From Genesis To… Brand X!

«Music, all I hear is music!» […]

In The Wilderness – Genesis

 

Evidentemente, al buon vecchio Phil Collins non bastava l’avventura musicale intrapresa con i Genesis. Per sentirsi davvero completo, nutriva l’esigenza di percorrere una strada che mescolasse il Prog Rock a un genere non troppo in voga ai tempi, ma sicuramente molto interessante: il Jazz Fusion. Un genere che gli ha permesso una maggiore sperimentazione con la sua amatissima batteria. Mi perdonerete, almeno spero, la citazione presa a prestito dai primi, acerbi Genesis (nello specifico, dal loro album di esordio: From Genesis To Revelation – 1969), ma credo che in tale contesto calzi proprio a pennello. I Brand X nascono a Londra nel 1976. La band fu creata dal bassista Percy Jackson e il chirarrista John Goodsall. Phil Collins, invece, non rimarrà in pianta stabile nel gruppo, soprattutto a causa dei numerosi tour che lo tengono impegnato con i Genesis. E pensare che – perlomeno agli inizi – il posto di batterista spettava a Bill Bruford (Yes & King Crimson)!

Nel 1980 la band si sciolse per poi riformarsi intorno agli anni ’90 e produrre qualche altro album… con un altro batterista: Frank Katz.

Il loro primo album, interamente strumentale, è Unorthodox Behaviour. Uscito nel 1976, rappresenta un ottimo esordio della band – tra l’altro, è il disco più apprezzato dalla critica. Alla batteria, chiaramente, Collins dimostra tutto il suo estro creativo, mentre la chitarra di Goodsall, le tastiere di Robin Lumley e il basso di Jones contribuiscono alla creazione di melodie piuttosto orecchiabili ma virtuose, originali e, in linea generale, di facile fruizione.

(1976) Unorthodox Behaviour – Brand X

Il brano più rappresentativo è senza dubbio Nuclear Burn (che venne scelto come singolo). Una raffinata esplosione di suoni che si protrae per tutto il disco. Assolutamente da non perdere è l’ascolto di The Unorthodox Sessions! Questi ventisette minuti parlano da soli (…come pure la barbaccia di Collins)!

Nel 1977 esce il secondo album, registrato nei Trident Studios (Londra): Moroccan Roll. Il significato del titolo non è altro che la fusione delle parole more rock’n roll. Nell’album, però, non si respira di certo una tale atmosfera. Già dalla prima traccia – molto particolare, tra l’altro –, si viene catapultati all’interno di un mondo esotico, raffigurato anche nella copertina del disco. La voce di Collins scandisce parole che sembrano insensate (il testo, in effetti, è in sanscrito!), quasi come se ci si trovasse nel bel mezzo di qualche strano rituale concepito da una qualche tribù sconosciuta.

(1977) Moroccan Roll – Brand X

Alcune tracce sono decisamente più melodiche di altre (come Orbits, Collapsar, Maybe I’ll Lend You Mine After All), ma nell’ambito del jazz-fusion la più rappresentativa è indubbiamente Disco Suicide. Ma è assai degna di nota anche la traccia Malaga Virgen, in cui non manca un piccolo assolo di tastiera, accompagnato dalla consueta batteria. Per non parlare della mitica Macrocosm, traccia che scandisce un finale… da brivido!


Il terzo disco è Masques (1978). Per la prima volta, i Brand X si ritrovano senza Phil Collins, che verrà sostituito dal batterista Clarck Burgi. Anche in questo album, le sonorità sono per certi versi simili a quelle di Moroccan Roll, e pure la copertina sembra confermare appieno la presenza di qualche sonorità di matrice orientale.

(1978) Masques – Brand X

La traccia omonima (Masques) non è affatto male: la preponderanza della chitarra di Goodsall la rende, a mio avviso, molto godibile. Ma la vera perla del disco è Deadly Nightshade: undici minuti di pura sperimentazione jazz-rock! Un’altra track interessante – intrisa di suoni etnici/mediorientali scanditi da batteria e percussioni – è Earth Dance


Finalmente, Phil Collins ritorna sulla scena ed è pronto a sfondare con un disco che, devo ammetterlo senza riserve, ho apprezzato davvero tantissimo: Product (1979). La copertina dello stesso esplode in un tripudio di colori e figure che mettono subito allegria: su di essa figurano persino gli stessi Brand X. Si può affermare a gran voce che questo sia un signor disco – nonché l’album più ispirato al mondo Genesis degli anni ’80. Questo lavoro, in effetti, è forse il più variegato e sperimentale a livello di sonorità: leggere atmosfere progressive si intrecciano con le potenti melodie del pop tanto in voga in quegli anni e, ovviamente, non mancano le solite (e originali!) composizioni afferenti al jazz-fusion.

(1979) Product – Brand X

La prima traccia (Don’t Make Waves), in effetti, ricorda un po’ le atmosfere di Duke e Abacab (1980-1981). Per non parlare della seconda: Dance Of The Illegal Aliens. Una vera perla, a mio parere, soprattutto la magica parte che va dal minuto 2’35” al 6’00”! Forse i fan più accaniti dei Genesis noteranno delle similarità, a livello di titolo, con Illegal Alien, traccia afferente all’album pop-rock Genesis (1983), che per qualche annetto è stata una mia ossessione (all’epoca non conoscevo ancora bene le meraviglie del prog rock!). Dal punto di vista strumentale, penso che questa traccia sia la migliore del disco, ma anche Soho, dove Collins dà un’ottima prova di sé a livello vocale, non è da meno!

Anche Algon (Where An Ordinary Cup Of Drinking Chocolate Costs £8,000,000,000) è un’ottima traccia: batteria, chitarra e tastiere creano avvincenti (e tremendi!) accostamenti ritmici. Come in And So To F, dove un elettrizzante assolo di chitarra elettrica irrompe sulla scena con un coro finale alla Naminanu (B-Side di Keep It Dark Abacab). In buona sostanza, questo album ci presenta degli esperimenti musicali molto interessanti (persino uno sprazzo di naturalismo in April, l’ultimo brano strumentale) che meriterebbero ben più di un semplice (e profano) ascolto.


Do They Hurt? è il sesto album della band: uscito nell’aprile 1980, vede ancora la presenza di Collins e Mike Clarck alla batteria. La copertina dello stesso ha un taglio un po’ umoristico e raffigura parzialmente una donna che, dinanzi alla porta di casa sua, viene accolta da un minaccioso coccodrillo. Nella quarta di copertina si vede che la donna in questione tiene tra le mani una borsa in pelle di coccodrillo, proprio come le sue (comode?) scarpe. Il titolo del disco si riferisce, in effetti, a un divertente gioco di parole che coinvolge le calzature indossate dalla donna e i denti affilati del rettile. Faranno più male un paio di tacchi o… il morso letale di un coccodrillo arrabbiato?

( 1980) Do They Hurt? – Brand X

Questo album, a differenza dei precedenti, è forse un po’ troppo tranquillo, meno sperimentale. La prima traccia, Nobody Goes To Sweden, non mi dispiace: per certi versi, nella parte cantata da Jones (sempre che si possa definire così una parte semi-remixata tramite il dispositivo elettronico vodocoder) mi ricorda un frammento di Dodo Lurker (Abacab). La traccia più rappresentativa del disco è però Triumphant Limp, un perfetto esempio di jazz-fusion a cui il gruppo ci aveva abituati in precedenza.

Is There Anithing About? è il terzultimo album della band. Uscito nel Settembre del 1982, questo disco non spicca affatto per la sua sua originalità; è, anzi, piuttosto debole a livello di sonorità e contenuti. Molte tracce sono infatti degli outtakes ricavati da Product (1979), come l’ultimo brano, che ricalca la melodia di Soho: TMIU-ATGA, acronimo di: They Make It Up As They Go Along.

(1982) Is There Anything About – Brand X 

A Longer April, che rappresenterebbe il prolungamento della traccia April (sempre da Product), è invece un brano che mi ricorda molto un jazz puro e rilassante alla Pat Metheny (se non lo conoscete, vi consiglio di ascoltare qualche suo album)!


Il penultimo album esce dieci anni dopo: si tratta di X-Communication (1992). Decisamente migliore rispetto al precedente, il disco si avvale del batterista Frank Klatz e dei semper fidelis Percy Jones e John Goodsall. Le tracce dell’album sono impregnante di una caterva di melodie in cui la chitarra elettrica e la batteria si fondono per creare un album in cui il rischio di annoiarsi con melodie simili non è poi così alto (eh no, pur essendo ricco di buoni spunti, ovviamente non siamo più agli impareggiabili livelli degli album appartenenti alla decade precedente!). Segnalerei all’ascolto Zero DB e Kluzinski Reprise; in quest’ultimo brano vi è la straordinaria partecipazione del flautista Danny Wilding.


L’ultima fatica della band è Manifest Destiny, uscito nel Febbraio del 1997. L’album, per certi aspetti, è molto simile al precedente, ma la presenza di nuovi musicisti lo rende meno banale di quanto possa sembrare, e chiude il cerchio di una band jazz-fusion di talento. La traccia Virus, nello specifico, è molto variegata nel ritmo e nel vociare in sottofondo. Certo che, visti i tempi attuali (ahinoi)… una copertina più profetica di quella sottostante non si poteva trovare! Un’altra traccia interessante è Five Drops, con un bellissimo assolo di chitarra che scandisce l’inizio e il finale.


Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

4 Risposte a “From Genesis To… Brand X!”

  1. Mi piace molto la fusion (e attenzione che fusion e jazz-rock sono due cose diverse! 😄), però i Brand X, nonostante li conoscessi di nome non mi è mai capitato di ascoltarli.
    Nella mia città ogni anno facevano un jazz-festival in cui un sabato di novembre c’erano gruppi a suonare per le vie del centro storico e un mega concerto la sera. Un sacco di jazz, ma c’era anche spazio per la mia amata fusion (non mi è sfuggito quel Pat Metheny che hai citato…) Una volta è persino venuto Billy Cobham per un concerto nel castello di Moncalieri (ma biglietti subito esauriti, disdetta, passando lì vicino ho sentito che suonava uno dei suoi pezzi che preferisco). Negli ultimi anni dell’università il passaggio dal prog alla fusion è stato naturale, è un peccato che in Italia sia un genere poco conosciuto, perché ci sono veramente dei brani splendidi (e tanti gruppi misconosciuti, ahimè).

    1. Ecco, io per esempio della fusion non conosco niente!
      I Brand X,invece, sono stati una scoperta interessante, ho voluto ascoltare tutto di loro per completezza, diciamo così…
      Qui a Subiaco invece hanno sempre fatto il Rock Blues Festival, ma io non ci sono mai andata, non mi fa/faceva impazzire, sinceramente…
      Di Pat Metheny ero in fissa con alcuni suoi album, ma vorrei tornare ad ascoltarlo! Anche se di album ne ha fatti decisamente troppi! XD
      Cobham… non lo conosco! Dovrei informarmi in merito!

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