Aprile in musica (e confronti inaspettati)!

Penso proprio che per questo mese, salvo imprevisti perché con me non si sa mai, pubblicherò come ultimo scritto il qui presente post – inerente la solita rubrica musicale – per terminare questo mese di Aprile con qualche bella melodia “dei miei anni”. Questa volta, per mia fortuna, il “lavoro redazionale” concernente lo stesso sarà notevolmente minore rispetto all’ultima volta. I quattro album che vi presenterò, in effetti, non sono poi molto conosciuti (salvo piccole eccezioni). A ogni modo, credo sia comunque giusto citarli per il puro piacere di regalar loro un “momento di gloria”.

In questi ultimi giorni, comunque, ho avuto il piacere di confrontarmi con altri (o meglio, altre) scribacchini (finalmente miei coetanei, senza nulla togliere a voi altri più esperti e sapienti, eh! 😛 ) su una piattaforma dedicata alla pubblicazione di storie redatte da comuni mortali – me per prima – che sognano un giorno di poter pubblicare qualcosa, o magari semplicemente di svagarsi leggendo e commentando altre storie. Ebbene, ieri sera, leggendo la storia di un’autrice sconosciuta, mi sono imbattuta in Mike Oldfield, musicista citato dal personaggio immaginario protagonista della sua storia.

In quel momento, ho subito pensato che alla suddetta autrice potesse piacere il rock progressive e assimilati, per cui sul commento, oltre all’opinione riguardante il capitolo, le ho confessato di essere “malata” di progressive – e che di Mike Oldfield avevo ascoltato qualcosa – per cui le ho domandato se anche lei fosse appassionata del genere. La sua risposta mi è apparsa alquanto sorprendente.

La ragazza in questione è cresciuta ascoltando hard rock, metal e band del tipo Aerosmith, Guns n’ Roses, Led Zeppelin, Pink Floyd e molti altri gruppi a me sconosciuti. Insomma, non condividevo proprio i suoi gusti, eccezion fatta per i PF. Ma la vera sorpresa è arrivata quando, nel leggere la parte finale del commento, la ragazza ha scritto: VORREI SENTIRE seriamente i Genesis, essendo dei mostri nel progressive rock

Ebbene, qua sono esplosa letteralmente (di gioia).

Sì, la mia felicità era alle stelle perché non mi sembrava vero di aver trovato qualcun altro – anzi, qualcun’altra! – che fosse appassionata di un tipo di musica che molte persone della nostra età definirebbero erroneamente “retrò”. All’università ho avuto il piacere di conversare della mia musica preferita soltanto con un ragazzo di ventitré anni (peraltro musicista), per cui non capita spesso di trovare un coetaneo che condivida i miei gusti musicali.

Insomma, ora potete – dato che conoscete “la me virtuale” – ben immaginare che a quella povera ragazza ho rifilato un “pippone musicale” – e mi sono pure trattenuta, eh! – sui Genesis, decantando in lungo e in largo le loro doti. Nello specifico, le ho raccomandato caldamente di ascoltare: Trespass, Nursery Crime, Foxtrot, Selling England By The Pound e The Lamb Lies Down On Broadway (questo album, però, le ho detto che sarebbe stato meglio ascoltarlo un po’ più in là, perché potrebbe non digerirlo la prima volta!).

Dell’era Collins”, invece, le ho consigliato di ascoltare A Trick Of The Tail, Wind & Wuthering, And Then There Were Three e Duke. Insomma, dal 1970 al 1980 gli album sono TUTTI da ascoltare, perché dal mio punto di vista è stato questo il periodo di massimo splendore genesisiano. Lei, invece, ne sa molto più di me riguardo i Pink Floyd; per cui le ho detto che, dal canto mio, dovrò senz’altro approfondire questo celebre gruppo, nel mentre che lei si appresta alla scoperta dei Genesis! Senza contare il fatto che la ragazza in questione ha pure espresso il desiderio di voler conoscere maggiormente il rock psichedelico, di amare David Gilmour e Malmsteem (un chitarrista che mai avevo sentito nominare) alla follia!

Io, invece, mi sono prodigata nell’elencarle tutti i gruppi progressive che ho ascoltato finora – escludendo i Genesis (le avevo già detto troppo su di loro!) – e di cui ho parlato abbondantemente nelle precedenti rubriche mensili dedicate a questa mia grande passione. Tornando – giuro che per oggi è l’ultima volta! – ai miei amati Genesis, ho consigliato alla ragazza, per “iniziarsi” alla loro musica, di partire dall’album Foxtrot (1972), o magari di ascoltare Firth Of Fifth (1973) e One For The Vine (1976), per esordire col botto.

Insomma, se mi ingaggiassero per cercare di “convertire” le persone in fanatiche di rock progressive, potrei seriamente riuscire a fare fortuna! Scherzi a parte, se fossi nata all’epoca dei giganti del prog, magari a quest’ora sarei stata “famosa” per aver scritto libri dedicati agli appassionati del genere; fortuna che hanno avuto, per forza di cose, persone molto più grandi di me. Ma forse, non è (ancora) tutto perduto.

Continuerò ad ammalarmi di progressive a tal punto da diventarne abbastanza esperta, (per quanto la mia età me lo consenta)! OK, adesso che ho ripreso a respirare regolarmente e vi ho assillato per bene con questa storia, posso continuare a farlo entrando nel vivo di questo post che, come vi ho anticipato all’inizio, non riguarda soltanto progressive.

 

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19 Aprile 1971

Il mio primo ascolto di L.A. Woman dei The Doors è avvenuto proprio quest’oggi. Saranno pure gli effetti della quarantena ma devo ammettere che, grazie a questo album, ho scaricato un po’ di “adrenalina repressa”, per cui non mancherò di ascoltarlo ancora, magari in un modo più approfondito. Ora, dopo questa parentesi, cerchiamo di presentare in linee generali questo disco, a detta di molti fan del gruppo l’album maggiormente improntato su atmosfere blues et similia, sebbene non manchino, comunque, tracks afferenti al mondo del pop e altre che si avvalgono di uno sperimentalismo tipico delle band del periodo.

19 Aprile 1971 - L.A. Woman
19 Aprile 1971 – L.A. Woman

Questo album fu l’ultimo disco registrato con il frontman Jim Morrison – che sarebbe morto il 3 Luglio dello stesso anno – e fruttò alla band l’ottavo disco d’oro, permettendo loro di raggiungere il record della prima rock’n roll band ad aver ottenuto otto dischi d’oro consecutivi. I pezzi più rappresentativi del disco sono L.A. Woman e Riders On The Storm, Love Her Madly, The Changeling e L’America. Nel 2003, la rivista Rolling Stone inserì questo album alla posizione n^ 362 nella lista dei migliori 500 album. 

Aprile 1975

«Il suo corpo era deforme, ma il suo cuore era pieno d’amore per tutto ciò che vi è di selvaggio e perseguitato.

Egli era brutto a vedersi, ma sapeva creare una grande bellezza.

Questo racconto narra la storia di quest’uomo e di una bambina che ne fece la conoscenza,

riuscendo ad andare al di là della grottesca forma

che lo rivestiva per vedere quello che si trovava all’interno.»

Paul Gallico, La Principessa Smarrita

Viene prodotto uno dei più grandi capolavori progressive dei Camel, un disco stumentale ispirato al romanzo “The Snow Goose” di Paul Gallico: Music Inspired By The Snow Goose. In questo piccolo-grande concentrato in stile progressive, la composizione che ho più apprezzato è Rhayader, traccia dominata dal flauto traverso di Andrew Latimer. Il titolo “The Snow Goose” allude all’oca delle nevi, che verrà battezzata da Philip Rhayder – un uomo che a causa del suo aspetto deforme ha deciso di vivere lontano da tutti malgrado il suo sconfinato amore per gli uomini e il creato – la “Principessa Smarrita”. L’animale gli era stato portato da una ragazzina dodicenne di nome Fritha, con la speranza che lui potesse guarirla dalla ferita infertagli dallo sparo di un cacciatore.

Non dico altro riguardo la trama, perché non vorrei rovinare la curiosità di qualcuno che magari desidera leggere questo romanzo (sì, io sono già andata a vedere tutta la trama e mi sono rovinata la “sorpresa”…). Se siete appassionati dei Camel e in particolar modo di questo album, magari potreste provare a leggerlo congiuntamente all’ascolto delle melodie di cui lo stesso è composto. Dal canto mio, penso proprio che farò così!

Ammetto che per apprezzare questo album ho dovuto ascoltarlo più di una volta perché, come spesso accade, non è la prima impressione quella che conta. Insomma, è davvero difficile descrivere questo album con l’ausilio delle parole, forse perché è interamente strumentale. Per cui, l’unico “consiglio” che mi sento di darvi è quello di ascoltarlo, perché di sicuro non ve ne pentirete! Le strumentazioni di cui ci si avvale nel disco sono molteplici: si passa dalla chitarra acustica a quella elettrica, dalla tastiera al pianoforte elettrico; senza contare l’immancabile batteria di Andy Ward e il basso di Doug Ferguson. E, tanto per concludere in bellezza, non mancano arrangiamenti orchestrali da brivido!

10 Aprile 1977

 

History recalls

How great the fall can be

While everybody’s sleeping

The boat’s put out to sea

 

(La storia ricorda quanto può essere grande la caduta

Durante il sonno di tutti, la barca è messa in mare…)

Supertramp – Fool’s Overture

 

Sarà per la copertina che raffigura un paesaggio innevato nelle Rocky Mountains americane con in mezzo un pianoforte immerso anch’esso nella neve, sarà per la quieta atmosfera che si respira in alcune tracce, ma a me questo album – Even In The Quietest Moments dei Supetramp –  ha sempre fatto pensare al Natale. E considerando che il disco è stato concepito nel mese di Aprile, non ho potuto far altro che appurare di essere andata completamente fuoristrada. 

10 Aprile 1977 - Even In The Quietest Moments
10 Aprile 1977 – Even In The Quietest Moments

A mio parere, questo album è splendido e andrebbe ascoltato con vivo trasporto e altrettanta attenzione, soprattutto perché in esso ho scoperto una traccia dall’atmosfera decisamente particolare (condita anche dalla presenza dell’orchestra!): Fool’s Overture. L’album presenta un connubio perfetto di atmosfere pop/prog e rappresenta l’ultimo prodotto in stile progressive della band, che poi si consacrerà completamente al culto del pop e assimilati.

Fool’s Overture è una vera e propria miniopera progressive di dieci minuti introdotta da una malinconica e struggente melodia al pianoforte, poi bruscamente interrotta da una consistente folla di persone che urla a squarciagola – accompagnata dalle campane del Big Ben – e  che sembra attendere un importante discorso. Dopo qualche istante, in effetti, risuona una voce decisa e autoritaria, una voce che si appresta a parlare dinanzi al grande pubblico. Quella voce contiene degli estratti di un celebre discorso di Winston Churchill alla House Of Commons, il 4 Giugno 1940. La Gran Bretagna dovrà partecipare alla Seconda Guerra Mondiale, senza se e senza ma.

Le parole di Churchill sono le seguenti:

 

We shall go on till the end, we shall fight on the seas and oceans.

We shall defend our island, whatever the cost may be.We shall never surrender.

 

Andremo avanti fino alla fine, combatteremo sui mari e sugli oceani. 
Difenderemo la nostra isola, a qualunque costo. 
Non ci arrenderemo mai.

Insomma, sono delle parole che, in un certo qual modo, potrebbero essere rapportate alla situazione che stiamo vivendo in questi ultimi tempi. Stiamo combattendo una guerra contro un silenzioso e pericoloso nemico che c’è, ma non si manifesta se non in sordina, che limita la nostra libertà, ma non per questo uccide la nostra speranza… Perché, proprio come disse Churchill, “non ci arrenderemo mai”, fino a quando non riusciremo a vincere questa grande guerra.

Tornando alla canzone, a seguito di questa dichiarazione, un mix di suoni diversi coinvolgono l’ascoltatore, sempre più curioso di scoprire cosa stia davvero accadendo all’interno di una canzone che sembra catapultarci nella realtà di quel tempo. La band comincia così a esibire le proprie abilità compositive tramite pianoforte, sintetizzatori e tastiere elettriche – chiamando in causa addirittura il sassofono – lasciando senza fiato l’ascoltatore, nonché in balia dei propri pensieri. Fino a quando, la potente voce di Hodgson non ci “riporta alla realtà”. Altra grandiosa composizione (lo sono tutte, a dire il vero!) è Even In The Quietest Moments, traccia la cui introduzione è scandita dalla chitarra acustica a 12 corde di Hodgson.

13 Aprile 1984

Si ritorna di nuovo ai Camel con un album poco conosciuto ma pur sempre valido, soprattutto quando in esso sono presenti delle tracce di carattere strumentale. Stiamo parlando di Stationary Traveller. L’argomento di questo concept album riguarda le difficoltà riscontrare dai rifugiati della Germania dell’Est che tentarono di attraversare il muro di Berlino da Berlino Est a Berlino Ovest. Altra tematica rilevante del disco è la politica tra le due differenti ideologie del governo. Le tracce che preferisco sono strumentali ed è quella omonima dell’album, congiunta ad After Words.

Nella prima, il pianoforte di Ton Scherpenzel e la chitarra acustica di Latimer si fondono creando una meravigliosa e struggente melodia, cui poi si aggiunge un tocco di  gran classe: un flauto ad armonica fatto di bambù. A metà della track, però, il ritmo cambia bruscamente: la chitarra elettrica del grande Latimer “irrompe sulla scena” e il virtuoso musicista si lancia in uno straordinario assolo. After Words è invece una brevissima ma intensa composizione che vede come protagonisti il pianoforte e la fisarmonica.

Insomma, ascoltate e vedrete, o meglio, sentirete.

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

10 Risposte a “Aprile in musica (e confronti inaspettati)!”

  1. Ciao Eleonora, ho appena scoperto “casualmente” il tuo blog attraverso uno degli articoli sugli album dei Genesis.
    Devo assolutamente farti i miei complimenti, perché scrivi davvero bene (per quanto ne possa capire io, che nulla so di scrittura!), e soprattutto perché mi stai facendo scoprire della musica magnifica che da nessun’altra parte ho trovato spiegata in modo così chiaro e piacevole. Questo genere richiede una certa attenzione, sia dal punto di vista “poetico” (per così dire) che da quello musicale, e come saprai benissimo, è difficile trovare delle buone guide all’ascolto su internet, in italiano, che diano il giusto peso al testo, che lo analizzino, senza perdersi in dettagli inutili e fornendo una buona visione d’insieme dell’album. Ed è verissimo quello che hai scritto: quanto è difficile trovare qualcuno che condivida una passione così peculiare? Figurati, io ho 18 anni quindi puoi immaginare quanti dei miei coetanei siano interessati a questo tipo di musica. È un numero che… tende a zero.
    Mi sono appassionato seriamente al mondo del progressive rock da poco più di un anno, e devo ammettere che finora mi è stato piuttosto difficile arrivare a comprendere un album pienamente: i testi a volte ambigui e difficili, uniti al mio non proprio perfetto (ahimè!) inglese, e alla difficoltà a reperire delle guide all’ascolto valide, sono stati un po’ un ostacolo. In questo sito ho trovato un sacco di begli articoli e tantissimi spunti, mi sembra che tu abbia gusti molto simili ai miei.
    Insomma, avrò da fare in questi giorni di quarantena, tra una verifica e l’altra, dovrò recuperare un bel po’ dei tuoi scritti.

    1. Ciao Rael (peraltro, questo tuo nickname non mi è affatto nuovo; sento odor di Genesis qui!) e benvenuto sul mio blog! Ti ringrazio molto dei complimenti! Diciamo che mi diletto a scrivere come tanti altri su questo pianeta (e non mi sembra affatto che tu non sappia scrivere, anzi; devo dirti che non appena avevo cominciato a leggere il tuo commento ho subito pensato che fossi più grande!) e provo a farlo nel migliore dei modi possibili, soprattutto quando c’è di mezzo una grande passione come quella per il rock progressive, appunto.
      Io ho cominciato ad ascoltare questo genere seriamente dall’età di sedici anni, ed è stata – ed è tuttora – una continua scoperta, nonché una sorpresa. Credo fermamente che il progressive sia in grado di farci compiere straordinari viaggi nel tempo, e non solo. Anche la nostra mente viaggia senza sosta al ritmo di questa musica che è davvero difficile descrivere a parole e che, come hai detto tu, nasconde all’interno molteplici e complessi significati di natura filosofica, mitologica e quant’altro si rapporti al passato (soprattutto se parliamo dei Genesis!).
      Insomma, penso che la nostra generazione debba realmente conoscere quella che io definisco la vera musica, nonché la meravigliosa complessità che si nasconde dietro i suoi arrangiamenti, congiuntamente a quegli incomprensibili testi “gabrielliani” (nel caso Genesis) e assimilati!
      Io nei miei articoli, come penso avrai notato, tendo a essere molto autobiografica perché quando scrivo di musica non riesco proprio a trattenere tutte le emozioni che ho dentro; e sono davvero molteplici, polivalenti; proprio come il prog rock!
      Mi auguro che il tuo viaggio di iniziazione al progressive non possa rappresentare altro che il tuo punto di approdo definitivo – sì, la mia “manovra di convincimento” è già in atto! –
      Scherzi a parte, spero che i miei articoli possano suscitarti curiosità e che possano darti un assaggio del progressive rock. Sarò di parte (e lo sono!), ma i Genesis – congiuntamente agli Yes – rappresentano sicuramente un ottimo punto di partenza!
      A presto e grazie ancora per essere passato di qua!

    1. L’ho ascoltata tutta d’un fiato: davvero stupenda! E poi non c’è dubbio, Latimer è davvero un fenomeno e lo ha dimostrato in ogni singolo album della band.
      Quanto al romanzo di Gallico, conto di leggerlo, un bel giorno: dovrò aggiungerlo alla mia lista di romanzi da scoprire (come se non fosse già abbastanza lunga)!

  2. Sono pienamente d’accordo sul fatto che questo genere sia in grado di aprire mondi, farci compiere viaggi, e raccontare storie in modo straordinario e coinvolgente. Poche forme d’arte riescono a trasmettermi queste sensazioni, direi che oltre al progressive, solo la musica classica lo eguaglia in bellezza e capacità espressive.
    Magari la nostra generazione conoscesse la “vera musica”, come tu la definisci! C’è un’interessante citazione di un compositore (per cui non provo una particolare simpatia), che è “If it is art, it is not for all, and if it is for all, it is not art”, e credo che su questo avesse ragione. Il fatto che qualcosa sia di nicchia non è un lato negativo, anzi, credo che in qualche modo, lo “impreziosisca”!
    Essere autobiografici è assolutamente ben accetto. Anzi, è un punto a favore.
    Grazie a te! Keep up the good work!

    1. Hai ragione, la musica classica è straordinaria e credo proprio che il gruppo progressive che le si avvicina maggiormente sia quello degli Emerson Lake & Palmer, complice la presenza del virtuoso ed eccezionale pianista Keith Emerson!
      Rimanendo in tema, sono andata a vedere la citazione che hai posto nel commento e che avevo già sentito da qualche parte, ma non sapevo che fosse dell’austriaco Arnold Shonberg, compositore che, tra l’altro, non conosco! Per caso suoni qualche strumento musicale? Io no, anche se mi piacerebbe imparare a suonare il piano. Sono d’accordo sul fatto che un genere musicale di nicchia appaia più prezioso ai nostri occhi di quanto non sembri.
      E comunque, non mi pare che tu te la cavi male con l’inglese, anzi, penso che finora tu abbia fatto un buon lavoro e con i testi correlati alle melodie prog non potrai far altro che migliorare, per quanto complessi possano essere!

  3. Vorrà dire che il prossimo gruppo da scoprire saranno gli Emerson. Ne ho già sentito parlare, forse ho anche provato ad ascoltarli in passato, ma in modo molto superficiale. Per ora, comunque, devo concludere il tour dei Genesis!
    Sì, mi hai già scoperto, io suono la chitarra classica. Quindi, niente grandi assoli alla Firth of fifth, ma mi posso accontentare di suonare Mood for a day. Ogni tanto gioco un po’ anche col pianoforte, ma non mi sogno neanche di suonare pezzi alla Tony Banks.
    Con l’inglese me la cavo, ma quando si entra nel vivo dei brani, tra metafore, giochi di parole, intrecci particolari eccetera, non è facile districarsi! I traduttori e le guide, comunque, aiutano.
    Scusa se continuo ad aprire un nuovo commento, ma sembra che il tasto “Rispondi” non funzioni! Ma forse sono imbranato io!!

    1. Certo che sembri molto più esperto della tua età, ti faccio i miei complimenti! Io a 18 anni ancora non mi avventuravo per bene nei meandri della musica degli Yes – il pezzo strumentale che mi hai citato fa parte di uno dei migliori album prog della band di quegli anni – poiché ancora fin troppo legata ai Genesis; il tuo è un ottimo inizio! Firth Of Fifh, insieme a The Cinema Show sono, a mio parere, i pezzi migliori di Selling England By The Pound.
      La chitarra acustica segue il pianoforte, in merito alle mie preferenze sugli strumenti musicali. Ti capisco, non è assolutamente facile tradurre i “testi progressive”, proprio perché nascondono al proprio interno significati molteplici e molto spesso alcuni modi di dire che sono intraducibili in italiano. Personalmente, per i Genesis ho trovato molto utili le traduzioni fatte da Armando Gallo sul sito Dusk, sono fatte davvero bene! Quanto agli Emerson, spero per te che sarà una gran bella scoperta. I primi quattro album del gruppo sono magnifici, ma personalmente preferisco Trilogy del 1972!
      Per i commenti, non ti preoccupare: nemmeno a me funziona il tasto “rispondi” (dovrò analizzare meglio le impostazioni; forse c’è qualche problema), per cui devo sempre tornare nella bacheca del mio blog perché, a quanto pare, non posso risponderti direttamente sul post!

  4. Dopo che i Pink Floyd mi hanno “iniziato” al genere (e dopo essermi innamorato di The Wall), Fragile è stato uno dei primi album progressive che ho ascoltato per bene. In effetti, i Genesis sono relativamente nuovi per me, anche se stanno diventando rapidamente i miei preferiti. Adesso ho capito chi sono gli Emerson, sono quelli di Tarkus! Conosco solo la copertina di quell’album, di vista. Li ascolterò, partirò da Trilogy allora!
    Grazie per il consiglio sul dove reperire le traduzioni! Ci darò un’occhiata.

    1. Eh sì, Fragile – insieme a Close To The Edge – rappresenta, a detta di molti, il periodo d’oro degli Yes. Esatto, gli ELP sono proprio “quelli di Tarkus”! La prima parte dell’album all’inizio potrebbe forse risultare un po’ “indigesta” per via della suite di venti minuti che parla proprio del mostro raffigurato nella copertina; ma il lato B è decisamente meno sperimentale e per certi versi anche più rockettaro e goliardico.
      Per le traduzioni figurati; contribuiranno senz’altro ad aumentare il tuo interesse per i grandi Genesis!

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