è come la maionese: impazzisce.”
      Quanto alla Chimica, ti ringrazio per la precisazione, aggiungerò immediatamente il contributo cinetico alla frase “incriminata”! In effetti, soprattutto in Chimica Analitica ci hanno sempre fatto una testa così sul fatto che le reazioni che avremmo condotto in laboratorio sarebbero sempre state termodinamicamente e cineticamente (stavo per scrivere cinematicamente, mo ci si mette anche la Fisica 😂) favorite!
      Quanto alla chiave di lettura per Analisi II, vista dalla prospettiva dell’aggiunta di un catalizzatore per procedere, nel mio caso specifico, verso il mio obiettivo, è sicuramente vero che mi sento meno instabile di prima e un po’ più fiduciosa, ma per scoprire se ce la farò davvero e se questa “mia reazione” non “tornerà indietro” dovrò attendere Gennaio… E ne passerà di acqua sotto i ponti fino a quel momento! Scherzi a parte, cercherò comunque di fare del mio meglio; per il resto incrociamo le dita (specialmente per questa benedetta Termodinamica Chimica)!

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