Febbraio in musica – Atmosfere prog/rock – pop/rock – folk/blues

Ormai è tradizione consolidata che io posti articoli specifici afferenti il mondo musicale e questo, a detta di alcuni, potrebbe forse rappresentare il preludio di una futura “monotematicità” di “Passion Is Life”. Ma per mia e per “vostra fortuna” potere stare tranquilli, non lo sarà mai, poiché ho fin troppe cose di cui (s)parlare con voi… Comunque, credo proprio che per il momento sarà la musica l’argomento principale del mio blog… Anche nel mese di Febbraio, “le nostre band preferite” ci propongono degli album musicali a dir poco interessanti. Dal prog rock contaminato da altri generi musicali, a quello “principe” decantato dai “gruppi maggiori”, arriveremo alla musica elettronica per poi volgere la nostra attenzione persino al blues/rock n’ roll. Insomma, anche questa stavolta avremo a disposizione un arsenale di album di spessore medio-alto che di sicuro potremmo imparare ad apprezzare pienamente soltanto a seguito di un congruo numero di ascolti.

 


 

9 Febbraio 1970

 

The future’s uncertain and the end is always near…

(“Il futuro è incerto e la fine è sempre vicina…”)

Roadhouse Blues

 

Anche stavolta, partiamo da un tipo di musica dai toni decisamente oscuri (la frase sovrastante la dice lunga!): quella dei The Doors, che in questa data pubblicarono Morrison Hotel. Diciamocelo chiaramente: abituata come sono al “progressive rock” il blues non è proprio il mio genere e mi è stato difficile ascoltare tutto il disco. In effetti, credo di essermi fermata più o meno verso la metà… La critica definisce questo album nettamente inferiore ai lavori precedenti, nonostante la cura dimostrata negli arrangiamenti che compongono le canzoni.

Per quanto riguarda i testi, questi non si dimostrano particolarmente ricchi di significato, ma i fatti parlano chiaro: con questo album,  la band guadagnò il quinto disco d’oro consecutivo. A detta di molti, questo lavoro risulta essere uno dei migliori della storia del rock blues. La prima traccia del disco, “Roadhouse Blues”, comunque, è quella che senz’altro sceglierei come simbolo dello stesso. Già, il grandioso riff iniziale di chitarra mi ha conquistata…

19 Febbraio 1971

Si ritorna al prog classico con il terzo album degli Yes: The Yes Album.  I tempi non sono ancora abbastanza maturi perché il gruppo ci proponga delle tracce indimenticabili, sebbene in esso s’intravedano i tipici sintomi del concepimento di un grande capolavoro che non tarderà ad arrivare. Nello stesso anno, infatti, verrà prodotto “Fragile”, album che sancirà a tutti gli effetti il raggiungimento del periodo d’oro degli Yes, che si protrarrà fino a “Close To The Edge”. Nel terzo album degli Yes si affaccia indubbiamente il futuro raggiungimento di una  tecnica sofisticata forse segnata in larga parte dal nuovo arrivato, il mitico chitarrista Steve Howe.

La traccia che più mi ha colpito dell’album è I’ve Seen All Good People, che tra l’altro si compone di due parti a dir poco interessanti. La prima, dal titolo “Your Move”, sembra essere ispirata al libro dello scrittore e matematico Charles Lutwidge Dogson (Lewis Carrol!) “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò” ed è incentrata sul gioco degli scacchi. La seconda parte, “All Good People”, non è altro che il seguente motivetto più volte reiterato, accompagnato da una melodia simile al rock’n roll:

 

I’ve seen all good people turn their heads each day so satisfied… I’m on my way…

 

1 Febbraio 1973

 

You rise upon a black day, coming from a mile away

And every time I hear you say, that I don’t have to be this way…

(“Ti alzi in una giornata nera, proveniente da un miglio di distanza… Ed ogni volta ti sento dire che non dovrei ritrovarmi in questo modo…”)

 

Shoot Out At The Fantasy Factory

 

Viene prodotto il sesto album della discografia dei Traffic: Shoot Out At The Fantasy Factory. Un album abbastanza particolare condito da un esiguo carattere “progressive” congiunto alle atmosfere folk/jazz/funk tipiche del gruppo britannico. Molto spesso, la musica dei Traffic risulta difficilmente interpretabile se paragonata ad altri gruppi musicali. Effettivamente, ci troviamo all’interno di un contesto storico/musicale nel quale figurano album dallo spessore e dalle peculiarità ben definite, altrettanto contornate dagli “schemi classici” che le rappresentano e che le rendono uniche.

Ciononostante, i Traffic continuano a mostrarsi ben felici di conservare la propria individualità e noi ne siamo altrettanto fieri. D’altronde, credo sia impossibile non apprezzare degli slanci musicali nei quali si delinea un alto grado di competenza artistica. In alcune tracce (per esempio in “Evening Blue”) si respira un’atmosfera decisamente malinconica che si contrappone alla vitalità delle altre: prima tra tutte, il brano omonimo al titolo dell’album. 

Ovviamente, la qualità delle tracce che compongono l’album non eguaglia il capolavoro “John Barleycon Must Die”, ma probabilmente, attraverso un discreto numero di ascolti, Steve Winwood potrebbe convincerci della bontà dell’album, sebbene lo stesso possa apparire, per certi versi, meno ispirato rispetto ai precedenti (che la traccia Sometimes I Feel (So) Unispired ne sia la prova?). La copertina dell’album – dai toni cromatici abbastanza allegri rappresentati dalle cravatte colorate dei misteriosi “omini” raffigurati con dei piccoli cappellini di feltro – è sicuramente una delle più curiose copertine create per gli album del gruppo.

13 Febbraio 1976

 

Ripples never come back…

“Le onde non tornano mai indietro…”

Ripples

 

Un grande classico della “letteratura genesisiana” nasce a seguito dell’incredibile dipartita di Peter Gabriel, instillando nel pubblico uno scetticismo ben presto smentito da un album senza tempo e dal carattere squisitamente progressive ma decisamente all’avanguardia, colmato qua e là da qualche sprazzo pop/rock: A Trick Of The Tail. Un titolo magnifico accompagnato da un’altrettanto grandiosa copertina nella quale viene raffigurato il diavolo (qui definito “Squonk!”) nelle sue diverse sfaccettature – o almeno, questa è la mia interpretazione -. In effetti, tale copertina rappresenta, in realtà, tutti i personaggi ispirati alle liriche di questo grandioso lavoro nel quale Phil Collins è riuscito ad imprimere il suo marchio di fabbrica, nonché a scongiurare le agghiaccianti premonizioni che vedevano il gruppo ormai prossimo allo scioglimento.

Nelle tracce che lo compongono permea il medesimo senso di magia che caratterizza i lavori precedenti. Una sincera malinconia mescolata all’ideale della felicità tanto agognata, un ideale che si scontra inevitabilmente con una realtà dalle molteplici sfumature. Insomma, qua il gioco si fa davvero duro… Ricordo perfettamente l’emozione che provai quando mi apprestai alla scoperta di questo album. Fu amore al primo ascolto. In particolare, la traccia “Dance On A Volcano” mi aveva impresso un entusiasmo davvero incredibile. Ma non avevo ancora scoperto il meglio… “Entangled” e “Mad Man Moon”, per esempio. Cosa possiamo dire, invece, di “Ripples” e di “Los Endos” (omaggio a Carlos Santana)? In verità, nulla che possa essere all’altezza dell’appassionato ascolto delle stesse: effettivamente, queste tracce (ci) parlano già da sole.

7 Febbraio 1984

 

Well even the longest night won’t last forever…

…But too many hopes and dreams won’t see the light.

And all of the plans I make won’t come together…

Prime Time

 

Anche la notte più lunga non durerà in eterno…

…Ma troppe speranze e sogni non vedranno la luce…

…E tutti i progetti che faccio non si avvereranno insieme.

Prime Time

 

Anche questa volta, Gli Alan Parsons Project ci propongono un album ricco di spunti correlati all’inquinamento provocato dal mondo dell’industrializzazione e dalla copertina a dir poco curiosa. Il titolo dell’album è infatti Ammonia Avenue e fa riferimento all’impianto petrol-chimico di Middlesborough. Come di consueto, il sound di cui si avvale il gruppo è inconfondibile, marchiato dal forte “tecnicismo parsoniano”. Woolfson, Zakatek, Raimbow, Blunstone… Tutti questi vocalist, congiuntamente alle strumentazioni, contribuiscono alla riuscita di un album che guadagnò il disco d’oro, rimanendo primo in classifica per oltre venti settimane in Olanda.

Personalmente, trovo a dir poco difficile disprezzare anche soltanto una canzone di questo album. Le stesse mi hanno letteralmente conquistato e sono davvero molto felice di potermi ancora sorprendere… Molto spesso, rapportandoci con eventuali accadimenti (sia essi positivi che negativi) che appartengono alla nostra o all’altrui realtà, non ci si stupisce quasi più di nulla, perché questo stesso mondo può alimentare come spegnere il nostro entusiasmo quando meno ce lo aspettiamo. Questo è soltanto uno dei tanti motivi che mi spingono giornalmente a scoprire “nuovi” ed interessanti lavori musicali afferenti al passato.

A mio avviso, lo stupendo e malinconico finale scandito dalla voce di Woolfson vale tutto l’album (di sicuro, in futuro gli dedicherò un articolo più approfondito), insieme alle irrinunciabili tracks “Prime Time”, “Don’t Answer Me” e la strumentale “Pipeline”. In particolare, nel video ufficiale di “Don’t Answer Me” “si racconta” di una tortuosa relazione d’amore – in “formato fumetto” che, tra l’altro, nello stile mi ricorda molto la serie “Tex” – dallo squisito lieto fine.



Is there no sign of light as we stand in the darkness?
Watching the sun arise

Is there no sign of life as we gaze at the waters?
Into the strangers eyes

 

“Non c’è traccia di luce
mentre stiamo in piedi nell’oscurità?
Guardando il sole sorgere…”

“Non c’è traccia di vita
mentre guardiamo fissi le acque?
Negli occhi degli estranei…”

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

2 Risposte a “Febbraio in musica – Atmosfere prog/rock – pop/rock – folk/blues”

  1. Non conoscevo Shoot Out At The Fantasy Factory, ma mi piace molto quella copertina, è davvero simpatica!
    Si lega anche bene al videoclip hard-boiled alla Dick Tracy di Don’t Answer Me, che mi ha sempre fatto molto divertire, una simpatica rivisitazione in un disco a tema chimico.

    1. Già, tra l’altro è stata la copertina stessa che mi ha spinto ad ascoltare l’album… Quanto a Don’t Answer Me, la prima volta che vidi il video ne rimasi davvero stupita… A riprova di ciò, ascoltai la canzone e lo visionai per almeno quattro volte di fila!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *