Il destino comune dei “residui insolubili”

«La partita finisce quando l’arbitro fischia.»

Vujadin Boskov

 

Ve lo giuro: questo qui non è un (tipico) post di polemica, quanto un post per mantenere vivo/alto l’entusiasmo, per sostenere quel pizzico di grinta e di (strana) serenità che mi sta pervadendo in questi ultimi giorni. E con la scusa, ricordare un po’ quei tempi andati, che riescono tuttora a strapparmi un sorriso. Dopo l’ultimo post pregno di lamentele (e forse un po’ troppa rabbia mescolata al pessimismo cosmico alla Leopardi), mi sono finalmente decisa a studiare sul serio (e con quella determinazione essenziale che alle volte va a farsi benedire!), cercando sempre di tenere fisso in mente un obiettivo che, per forza di cose, dovrò raggiungere quest’anno. Siamo ormai in prossimità di una nuova prova orale e lo studio sta procedendo, con tutti i suoi alti e bassi, verso un nuovo grado di consapevolezza che mi ha arrecato (finalmente) quel lampo di fervido ottimismo che ho tanto cercato in queste settimane e che, all’inizio di ogni esame, non riesco quasi mai a nutrire.

Ogni volta che devo approcciarmi a qualcosa di nuovo, in effetti, sento sempre in me quella paura di non essere all’altezza, temo sempre di provare quella sorta di rifiuto iniziale per la materia in questione perché mi sembra incomprensibile o perché non mi garba affatto, per non parlare di quel sentimento di accettazione e di coraggio (perché alle volte ce ne vuole!) che spesso tarda a presentarsi. E che magari possa farmi impantanare a pochi metri dal traguardo. In fin dei conti, alle volte il peggior nemico non è la materia o la circostanza in sé, quanto… noi stessi. Ed è proprio là che bisognerebbe, per forza di cose, intervenire, in modo tale da sbloccarsi definitamente e procedere verso la meta.

In questi giorni, ho cercato di entrare maggiormente nel vivo della materia e mi sento di dire che ci sono stati dei (bei) progressi, malgrado si debba ancora comprendere un qualche argomento (tipo la complessometria, la gravimetria e le titolazioni di quei malefici acidi diprotici) quel poco che basti a convincere il professore che si stanno capendo davvero le innumerevoli procedure analitiche. Proprio oggi, ho cercato di contattare qualche studente con la speranza che mi potesse inviare degli appunti inerenti alla parte degli acidi polipotrici. La risposta della studentessa in questione, che dovrebbe sostenere l’esame con me il ? di Gennaio, non è stata molto incoraggiante. Lei ha soltanto gli appunti delle slide. Della serie: non si è scervellata nel ricavarsi le formule che il docente non ha dimostrato… o almeno così sembra. Tra l’altro, dal canto mio molte slide sono poco chiare, quindi se io sono riuscita a cavare un ragno dal buco almeno per quasi tutti gli argomenti, è stato solo merito dell’ascolto ripetuto (e disperato) di alcune registrazioni del professore. Quello che più mi ha fatto sorridere – e che mi ha spinto a scrivere questo post –, però, è stata questa frase: “Ma a me basta 18, ormai non mi importa più della media”. Questa credo sia la tipica frase degli studenti che, vuoi per le basi mancanti, vuoi per la loro cocciutaggine (e io non sono esente da questo!), vuoi per altre vicissitudini di vita universitaria e non, si sono ritrovati a fare i conti con quell’appellativo non troppo lusinghiero con cui la cara docente di Analitica I battezza(va), senza mancare di un certo vanto e sadismo, gli studenti fuoricorso (come pure per i muli, ossia quelli che avevano sostenuto il suo esame fino alla settima volta): i residui insolubili.

Devo ammettere che la frase della studentessa (anche lei fuoricorso) mi ha fatto sorridere non poco perché ha rispecchiato, molto spesso, i miei stessi pensieri. Quando si inizia l’università si fanno grandi progetti; e quegli stessi progetti vengono quasi sempre spenti in un attimo o, comunque, mitigati dalle numerose (e forse necessarie) difficoltà che si incontrano lungo la via. E a dirla tutta, se la parte più orgogliosa di me stessa boccerebbe immediatamente un simile “slancio di determinazione” (e lo fa, almeno nei casi meno disperati!), l’altra parte – ben più esasperata, fragile, tormentata e non meno paranoica! – si accontenterebbe di qualsiasi cosa pur di passare al prossimo step.

Insomma, quando gli esami restanti non sono molti e si è a ridosso del traguardo, si è un po’ tutti esauriti esausti e non si vede l’ora, appunto, di finire! E a quanto pare, il discorso vale proprio per ogni studente che ricalca la mia situazione (e questo mi consola non poco!).

Quella frase, però, mi ha sbloccato almeno altri due ricordi: durante una lezione di Chimica Generale, il professore in questione ci parla di quanto sia necessario non mollare di fronte alle difficoltà, di quanta pazienza occorra per cercare di colmare quelle lacune matematiche (che lui ha dovuto affrontare a viso aperto) per poter procedere con maggiore serenità lungo il percorso accademico. A un certo punto, il professore riprende a scrivere alla lavagna, aggiungendo: «Comunque, per gli esami dovete anche sapervi accontentare, questo è chiaro…»

Ed è allora che sopraggiunge la replica (a mezza voce) di uno studente: «Vabbé, allora tutti 18 e via…»

Il professore si volta di scatto e allarga le braccia, lo sguardo a metà tra il divertito e lo stupito: «Vabbé oh, tutti 18 no! E che diamine! Un po’ di amor proprio!»

Insomma, sono seguite delle grasse risate per la situazione che si era creata, e tuttora, nello scrivere queste righe, non posso non sorridere… nonché ricordarmi costantemente di dover tenere fede alla studentessa che ero fino a qualche anno fa. Una studentessa che, seppur sia cambiata nelle idee (che sono in continua evoluzione), è tuttora in corsa per raggiungere quel qualcosa. Ed ecco che un altro ricordo si sblocca dalla mia mente e contribuisce ad alimentare la mia voglia di farcela, di affrontare le restanti difficoltà. Ed ecco che si ritorna … dove tutto (o quasi) è cominciato. 

«Ci sono delle squadre che, quando giocano, magari perdono 2-0. E potrebbero perdere pure 4-0, oramai hanno perso… Ecco, queste sono le squadre perdenti. Ma quando le squadre sono forti, anche se stanno perdendo 2-0, cercano di perdere 2-1.

…Che è decisamente meglio. Dunque, la stessa cosa vale per ognuno di noi. Bisogna capire che c’è una gradazione che passa da 32, il voto massimo, a zero. E fa una bella differenza prendere un 23 anziché un 18. Quindi, bisogna avere quella tenacia di continuare a studiare, sebbene qualcuno capisca di non poter prendere 32. Insomma, se ci sono degli esercizi in cui non si vince, non per questo si deve perdere 4-0. Di solito, alcuni di voi, sapendo che non prenderanno 32, sono disponibili a prendere 0, e questo non va bene! Non potete mollare tutto e dire ‘Oddio, andrò malissimo!’ No, dovete dire: ‘Andrò… Benino… Non lo so come andrò, vedremo…’

Come diceva Boskov, la partita finisce quando l’arbitro fischia. Dunque, anche l’ultimo minuto prima dell’esonero possiamo imparare qualcosa.»

Detto ciò, corro ad applicare (per l’ennesima volta) una delle tante massime propinateci dal mio ex-professore di Analisi I per questo prossimo esame, ergo… vado a cercare di fare amicizia con i complessi e gli acidi poliprotici (sperando di sopravvivere)!

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

7 Risposte a “Il destino comune dei “residui insolubili””

  1. La media è importante, specie poi per il voto di laurea, ma a parte il fatto che c’è poi la specialistica, quando hai terminato, la ridimensioni parecchio… Ciò che davvero è importante è capire, specie la parte strettamente pratica: sapersi muovere in laboratorio è secondo me la cosa più essenziale da imparare. Il resto è un di più, con un certo peso, è vero, ma non va così ingigantita.

    1. Devo ammettere che questo percorso di laurea mi ha un po’ “cambiata”…
      Sono sempre stata una persona abbastanza pretenziosa con me stessa e altrettanto determinata nel raggiungere sempre “alti livelli”, ma purtroppo ho perso un po’ per strada questa mia voglia di avere risultati davvero soddisfacenti (anche perché so di avere alcuni limiti magari invalicabili). Chiaramente le difficoltà continue ci hanno messo del loro e mi hanno spesso buttata giù (non vado particolarmente fiera di come ho affrontato alcuni momenti, ma purtroppo quando perdi la serenità e la speranza, è davvero difficile rimettersi in piedi e vengono fuori un sacco di dubbi e pensieri negativi…)
      A volte ho pensato che questo percorso non mi “valorizzasse” abbastanza proprio alla luce del fatto che non riuscissi, alle volte, a raggiungere quegli obiettivi (voti) che nella mia mente avrei sognato e sperato di ottenere…
      Insomma, mi sono dovuta anche saper accontentare (tanto, forse troppo?) e mandare al diavolo la media, soprattutto alla luce dell’esasperazione che mi prendeva in alcuni momenti, ergo… ho dovuto abbassare i miei “standard” (se volevo proseguire era l’unico modo); ma devo anche dire che pensare alla magistrale mi ha sempre fatto un pochino “paura”, nel senso che una parte di me non si sente tuttora all’altezza di farla; il laboratorio forse è la cosa che più mi spaventa, al di là dei possibili voti che prenderei agli esami…
      Vabbè, chi vivrà vedrà…
      La cosa che però un po’ mi spiace riguarda proprio il fatto che le esperienze di laboratorio le ho capite/sto capendo davvero solo a posteriori, quando ho cominciato a studiare per gli esami, dato che purtroppo non sono mai riuscita a stare al passo con tutte le materie – complice le basi mancanti in matematica…
      Quindi… capisco bene chi tiene alla media (ed è giusto), ma capisco anche chi magari non è “un’eccellenza” e vorrebbe soltanto arrivare alla fine del percorso nel modo più indolore possibile!

  2. Beh, lo scopo è di prepararsi a un futura carriera lavorativa. La media e il voto di laurea sono fini a se stessi, alla fine; a colloquio sono un biglietto da visita, quando lavori non hanno più importanza.

    1. Sicuramente poi le competenze si vedono “sul campo”… e forse è proprio là che si gioca la “vera partita”!
      Una cosa è certa: non mi pento di aver affrontato a viso aperto i miei limiti!

    2. Scusa se me ne esco solo adesso, ma ho un dubbio… eventualmente, dopo la magistrale, occorre per forza ottenere “l’abilitazione alla professione di chimico”? Oppure ci sono lavori o incarichi che non lo richiedono?

  3. Ho visto solo adesso il commento…
    Premetto che questa cosa dell’abilitazione, spinta dagli ordini professionali, è una vera e propria porcheria, dato che con la laurea in mano non si ha altro da dimostrare, mentre invece viene richiesto di superare un ulteriore esame con scritto e orale, e a pagamento. Infatti in poche parole è un’estorsione per poter lavorare. Per fortuna ho sentito che stanno pensando di eliminare l’esame di stato, alla faccia degli ordini professionali, che per molte professioni sono alla stregua di vampiri (quello del Piemonte, per esempio, mi han detto che si era lanciato anche nel merchandising… per dire la professionalità).
    Questo almeno per quanto riguarda i chimici. Diverso discorso per gli avvocati, perché l’esame di abilitazione viene dopo un percorso di tirocinio di un anno e un senso ce l’ha (anche se pure lì ci sono spesso abusi, i neolaureati sono praticamente lavoratori a quasi-gratis). E conosco medici che mi parlano male del loro Ordine, a cui pagano la quota annuale, e in caso di bisogno, se ne frega di loro.
    Per venire alla tua domanda. In teoria no, non è obbligatoria l’abilitazione. Viene richiesta per firmare le analisi (tenuto conto che un perito chimico fa lo stesso lavoro, ma non può farlo lui), però dipende dal posto di lavoro, nel senso che se c’è qualcuno che può firmare in prima persona, se ne occupa lui. Spesso però viene chiesto di averla.
    Per alcuni tipi di lavoro invece non è richiesta, per esempio nell’insegnamento e nella formazione.
    Comunque esiste anche l’abilitazione dopo la triennale. La chiamano “junior”, per capire che razza di roba sia…

    1. Tranquillo, ti ho mandato il commento più in là perché mi era capitato di ripensare a questa cosa dell’abilitazione e mi stavo informando su internet, e siccome la cosa mi aveva arrecato parecchio “fastidio” e per certi versi preoccupazione (no, non avrei affatto l’intenzione di andare a sostenere quattro prove per ottenere questa abilitazione; prove che tra l’altro mi sembrano una più difficile dell’altra…), quindi ho pensato di chiedere a te.
      Agli inizi, in realtà, pensavo che questa abilitazione servisse solo per i liberi professionisti, invece ho scoperto ultimamente che in parecchi concorsi pubblici viene richiesta, e che come dici tu dipende dalle aziende. Comunque sia, concordo con te sul fatto che mi sembra assurdo che si debba, dopo più di venti esami sostenuti sul ramo chimico (se si mette in mezzo anche la magistrale) con l’aggiunta, per qualche corso, di annessi laboratori, si debba richiedere un’ulteriore “prova” per essere idonei al lavoro. Io spero, se proprio, di dover fare mansioni che non richiedono questa abilitazione…
      Poi è proprio vero che si cerca ogni pretesto per “commercializzare” tutto, pagando ogni anno la tassa perché si è membri “dell’Ordine”. E chissà quante altre cose sono disposti a inventarsi… tipo questa distinzione tra “Junior” e non “Junior”…
      A questo punto speriamo davvero che eliminino questi esami di stato, avevo sentito anch’io parlare di questa notizia.
      Anche se penso che tutti i miei professori universitari l’abbiano ottenuta, perlomeno in molte loro biografie ho letto che la possiedono. Ma nessuno di loro si è mai pronunciato a questo riguardo!
      Comunque sia, chi vivrà vedrà! In generale, non mi sento di escludere nulla perché comunque oltre alla Chimica ho altri interessi che intendo coltivare, e non escludo nemmeno il fatto di poter entrare nell’ambito scolastico in veste di insegnante, nel caso ne avessi “l’ispirazione”…
      Grazie mille per la risposta! ^^

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *