Il primo esame

 

  • Nei precedenti articoli avevo già anticipato che, non appena avrei superato il debito formativo in “Matematica di base”, mi sarei dedicata all’esame di Chimica Generale. Un bel mattone da 12 CFU, che ho sostenuto il giorno 14 Febbraio.

 

Ore 8.45. Edificio Cannizzaro. Il professor G. M. entra e dopo qualche minuto comunica a noi studenti del canale L-P di spostarsi insieme a lui nell’Edificio Caglioti, Aula III, dove ho sempre seguito le lezioni di Chimica Generale e Analisi I. Perfetto. Un ambiente familiare è quello che ci vuole, soprattutto quando si deve svolgere il primo esame della nostra “carriera accademica”. O, almeno, così è per me.

Il giorno prima, ho ricontrollato gli ultimi esercizi in previsione della prova scritta. Durante la notte, ho dormito tranquillamente come se l’indomani avessi dovuto affrontare una semplice verifica. Beh, tutt’altro che semplice, a dire la verità.

Comunque, ho mantenuto questo atteggiamento tranquillo prima, durante e dopo la prova sostenuta (salvo un momentaneo attacco di panico). Un comportamento insolito, da parte mia. Eppure, è andata proprio così.

Sistemati ognuno nella propria postazione, attendiamo che il professore ci consegni la prova. Nel bel mezzo della distribuzione di questi fogli a cui qualcuno – compresa io, lo ammetto – darebbe volentieri fuoco, mi accorgo che due file davanti a me, il professore aveva consegnato ad una ragazza il foglio con la dicitura “COMPITO C”.

Presa dalla curiosità, comincio a leggere il testo (ebbene sì, ho una buona vista) e mi accorgo di come alcune richieste del problema risultino ambigue – almeno in prima approssimazione – . Mi convinco, comunque, che quel compito non mi piace affatto e mi appresto a sperare che la sorte mi sia favorevole.

Dopo pochi istanti, il professore arriva al mio banco. Prende il “COMPITO C”, sembra che stia per darmelo, poi, come colto da un repentino e improvviso ripensamento, mi dà il “COMPITO A”. È come se mi avesse letto nel pensiero: dentro di me, tiro un sospiro di sollievo. Poso lo sguardo sul foglio incriminato.

Cavolo. La tensione di vapore. No.

Cerco di respirare a fondo e di stare calma, perché per un momento penso di commettere delle atrocità, qualora mi apprestassi alla risoluzione del compito.

Alle 9.20, il professore dà inizio alla verifica e io riprendo la concentrazione che avevo perso momentaneamente. Torno sulle parole che, poco prima, mi avevano suscitato turbamento: “tensione di vapore”. Ok, quel tipo di problema con tale proprietà colligativa non mi è mai piaciuto, ma soprattutto… Non sono mai riuscita a risolverlo. O, meglio, non sono mai arrivata alla sua corretta risoluzione.

Ma niente panico: guardando gli altri quattro problemi, non sembrano così terribili. Prendo la penna e, mentre comincio a scrivere, basta dire a me stessa: “Facciamo conto che adesso mi trovi a casa mia e stia svolgendo i normali esercizi di routine” per acquistare totale tranquillità e sicurezza.

Due ore passano velocemente, e, con mia sorpresa, possiedo ancora un’ora a disposizione per dedicarmi al problema che sembrava più infame, il numero 3: quello inerente “L’equilibrio chimico”.

Già, il problema sulla “tensione di vapore” è ormai superato. O almeno così sembra.

Alle 12:20, la prova si dichiara conclusa e io ed altri colleghi (anche se c’è ancora qualcuno che, a testa bassa, sta scrivendo disperatamente come se quegli ultimi secondi rappresentassero non solo la fine del compito, ma anche gli ultimi istanti della sua vita), ci apprestiamo a consegnare l’elaborato.

Esco dall’aula e, per la prima volta dopo tanto tempo, sono felice. Non mi è scoppiato il mal di testa ma, soprattutto, sono riuscita a completare il compito. Sono riuscita a fare quei cinque esercizi che un mese fa credevo maledettamente impossibili.

Dopo tre giorni, arrivano i risultati. Con il cuore in gola, cerco la mia matricola e leggo quello “strano” numero espresso in trentesimi: 22. Un bellissimo voto considerando l’alto tasso di mortalità che ha colpito molti studenti: su un totale di 85, ben 41 bocciati, 5 assenti e gli altri 39 promossi.

È andata benissimo, mi dico. Con soddisfazione, mi preparo in vista dell’orale – previsto il 28 Febbraio – che non è andato affatto come mi aspettavo (mi toccherà dar ragione a coloro che affermano che il primo esame non va mai come ci si aspetterebbe): prendo un inaspettato 26, riuscendo quindi ad alzare la media dello scritto, in cui, onestamente, ho commesso degli errori che avrebbero potuto essere evitati.

Incredula, esco dall’aula del professore e guardo il voto registrato sulla ricevuta dell’esame: 26/30. In famiglia, sembra quasi che siano tutti più felici di me. È normale… Io ancora non ci credo.

Se penso alla mia situazione precedente, si sarebbe detto che questo semestre non avrei combinato nulla di buono. Invece, guarda quante cose sono riuscita a fare, nonostante molte altre siano sfuggite al mio controllo. Chi mi ha permesso di riuscire in tutto questo?

Ovviamente, non è bastata la mia volontà, né l’aiuto ricevuto da Eleonora, la mia compagna di corso e di ‘sventura’.

Allora chi è stato? Potreste chiedervi.

Beh, per me è difficile dirvi quello che penso senza che voi non manifestiate – immagino – un minimo di incredulità. Ma ve lo dirò ugualmente: sono stati i nonni che, da lassù, mi hanno sostenuta nel momento della prova.

Sono convinta che siano stati loro a darmi il coraggio di non arrendermi, a sostenermi nei momenti di sconforto. E non nascondo che, tali momenti, sono stati tanti. Ho pensato spesso di mollare tutto, di andare contro ciò che la mia vera natura mi impediva – e mi impedisce tuttora – di fare, ovvero rinunciare senza nemmeno provarci.

Adesso, però, è diverso. Sento che in me albergherà sempre quella forza che credevo di aver perduto, quella forza che i nonni alimenteranno sempre quando questa accennerà a diminuire.

Ed è proprio su tale forza che baserò la mia vita professionale e privata, con la speranza di poter realizzare, un giorno, tutti i miei sogni…

Quei sogni riguardanti non solo lo studio, ma anche quelli appartenenti alla mia sfera più intima. Tutte quelle passioni che, ogni giorno, alimentano la mia sete di Vita.

Ps: Qui sotto, riporto il file relativo alla prova scritta da me sostenuta. Sia chiaro, non voglio impressionarvi, lo trasferisco qui soltanto per ricordarmi  – anche se sarà difficile dimenticarlo – quale delle quattro tipologie di prove (A, B, C, D) ho sostenuto nel particolare.

L’esame scritto

esame
Primo esame di Chimica Generale – Prova scritta

Programma dettagliato di Chimica Generale

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

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