Che fine ha fatto la (vera) musica italiana?

Renato Zero ha appena terminato il suo spettacolo e ringrazia sentitamente il suo pubblico con la sua solita riconoscenza, accompagnata da una giusta dose di commozione: “Grazie, grazie a tutti!” ripete per almeno un’infinità di volte, finché non si ritira dalla scena proferendo un ultimo saluto e il sottofondo musicale della sua ultima canzone, “Il cielo”, non diventa che un semplice sussurro per poi scomparire del tutto.

Secondo atto: Zero si trova in casa sua, soddisfatto per l’esito dello spettacolo ma davvero affamato. Compone un numero di telefono sul cellulare e chiama il ristorante: 

“No, no, la carbonara no, che l’altra volta m’ha fatto no’ strano effetto… Sì, sì, meglio na cacio e pepe va…”

Tutto il pubblico scoppia a ridere… Ma questo stesso pubblico, così come lo stesso Zero, non sa che tra poco assisterà ad un “miracolo di resurrezione”.

Terzo atto: Zero sta per uscire da casa sua, ma un qualcosa di incredibile lo trattiene da quel “nobile” proposito. Istintivamente vorrebbe fuggire via, crede che si tratti di un incubo, semplicemente di un effetto collaterale dovuto magari alla stanchezza causatagli dal concerto che gli ha concesso ben tre ore di fama. E invece no, è tutto vero: Franco Califano e Lando Fiorini si trovano proprio dinanzi a lui, alquanto desiderosi di parlargli. Zero reagisce con stizza e ben presto quel dubbio comincia a tramutarsi in certezza. Sono proprio loro. No, però non può essere, continua a ripetersi.

Come diamine è possibile?

Lando: “Renato, ascoltaci! Vogliamo parlare con te… Siamo venuti da molto lontano…”

Zero: “Non me frega niente! Andate via! Chi siete? Che cosa volete da me?”

Lando: “Siamo dei fantasmi!”

“Il Califfo” conferma la sua affermazione. Zero è stupefatto e terribilmente spaventato. Comincia ad escogitare un modo per uscire da quell’assurda situazione. Torna nel dietro le quinte e successivamente ricompare sulla scena. Niente da fare, quei due “loschi individui” sono ancora lì. Non riesce ancora a credere a quanto i suoi occhi stanno vedendo.

Lando e Califano: “Ascolta, te vogliamo sentì cantà! In fondo dai, siamo colleghi, e…”

Zero: “Ma colleghi de che? Che voi avete venduto du’ dischi, ma andate via va!”

Il pubblico  – me compresa, ovviamente – è entusiasta e continua ad esternare la propria allegria, ma Zero non ci sta.

“Ao’, io devo andà a magnà!!!” ripete con enfasi ai due fantasmi. “Sennò il ristorante me chiude! E poi potevate venì prima… Cioè ho fatto un concerto pe tre ore…”

Lando: “Lo so, ma semo arrivati tardi… Dai su, non ce caccià… Veniamo da molto lontano.”

Califano: “Io dal Purgatorio, per la precisione.”

Lando: “E io dal Paradiso, ovviamente.”

Zero li guarda dall’alto in basso.

Lando e Califano: “Dai, dacci almeno na’ possibilità… Solo una.”

Zero: “Ma voi siete fantasmi!!!”

Lando: “E allora? Ce so fantasmi e fantasmi…” 

Renato Zero si arrende alla prospettiva del digiuno, e lascia che Lando e Califano inaugurino quell’inaspettato incontro. Ed ecco che piovono canzoni di tutti e tre gli artisti, grandissimi imitatori di Zero, Califano e Fiorini, appunto.

Sarà un successo, uno spettacolo che raramente il pubblico potrà dimenticare. Tutta Roma. Questo il nome del meraviglioso trio, composto da “Daniele si nasce”, all’anagrafe Daniele Quartapelle (imitatore di Zero, appunto), Gianfranco Butinar (Il Califano giovane), Emilio Tagliafino (Lando Fiorini). Tre grandi professionisti che ci hanno fatto rivivere (a me vivere per la prima volta), la grande bellezza della musica italiana, che purtroppo ad oggi sembra si stia avviando verso un punto di non ritorno.

Che fine farà la musica italiana? Anzi, che fine ha fatto?

Dove sono finiti l’allegria, l’ingenuità, la malinconia coniugata alla sottile eppure spessa speranza di poter considerare Roma sempre quella, come afferma Fiorini nella sua dedica ad Anna Magnani, Nannarella?

E che dire di Butinar, (del quale, tra l’altro, mi sono innamorata, eheh…) grandissimo imitatore di Califano che ha trascorso gli ultimi anni della sua vita al suo fianco al fine di assimilarne mimica, voce ed interpretazione? Che dire invece di Daniele, uguale in tutto e per tutto al vero Renato (tanto che se dovessero scambiarsi di posto ad un concerto nessuno noterebbe alcun cambiamento)? Insomma, nella serata del 5 Ottobre, nel mio piccolo paesino, ho avuto la fortuna di assistere a questa meravigliosa interpretazione musicale e originale sceneggiato teatrale fatto di sorrisi, risate e tanta buona musica. Chissà, forse un tempo era davvero così. Si viveva con poco, eppure si era felici. Si viveva di vera musica, di reali speranze.

Accanto ai tre grandi artisti, c’è il pianista Andrea Carta che suona il pianoforte accompagnando le loro canzoni… Ah, un altro mio sogno che chissà semmai realizzerò. Povera me, tutti questi sogni e queste speranze prima o poi bruceranno le mie sinapsi, me lo sento. Il tempo è tiranno, ed io devo sbrigarmi… Posso solamente pensare a questo e continuare a correre, senza fermarmi neppure per un minuto.

Ma ad una condizione: continuerò a correre sullo sfondo della musica italiana e straniera di un tempo che non ho conosciuto ma che al tempo stesso sto conoscendo, anche grazie alla realizzazione saltuaria di spettacoli che ti rimangono dentro, segnandoti in un modo davvero profondo. 

Nell’ultimo atto dello show, Zero si convince finalmente che i due individui siano realmente Lando e Califano. I tre diventano amici e Renato propone loro di organizzare un tour insieme. Immaginano già i titoli che appariranno su tutti i giornali: Zero, Fiorini e Califano: il ritorno (ovviamente riferendosi a questi ultimi due cantanti che non ci sono più ma che hanno lasciato viva traccia di sé in mezzo al caos e alla scarsa qualità della musica contemporanea).

Ma i due amici devono lasciarlo. Purtroppo non possono restare perché devono tornare nel “mondo di lassù”, continuando il loro viaggio ultraterreno. D’un tratto, Zero diventa triste, ma poi comprende la realtà: i due amici volevano lasciargli un messaggio. Un messaggio importante concernente l’amaro destino della musica italiana, ma al contempo la forte consapevolezza che i capolavori del passato resteranno per sempre i capisaldi della nostra città eterna. Ed ecco che mia nonna, seduta di fianco a me, pronuncia le parole che sanciranno la fine di questo emozionante post: “Prima era tutto un canto.”  Annuisco e sorrido, ma allo stesso tempo quel sorriso si tinge di una lieve amarezza. Un’amarezza che sfocia in una battuta che le strappa una risata, ma che comunque rivela ai miei occhi una verità già fin troppo consolidata.

“Eh già… Mo invece è tuttu nu’ pianto.” rispondo, ridendoci sopra ma al contempo riflettendo su quanto sta succedendo intorno a me. Ma non concludiamo il post in questo modo… Per quanto la situazione sembri disperata, occorre soffermarsi su quanto di buono “rimane nel piatto”, ovvero le canzoni dei grandi artisti dell’epoca, perché si sa… Tutto il resto è noia.

 

Il trio della musica italiana: Zero, Califano, Fiorini
Il trio della musica italiana: Zero, Califano, Fiorini

Gianfranco Butinar

Daniele Quartapelle

Mi spiace che il mio blog non mi consenta di porre anche un video di Fiorini poiché stranamente non ne supporta le dimensioni… Stavolta Youtube non mi ha potuto aiutare, comunque ribadisco la bravura di tutti e tre gli artisti, simbolo di una tradizione musicale italiana ormai profondamente consolidata nei nostri cuori e che per fortuna continua a perdurare nonostante il passare del tempo.

 

…Basta ‘a salute e un par de scarpe nove

poi girà tutto ‘er monno e m’accompagno da me…!

 

Lando Fiorini – Tanto pe canta’

 

 

Minuetto suona per noi

La mia mente non si ferma mai

Io non so l’amore vero che sorriso ha

Pensieri vanno e vengono… La vita è così

 

Franco Califano – Minuetto

 

 

Tu spettatore, vuoi davvero ch’io viva il sogno che non osi  vivere te?!

Questa vita ti sfugge se tu non la fermerai

Se qualcuno sorride, tu non tradirlo mai

La speranza è una musica antica, un motivo in più,

Canterai e piangerai insieme a me, dimmi lo vuoi tu?

 

Renato Zero – Più Su

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

4 Risposte a “Che fine ha fatto la (vera) musica italiana?”

  1. Qua temo che ci discostiamo. 🤷‍♀️
    Nella musica sono totalmente esterofilo (prettamente anglofilo e americanofilo). Non mi piace la musica italiana, tranne pochissime cose, che comunque ascolto raramente.
    Califano lo trovavo un personaggio disgustoso, Zero non mi dice nulla e il terzo non so nemmeno chi è.
    Ma per lo meno avevano un perché. Quello che ascoltano oggi i ragazzini (meglio: quello che mi fanno ascoltare in maniera coatta, visto che non usano le cuffie), è semplicemente il male.

    1. Be’ i gusti sono gusti! Sì, anch’io sono prettamente legata a gruppi stranieri ed in particolare al progressive, appunto; però nonostante nutrissi un piccolo pregiudizio iniziale riguardo la scelta dei cantanti imitati nello spettacolo, è pur vero che è stato davvero riuscito (un’organizzazione di ben sei mesi per prepararlo non poteva rivelarsi certo vana!) e che il messaggio propugnato dallo stesso sia stato colto in maniera forte dal pubblico stesso. Io non conosco Califano e Fiorini se non per sentito dire, però ammetto che con Zero ho avuto una vera e propria fissazione in alcuni momenti.
      Ma nel campo della musica italiana preferisco indubbiamente Battisti e il gruppo progressive Le Orme, che tra l’altro sono sempre stati considerati i “Genesis all’italiana”. Comunque, in generale la mia curiosità mi porta un po’ ovunque e sono abbastanza aperta nell’ascoltare anche cantanti il cui genere musicale e/o ritmica dei brani si discostano dai miei gusti personali.
      Ad ogni modo, al di là che i cantanti menzionati nell’articolo e la musica italiana in generale possa o meno piacere, come dici tu (e risottolineo) questa aveva perlomeno un perché. E lo spettacolo cui ho assistito è riuscito a farmi toccare con mano questo perché; lasciandomi numerosi spunti di riflessione.
      Di questi tempi, invece, basta mettere su due insipide strofe, un ritmo scadente, a volte anche cacofonico (oltre che sempre uguale) da farti venire l’emicrania per far uscir fuori quella che viene definita “canzone”. E la cosa peggiore è che questi prodotti disgustosamente commerciali hanno milioni e milioni di visualizzazioni, a dispetto di una musica che oltre a saper raccontare la vita, riesce in qualche modo a farcela gustare nella sua semplicità. Però che vogliamo farci… I tempi sono cambiati da un pezzo, ormai (ma io continuerò orgogliosamente “a vivere nel passato” anche se non l’ho direttamente vissuto)… E questo era lo scopo principale che mi proponevo di “illustrare” in questo articolo.

      1. Un conto sono i tre cantanti (che a me personalmente non piacciono), un altro è lo spettacolo e il messaggio che veicola (che trovo interessante).
        Nel mio commento ho detto un’inesattezza/luogo comune: anche certa musica di oggi, ha un perché, solo che è diverso.
        Il perché di oggi è la visibilità. Creare un personaggio, dargli una storia e poi produrre musica a manetta. Ma sono cose che non restano. Tra dieci anni se ne ricorderà a stento, a differenza dei Genesis, che vengono scoperti e riscoperti.
        Sul tema ho trovato sorprendentemente intrigante il terzo episodio dell’ultima stagione di Black Mirror. Sorprendentemente perché era con Miley Cyrus.

        1. Certo che se mi nomini i Genesis, davvero non c’è paragone! 😊
          Ad ogni modo è sicuramente vero che ad oggi si cercano visibilità e soldi facili e che le “canzoni” contemporanee non ti rimangono affatto nella mente e nell’anima come invece accade con quelle del passato… In quest’ultimo caso, ogni volta è magia e si riesce sempre a captare una sfumatura diversa anche ascoltando una stessa canzone un’infinità di volte…

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