Fahrenheit 451: il lato oscuro del fuoco

  • In questo articolo riporto una recensione – scritta molto tempo fa – di un libro che considero uno dei maggiori capolavori della letteratura contemporanea statunitense: “Fahrenheit 451”. Scritto nel 1953 da Ray Bradbury, si tratta di un romanzo in cui si analizzano le dirette conseguenze di un distopismo che, in un prossimo futuro, potrebbe realizzarsi senza un giusto ed adeguato controllo del potere politico, troppo spesso considerato come strumento dedito all’esercizio della tirannia.

Fahrenheit 451: il fuoco è luce e soprattutto purificazione!

“E ho pensato ai libri. E per la prima volta mi sono accorto che dietro ogni libro c’è un uomo. Un uomo che ha dovuto pensarli. Un uomo a cui è occorso molto tempo per scriverli, per buttar giù tante parole sulla carta. Ed è un pensiero che non avevo mai avuto, prima di questa notte…”

( Montag ~ Fahrenheit 451 )

È con queste precise e profonde parole che avviene la trasformazione interiore di Montag, un vigile del fuoco, il cui compito non è spegnere gli incendi e salvare le vite umane, ma di appiccarli, al fine estinguere il frutto della conoscenza e distruggere quindi la cultura mondiale che ha sempre esortato l’uomo a riflettere su se stesso, sugli altri e su tutto ciò che lo circonda. Come scritto nella primissima pagina del romanzo, esegue questo compito provando una “gioia speciale” nel vedere le cose annerite, annebbiate, diverse,

In questo libro, l’emblema principale della distruzione è il fuoco, definito strumento di purificazione e liberazione riguardo al “problema culturale”. Inoltre, il titolo “Fahrenheit 451” rimanda alla temperatura attraverso la quale veniva bruciata la carta e, appunto, i libri.

Che cosa c’è di tanto adorabile nel fuoco? Qualunque età abbiamo, che cosa ci attira di esso? È il moto perpetuo, la cosa che l’uomo ha sempre voluto inventare, senza poterlo mai. O il moto quasi perpetuo. Se lo lasci ardere, brucerebbe per tutta la durata della nostra vita. Che cos’è il fuoco? È un mistero. Gli scienziati ci dicono un monte di assurdità complicate relativamente a frizione e molecole. Ma non lo sanno realmente. La sua vera bellezza è nel fatto che il fuoco distrugge responsabilità e conseguenze. Un problema diventa troppo arduo? Presto, gettalo nelle fiamme e non se ne parli più”.

Questa frase è quella che maggiormente descrive la funzionalità del fuoco, impiegato esclusivamente per garantire la  devastazione del sapere scientifico, letterario, culturale.

Infatti, secondo lo stato, solo in questo modo è possibile praticare  “il controllo delle masse”, abbandonando gli uomini ad un contesto di totale ignoranza e di asocialità che impedisce loro di prendere il controllo di se stessi nonché di elaborare idee che siano frutto del loro unico pensiero.

Perché cultura significa apprendimento, ma anche libertà di giudicare ciò che si legge o si ascolta. Infatti, i grandi classici della letteratura o di divulgazione scientifica aprono e sviluppano la mente umana, favorendo occasioni di contatto e di scambio anche tra strette cerchie di persone.

In Fahrenheit 451 invece, alla cultura viene assegnata un’etichetta fortemente negativa: essa viene vista come un pericolo, un ostacolo da abbattere su tutti i fronti e a qualsiasi costo.

Bruciamo tutto, bruciamo ogni cosa! Il fuoco è luce e soprattutto purificazione”. Al contrario di ciò che afferma il capitano Beatty, Il fuoco simboleggia il mondo delle tenebre e  distrugge quella luce che può invece rivoluzionare il mondo.

Ora, verrebbe da chiedersi: che cosa ha spinto Montag al conseguimento di questa evoluzione totale, tanto da avere, improvvisamente, un bisogno impellente di difendere la cultura, un valore che ha sempre e disprezzato con tutto se stesso?

Oppure, dentro di sé c’era già qualcosa che lui ignorava, qualcosa che lo spingeva al cambiamento, ma che ha sempre voluto mascherare? Come già detto, provava una gioia indescrivibile nell’incendiare le case, con tutti i libri all’interno…

Non si era mai domandato che cosa spingesse alcune persone comuni ad amare la cultura e a sacrificare la propria vita per essa.

Nemmeno per un istante.

Ma, proprio quando meno se lo aspettava, qualcosa di diverso stava cominciando ad albergare nel profondo del suo cuore. O meglio, qualcuno lo stava guidando in modo naturale a questo cambiamento. Clarisse, una ragazza diciassettenne, amante del mondo, della natura, considerata diversa dagli altri solo perché possiede la dote di assaporare ogni cosa della vita. Una ragazza semplice, che si stupisce semplicemente guardando la luna nel cielo.

Parlando con lei, Montag scopre giorno dopo giorno il valore inestimabile della vita, e comincia a farsi domande sul vero contenuto dei libri e sul significato del suo lavoro. Clarisse sembra l’unica persona ad accorgersi della diversità e dei veri sentimenti di Montag, in contrasto con ciò che la società distopica gli impone.

“Come avete cominciato, come siete potuto entrare in quel corpo? Come è stato che avete scelto questo lavoro e come avete potuto pensare di iniziare la vostra attività? Perché non siete come gli altri. Quando parlo, voi mi guardate. Voi siete uno dei pochissimi che mi danno retta. Ecco perché mi sembra strano che siate nelle squadre d’incendio. Non mi pare giusto, in qualche modo è una cosa che non vi somiglia”.

Inizialmente, questo e altri discorsi non sembrano turbare minimamente Montag, almeno fino a quando lui, i suoi compagni e il suo capitano Beatty si ritrovano ad incendiare una casa. Ma non solo: anche una vecchia signora che non sopporta l’idea di vivere senza i suoi libri.

Nonostante i numerosi tentativi, Montag non riuscirà a salvarla. Proprio allora, egli comincerà a farsi delle domande e, d’istinto, ruba uno dei libri che si trovano nella casa della donna nascondendolo nella sua casa. Montag profondamente turbato, non può fare altro che confidarsi con sua moglie Mildred esternando, per la prima volta, le sue vere emozioni.

 

“Tu non c’eri stanotte, non l’hai veduta. Ci deve essere qualcosa di speciale nei libri, delle cose che non possiamo immaginare, per convincere una donna a restare in una casa che brucia. È evidente!”

 

Mildred: “Doveva essere una sempliciotta, quella donna”.

 

“Ragionava bene, meglio, forse di te e di me, eppure l’abbiamo arsa viva”.

 

Mildred: “È acqua passata ormai”.

 

“Macchè acqua! Fuoco, vorrai dire. Non hai mai visto una casa in preda alle fiamme? Continua a bruciare, quando tutto sembra finito, per giorni e giorni. Ebbene, quell’incendio continuerà per me fino all’ultimo giorno della mia vita. Dio! Ho cercato di estinguerlo, nella mia mente, per tutta la notte. Sono mezzo impazzito, per tentare”.

 

Mildred: “Avresti dovuto pensarci, a tutto questo, prima di diventare un incendiario”.

 

“Pensarci! Mi è stato mai concesso di scegliere? Mio nonno e mio padre erano vigili del fuoco. Perfino in sogno, facevo come loro”.

 

In questo frammento del libro, si comprende come la scelta di diventare un vigile del fuoco non sia stata per Montag una sua vera e propria decisione, bensì frutto di un condizionamento familiare che lo ha condotto alla programmazione della sua intera esistenza, piena di monotonia e alienazione.  Per la prima volta, era arrivato a domandarsi: era davvero felice? No, non lo era…

Voglio definire questa strana situazione. Dio, è una cosa più grande di me. E non so bene che cosa sia! So che sono maledettamente infelice. Sono furente e non so perché. Potrei perfino mettermi a leggere libri. Hai sentito quello che ha detto Beatty? Lo ascoltavi mentre parlava? Ha sempre la risposta pronta, quello! Ha ragione, la felicità è importante. Lo svago è tutto. Eppure io continuavo, seduto là nel letto, continuavo a dirmi: non sono felice, io non sono felice!”.

Montag comincia così a leggere pagine del libro rubato, insieme a sua moglie, che al contrario disapprova questa situazione, perché sa bene che i due potrebbero ben presto essere scoperti dal capitano Beatty, che si sta accorgendo da tempo del cambiamento ambiguo di Montag.

All’improvviso, leggendo il libro, Montag si imbatte in una frase di impatto forte e significativo: “È stato calcolato che circa undicimila persone hanno, in diverse occasioni, patito la morte piuttosto che assoggettarsi a imposizione anche minime”.

In questa citazione, si capisce il valore del pensiero e la sua forza, il senso della vita. Montag comprende finalmente che cosa significa combattere per un ideale importante non solo per se stesso, ma anche per gli altri. Per il mondo intero.

E, allo stesso tempo, pensa a Clarisse, l’unica persona che è riuscita a vedere in lui un lato che nessuno prima, compresa sua moglie, era riuscito mai a scoprire… Ma purtroppo, Clarisse morirà, investita da un pirata della strada.

“Ma l’argomento che Clarisse preferiva non era se stessa. Era ogni altra persona al mondo, e me. Era stata la prima persona da non so quanti anni che mi piacesse realmente, la prima persona che io possa ricordare che mi guardava dritto negli occhi come se contassi qualche cosa”.

È soprattutto grazie a Clarisse che Montag trova la forza di reagire, provando a cambiare il mondo e conseguentemente la sua esistenza.

Riesce a rintracciare un ex professore di lettere, Faber, il quale si allea con Montag ed escogita un piano per salvare la cultura e preservare copie dei manoscritti antichi da lui posseduti.

I due si confrontano e discutono a lungo dei libri e del loro inestimabile valore. Alcune frasi sono infatti particolarmente significative e, a mio giudizio, di una bellezza indescrivibile: “Forse i libri possono aiutarci a uscire un po’ da queste tenebre. Potrebbero impedirci di ripetere sempre gli stessi errori pazzeschi!”.  persino il loro odore, a detta di Faber, è speciale: “Sapete che i libri hanno un po’ l’odore della noce moscata o di certe spezie d’origine esotica? Amavo annusarli, da ragazzo.”

Montag riflette nuovamente sul senso della vita e sulla vera felicità: “Non lo so. Abbiamo tutto per essere felici, ma non siamo felici. Manca qualche cosa. Mi sono guardato intorno. La sola cosa che abbia visto mancare positivamente sono i libri che io avevo bruciato in questi ultimi anni. E allora ho pensato che i libri forse avrebbero potuto essere utili”.

E qui la risposta pronta e filosofica di Faber: “Voi siete un romantico irrimediabile. Non sono i libri che vi mancano, ma alcune delle cose che un tempo erano nei libri. Non c’è nulla di magico, nei libri; la magia sta solo in ciò che essi dicono, nel modo in cui hanno cucito le pezze dell’Universo per mettere insieme così un mantello di cui rivestirci. La nostra civiltà sta disperdendo se stessa. L’importante è tenersi lontani dalla forza centrifuga che la distrugge”.

Faber e Montag decidono poi di tenersi in contatto attraverso un auricolare nascosto e quando quest’ultimo torna a casa, rimane profondamente disgustato nel vedere la moglie e le sue amiche intrecciare dei discorsi insulsi.

Così, preso dall’ira e dallo sgomento, legge loro un libro in cui ci sono delle poesie. “Cosa volete fare, ora? domanda la signora Phelps. Leggerci un po’ di teoria incendiaria?”

Montag risponde: “Teoria incendiaria un cavolo, questa è poesia”. Tutto questo turba non poco le signore, soprattutto sua moglie.

Successivamente, quando Montag è costretto a tornare al lavoro, scopre che il suo capitano sa già tutto. Egli lo accoglie duramente, ma in parte sembra felice che sia rientrato nella squadra: “Bene, ecco venire avanti uno stranissimo animale che in tutte le lingue è chiamato idiota”. Porse la mano, con la palma verso l’alto, come per ricevere una mancia. Montag vi depose il libro. Senza nemmeno dare un’occhiata al titolo, Beatty gettò il libro nella cesta dei rifiuti e accese una sigaretta. “Coloro che sono saggi in parte, saranno gli idioti migliori. Bentornato, Montag”.

Come traspare da queste parole, il capitano cerca di provocare Montag tentando di convincerlo di aver fatto la scelta giusta, dicendogli che la cultura emana una profonda tristezza e che nelle parole ben di rado può trovarsi l’intelligenza: “Le parole son come foglie e dove di più abbondano ben di rado si trova molto frutto d’intelletto”.

Montag doveva assolutamente rimanere calmo, almeno fin quando lui e Faber non avessero trovato una soluzione al problema. Quando suona l’allarme, Montag e gli altri si preparano per andare a bruciare l’ennesima casa.

All’improvviso, Montag si accorge che la casa aveva un’aria familiare. ERA LA SUA. Pensa immediatamente che sua moglie doveva aver dato l’allarme al capitano, dato che ella era fuggita e lo aveva abbandonato.

Suo malgrado, Montag si vede costretto a bruciare la sua dimora, con tutti i libri che aveva conservato in quegli ultimi tempi. È in questo momento di “spannung” – cioè momento di massima tensione –  che Montag incendia anche il suo capitano Beatty, al fine di difendere se stesso, per non farsi catturare e per non rinunciare alle sue speranze.

“Beatty, tu ora non rappresenti più un problema. Lo dicevi sempre: ‘Un problema non va affrontato, ma bruciato’. Bene, ora ho fatto le due cose. Ti saluto, capitano”.

Stavolta il fuoco viene utilizzato come arma di difesa, ma in Fahrenheit 451 la sua simbologia è comunque distruttiva. Inizia così una vera e propria caccia all’uomo, e Montag si riesce a rifugiarsi da Faber, il quale gli consiglia di unirsi ad un gruppo di intellettuali ed ex professori. Prima di fuggire, Montag e Faber osservano in televisione tutte le mosse di caccia della polizia, nonché la presentazione del nuovo Segugio Meccanico, un cane metallico programmato per eliminare “i nemici della società”.

In quel momento, Montag immagina se stesso morente nelle grinfie del Segugio: “Chi sa se avrebbe avuto il tempo di fare un discorso? Mentre il Segugio lo azzannava, alla presenza di venti o trenta milioni di spettatori, non avrebbe potuto riassumere tutta la sua vita di quella settimana in una sola frase, o in una sola parola, che restasse loro impressa nella memoria molto tempo dopo che il Segugio, afferratolo con le fauci metalliche, se lo fosse portato via trotterellando nelle tenebre? Che cosa avrebbe potuto dire in poche parole che potesse ferire, graffiare tutte quelle facce e svegliare tutta quella gente alla realtà?”.

Così Montag fugge e riesce a far perdere le proprie tracce percorrendo il fiume. La polizia, non accettando l’esito fallimentare della caccia al vero colpevole, cattura un innocente, spacciandolo per Montag e la ricerca si conclude.

Nel frattempo, Montag viene accolto dal nuovo gruppo di letterati, e scopre che ognuno di essi conserva nella propria memoria libri riguardanti la letteratura e pezzi di altri libri, al fine di preservare e diffondere la cultura umana custodita per generazioni.

Mentre loro si incamminano, la città viene demolita dai bombardamenti, segno dell’inizio della guerra. Tutto viene distrutto, ma la cultura rimane l’unica cosa inattaccabile, nonché l’unica speranza di cambiare il mondo, in un mondo accecato d’odio e dal disprezzo dei valori caratteristici di ogni persona.

Infatti, alla fine del romanzo, Montag recita a mente alcuni versi della Bibbia che aveva imparato a memoria, incamminandosi insieme agli altri: “E sull’una e sull’altra riva del fiume v’era l’albero della vita che dava dodici specie di frutti, rendendo il suo frutto per ciascun mese; e le fronde dell’albero erano per la guarigione delle genti.”

Questa conclusione piena di speranza, insegna all’uomo ad apprezzare il vero valore dei libri e della cultura,  a comprendere appieno il messaggio che essi trasmettono, ad esercitare e a scoprire il vero senso della vita, in modo che tutti abbiano uno scopo che li spinga ad andare avanti, anche controcorrente, nonostante le difficoltà che si possono incontrare.

Perché a volte la felicità si nasconde anche dietro le piccole cose, che apparentemente possono sembrare insignificanti. A volte basta guardare la natura, e trarre ispirazione da essa… O guardare le stelle per capire che ogni stella equivale ad un nostro sogno, e che ogni nostro sogno, equivale ad una futura realtà che potrebbe rivoluzionare il mondo e noi stessi.

Fahrenheit 451 e 1984

Fahrenheit 451 presenta delle somiglianze con un altro romanzo molto celebre, scritto da George Orwell nel 1849, ovvero “1984”. Anche in tale romanzo, la presenza dirompente della tecnologia si fa strada nella mente del dittatore “Big Brother” ovvero “Grande Fratello”, cui tutti devono assoluta obbedienza e rispetto. A tratti, comunque, il romanzo di Orwell risuta ancora più agghiacciante, soprattutto per la presenza del volto di tale dittatore dipinto in ogni angolo delle  città e delle palazzine. La dimensione del controllo assume un’importanza sempre più forte, così come il vero e proprio regime dittatoriale di cui “Big Brother” si fa portavoce.

Anche in questo caso, il titolo assume un’importanza fondamentale: 1984 non rappresenta, infatti, il periodo storico in cui vive lo scrittore Orwell ma, al contrario, l’anno futuro in cui potrebbe realizzarsi ciò che egli ha scritto nel romanzo. Il titolo è, quindi, una sorta di avvertimento che lo scrittore vuole lanciare all’umanità, affinché questa si risvegli dal torpore mentale e possa conseguentemente rivalutare il progresso e implicazioni negative ad esso derivate.

Al seguente link, è possibile vedere molte altre differenze tra i due romanzi, nonché numerosi dettagli inerenti la trama e i personaggi:

1984 e Fahrenheit 451

Fahrenheit 451
Fahrenheit 451
Fahrenheit 451
Fahrenheit 451 e 1984: quando i libri sono i peggior nemici della società.
Fahrenheit 451
Bruciare la cultura e, al contempo, fare a pezzi la propria identità, le proprie radici e i propri sogni… Ecco, è questa l’essenza di Fahrenheit 451: far comprendere all’umanità che l’eliminazione della cultura promuove soltanto ignoranza, nonché la nostra stessa distruzione.

 

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

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