I Genesis si raccontano…

  • Questa estate, tra i molteplici scaffali di una grande libreria situata vicino al G.H. Montesilvano (PE) dove ho trascorso una meravigliosa settimana di vacanza con la mia famiglia, ho scoperto casualmente un libro sui Genesis intitolato “Gli anni Prog” firmato Mario Giammetti. Ovviamente, l’ho acquistato e ho avuto modo di scoprire che si tratta di un volume a dir poco interessante. Infatti, in esso sono contenute minuziose e singolari informazioni riguardanti la loro carriera, in special modo indirizzate a tutti i fan di questo gruppo, nonché a tutti coloro che hanno il desiderio di conoscere e comprendere più chiaramente le caratteristiche musicali del rock progressivo, nelle sue numerose accezioni.

 

Genesis – Introduzione

Questo libro è molto particolare, in quanto si racconta nei dettagli – seppur a distanza di anni – la favolosa carrellata  che da “From Genesis To Revelation” conduce a “The Lamb Lies Down On Broadway“. Non mancano, quindi, anche informazioni personali ed aneddoti tramite i quali è possibile comprendere in modo più profondo la personalità di ciascun membro del gruppo.

Genesis
La copertina del libro: Genesis – Gli anni Prog

Infatti, parafrasando Giammetti, anche il fan più navigato non potrà fare a meno di annotare, pur accanto alle ovvie e inevitabili ripetizioni, un fiume di informazioni mai emerse prima, comprese piccole ruggini che sembravano sepolti nella polvere da decenni e che invece ogni tanto riemergono, seppur filtrate dal più classico degli aplomb britannici.

Genesis (Gli anni Prog) – Prefazione

La prefazione del libro è curata dal tastierista Tony Banks, il quale esprime, tra le altre cose, un profondo apprezzamento nei confronti dell’Italia: “Quando registrammo per la prima volta insieme, durante le vacanze scolastiche del 1967, prima ancora che ci chiamassimo i ‘Genesis’, non immaginavamo certo che la band avrebbe proseguito in una forma o nell’altra per i successivi 40 anni, tantomeno che sarebbero stati scritti dei libri su di noi.

Il fatto che questo volume dedicato al nostro primo periodo arrivi da una penna italiana è appropriato, dato che l’Italia fu uno dei primi Paesi che apprezzò i Genesis. Ci sono stati molti cambiamenti nella formazione della band, la maggior parte dei quali trattati in questo libro. Il fatto che io e Mike saremmo stati gli unici due a restare fin dall’inizio non era certo prevedibile, dato che ai tempi delle prime registrazioni ci conoscevamo appena.

La defezione più difficile da superare per la band, in questa fase, fu quella di Anthony Philips. Eravamo ancora piuttosto sconosciuti e lui era stato probabilmente il motore principale della formazione del gruppo, essendo il più convinto a diventare professionista. Tuttavia con i successivi innesti di Steve, e soprattutto di Phil, iniziammo a suonare molto meglio, il che ci rese molto più semplice andare avanti.

Questo libro tratta il periodo che arriva fino alla partenza di Peter: un momento epocale nella nostra storia, più facile da superare rispetto all’addio di Ant, perché nel frattempo ci eravamo costruiti un certo seguito. Eravamo consapevoli, durante il tour di The Lamb Lies Down On Broadway, che Peter se ne voleva andare, e così avemmo il tempo di prepararci.

L’unico problema era trovare un cantante! Ripensando a questi vecchi album, quelli che per me emergono sono Foxtrot e Selling England By The Pound. Il primo LP, From Genesis To Revelation, sembra quasi sia stato inciso da un altro gruppo; nei due successivi ci sono alcuni momenti notevoli, in particolare Stagnation, The Musical Box e The Fountain Of Salmacis, ma erano un po’ meno consistenti.

Fu durante quel periodo che suonammo per la prima volta in Italia, che sarebbe presto diventata una delle nostre destinazioni preferite. Il pubblico là sembrava più ricettivo verso le nostre storie elaborate, le sequenze di accordi e i tempi ritmici. E poi naturalmente c’erano il cibo e il clima. In Italia suonavamo per migliaia di persone, quando in Inghilterra facevamo ancora fatica a riempire piccoli locali.

E alcune canzoni furono ascoltate in Italia prima che altrove, ad esempio Watcher Of The Skies, che suonammo durante un tour prima ancora di averla registrata. Ricordo un concerto a Siena al Palasport, dove iniziammo lo spettacolo appunto con Watcher: l’introduzione sembrava davvero grandiosa in quella location dall’eco avvolgente ma appena entrò la batteria l’amalgama sonoro divenne confuso, e credo che così sia rimasto fino alla fine del concerto.

Sfortunatamente  poi, dopo un po’ di problemi con il pubblico a Milano e a Roma, per qualche anno non potemmo più suonare in Italia, un Paese che comunque ha sempre avuto un posto speciale nei nostri cuori per essere stato il primo ad apprezzarci veramente.

Surrey, maggio 2013

Stagnation – Genesis

Per quanto riguarda l’album Trespass, ecco l’analisi completa della mia canzone preferita, “Stagnation”, raccontata dagli stessi Genesis:

Parzialmente composta da Ant e Mike in casa Philips, questa canzone viene incisa per la prima volta, in forma di demo, proprio nello studiolo domestico di Ant e Sent Barns, nell’agosto del 1969.

Philips:La maggior parte è basata su sezioni di chitarre a 12 corde composte nella primavera del 1969. Ci sedevamo nella cucina della casa dei miei (non so perché ma la cucina aveva un sound migliore) e componevamo molto, soprattutto durante l’estate, quando provammo pezzi diversi e facemmo audizioni per il batterista. Avevamo un brano di nome “The Movement”, una specie di lungo esperimento. Non andava davvero da nessuna parte ma da lì arrivarono alcune delle idee poi inserite in Stagnation: togliemmo una sezione con le chitarre a 12 corde e Tony non si limitò a inserire un assolo ma lavorò con l’organo fin dall’inizio.

Banks:Si sviluppò da un pezzo che, piuttosto pretenziosamente, avevamo chiamato The Movement e che avevamo lungamente provato e sviluppato prima di eseguirlo dal vivo. A un certo punto arrivò a durare 30 minuti. Venne un po’ condensato e alcune parti furono tagliate ma la prima vi restò, per noi era davvero un pezzo chiave.

Gabriel:Iniziò come un brano di Ant e Mike al quale aggiungemmo dei pezzi, come in un viaggio musicale. Non seguiva la struttura convenzionale strofa – ritornello ma attraversava varie fasi, cosa che mi interessava allora e continua a interessarmi adesso, particolarmente nelle colonne sonore che scrivo per i film. Molti dei miei brani musicali preferiti, come ascoltatore, mi portano in mondi sonori ricchi di cose non incontrate prima, o misture mai provate: era quello a cui aspiravamo  e penso che questa sia stata una delle canzoni che più di altre furono uno sforzo di gruppo.”

Il brano si apre con gli incredibili incroci di varie chitarre a 12 corde suonate da Ant e Mike con accordature aperte.

Banks:L’influenza  folk dei Fairport Convention e lo stile delle chitarre acustiche era grande. Ant e Mike le suonavano assieme intersecando armonie  che creavano una parte importante del primo stile, e sicuramente questo portò all’inizio di quella che probabilmente è la migliore canzone dell’album, Stagnation, poi sviluppata da tutto il gruppo. Credo che fosse una cosa piuttosto unica, nessuno faceva cose simili allora. Ma le radici arrivavano dai Fairport.

Dopo l’ingresso del canto sommesso e di alcuni colpi ovattati di tom, il primo vero e proprio assolo della carriera di Tony Banks prende sonorità decisamente strane tramite il suo organo, con un trucchetto per la nota discendente che si ascolta a 2’09” della versione rimasterizzata.

Philips:Tony otteneva quell’effetto semplicemente  spegnendo l’organo e poi riaccendendolo. Non c’era una leva per controllare il pitch.  Era buffo ma quella era la sezione più sperimentale. Scoprimmo molti intrecci, tra le 12 corde e l’organo.

Una sezione strumentale nella quale abbondano gli strumenti e gli effetti.

Philips:Non c’è il basso, forse Mike usava i pedali bassi, anche se non sembra il suono di un pedale. In sottofondo si sentono melodie strane, non so bene che cosa siano ma ricordo che Peter suonava la fisarmonica. Questo pezzo deve essere sembrato strano al pubblico, perché non era proprio una canzone: era piuttosto una sorta di decorazione. La cosa adesso sembra originale, ma allora molti devono aver pensato: ‘Ma cosa stanno facendo?’. In effetti Peter non aveva molto da fare, qui. Eravamo principalmente noi con John.”

Dopo un breve intervento del flauto, quando riprende il canto (4’12”), Tony usa per la prima volta il mellotron . Philips: “Dovemmo impegnarci molto per convincere Tony a suonare il mellotron. Non voleva. E, subito dopo, (5’05”), non so da dove arrivò questa sezione basata sulla chitarra, non ricordo se fu adattata dalla melodia di qualcuno o no, credo sia un riff di Mike. Nella sequenza si capisce dove sarebbe arrivata anni dopo I Know What I Like, perché gli accordi sono piuttosto simili.

In effetti, dal 1977 i Genesis uniranno la melodia del flauto di Gabriel sul finale esteso di versioni live di I Know What I Like.

Banks:Peter suonava molto il flauto e per noi era positivo avere uno strumento a disposizione. Bisogna capire che in quei giorni le tastiere erano solo l’organo e il pianoforte. Io poi avevo un fuzz box con il quale distorcevo le parti di piano ottenendo bei suoni ma il flauto di Peter era un’ottima cosa. Certo, non era un gran flautista ma il suo tocco era piacevole e cose come la grande melodia di Stagnation ne sono la testimonianza. In seguito arrivarono i mellotron, i sintetizzatori e tutto il resto, e il flauto finì in secondo piano; ma per lui era anche il modo di fare altro mentre scrivevamo canzoni.  Colpire solo il tamburello poteva essere un po’ frustrante, perché a lui sarebbe piaciuto mettere le mani sulle tastiere più spesso, ma io non glielo permettevo.

Gabriel è l’autore di un testo ispirato dalle possibili conseguenze di una guerra nucleare. Philips: “Mi è sempre piaciuta la frase ‘bitter minnows amongst the weeds and slimy water’ (5’20” – 5’30”). Un buon testo, che Peter cantava facendo passare la sua voce in un tubo stretto, suonando come se fosse sott’acqua.” 

Banks:All’epoca c’era l’abitudine di tenere la voce molto bassa nella prima strofa, e penso che qui esagerammo: il canto si sentiva a malapena. Adesso, con i remix, improvvisamente c’è.

Con i mix in 5.1, poi, si possono posizionare meglio le chitarre, sebbene per questo album furono necessari molti premixaggi. Nella versione originale la base sonora era parecchio debole e non si poteva fare molto.”

GENESIS – GLOSSARIO TERMINOLOGIA MUSICALE:

Come moltissime band e musicisti degli anni 70′, anche i Genesis si dimostrarono profondi cultori della tecnica. Qui sotto, riporto alcuni termini musicali e il loro significato.

  • Tom-tom: detto anche semplicemente tom in italiano, è un tamburo di forma cilindrica chiuso alle estremità da due membrane tese, le pelli, detti battente e risonante.
  • Pitch: in musica, il pitch shift indica un cambiamento di frequenza della nota musicale, ridotta o aumentata di una certa quantità. Tale effetto può essere ottenuto, ad esempio, tramite delle chitarre.
  • Fuzzbox: il termine fuzz è riferito ad un particolare tipo di distorsione musicale, generalmente riprodotta su chitarra e basso elettrico. Il pedale che permette l’ottenimento di tale effetto e detto fuzzbox (letteralmente “contenitore di lanugine”).
  • Riff: indica una successione di note che costituiscono una melodia di senso musicale compiuto che si ripete frequentemente all’interno di una composizione e che viene utilizzato di solito come accompagnamento.

Infine, ecco un’analisi interessante dell’album Trespass:

Analisi semiotica del progressive-rock: Stagnation

 

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

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