Ansia da esame (e da laboratorio…)

Come si può benissimo intuire dal titolo di questo articolo, siamo nei guai fino al collo. Ed è proprio in momenti come questi che la mia voglia di scrivere prende il sopravvento. Scrivere per psicanalizzarmi, analizzare scrupolosamente i problemi che, ben presto, mi vedrò costretta ad affrontare… Insomma, scrivere per fare in modo che questa ansia scompaia, o quantomeno si affievolisca un poco.

Sia chiaro, non che abbia un forte mal di pancia o versi in chissà quale stato di agitazione… In questo preciso momento ho però bisogno di analizzare la mia situazione. Dopo il ‘successo’ ottenuto al primo esonero di matematica, confesso di essermi crogiolata in uno stato di profondo entusiasmo e di perfetta beatitudine.

Cosa c’è di male in tutto questo?

Apparentemente nulla, se non consideriamo le prossime prove che dovrò affrontare a breve. Insomma, sembra proprio che, ancora una volta, abbia commesso un errore di valutazione e che abbia peccato di ingenuità. In effetti, la settimana successiva al primo esonero, ho aspettato invano che il professore ci fornisse dei validi strumenti in vista del secondo e, dunque, mi sono lasciata andare un poco. No, questo non significa che io mi sia adagiata sugli allori, anzi. Ho continuato a seguire le lezioni e a ricontrollarle a casa, per poi prepararmi le domande del giorno dopo.

C’era solo un piccolo problema. Non esiste alcun professore che sia in qualche modo disposto ad aspettare i tuoi comodi, così come non c’è speranza che i docenti possano comprendere, nell’immediato, i reali bisogni degli studenti. Questo è perfettamente legittimo, non a caso siamo all’università. A volte, però, l’inesperienza ci porta a compiere dei passi falsi che potrebbero costarci cari. Insomma, aspettare, indugiare e in un certo senso procrastinare con la speranza che il docente di matematica potesse fare degli esercizi, è stato un grande errore.

Non che sia stata totalmente colpa mia: purtroppo, per questo prossimo esonero le tempistiche risultano notevolmente ridotte. Ebbene, so che sarei una perfetta egoista se dicessi di sperare in una specie di nubifragio che possa regalarmi magicamente un’altra settimana di tempo, ma sarebbe proprio quello che vorrei. Non a caso, mi appresto a redigere tale articolo in questo istante, alle ore 22:40, reduce da un intero pomeriggio passato a studiare matematica.

Insomma, a quanto pare ho scelto un corso di laurea che mi regala ‘grandi ansie’ ma che, forse, un bel giorno, mi regalerà grandi soddisfazioni… Chissà, è ancora troppo presto per dirlo. Così come è indubbio troppo presto per arrendersi. Comunque, a me basterebbe qualche piccola soddisfazione personale. Non so se riuscirò a superare il prossimo esonero, devo dire la verità. Gli argomenti sono molteplici e di elevata complessità… E il tempo a disposizione non mi sembra mai abbastanza. Ci sto provando con tutte le forze, però.

E nel mio cuore nutro ancora la fervida speranza di riuscire nell’impossibile, di riuscire a superare quei limiti e quelle barriere che, troppo spesso, la mia mente ha costruito senza che io potessi rendermene immediatamente conto. Stavolta, però, sento di avere uno scopo e che quella luce in fondo al tunnel si sta mostrando sempre più vivida ai miei occhi.

Quegli occhi che aspettano di vedere, ancora una volta, la luce del sole…. Quella luce che spunta dopo una terribile tempesta. A questo mio stato di ansia, però, si è aggiunta, proprio oggi, un’altra questione di un’importanza notevole: il laboratorio di chimica fisica. Allora, premetto che questa materia mi è totalmente sconosciuta, nonché quasi totalmente incomprensibile. Purtroppo, in questa disciplina le nozioni matematiche sono fondamentali: formule astruse che, in prima approssimazione, appaiono sterili ma che nascondono un significato.

Oggi sono andata in laboratorio e devo dire che, pur essendo molto piccolo, è decisamente accogliente. Non appena entrata, – dopo aver frequentato la consueta lezione di matematica – ho sentito un odore che mi ha ricordato la sala di aspetto di un ospedale, sebbene non mi avesse provocato alcun fastidio. Anzi, a dire il vero, ha suscitato in me una certa curiosità.

Il mio problema è uno solo: non ho la più pallida idea di cosa fare, né tantomeno quale esperienza dovremmo trattare. La mia unica consolazione è l’essere capitata in gruppo con un ragazzo in gamba… Come al solito, dovrò affidarmi agli altri e al loro sapere. Ma come spiegare a quel ragazzo la mia situazione? Come spiegargli che io non sono in grado di aiutarlo e che, purtroppo, sarà costretto ad ingegnarsi da solo per poter stilare la relazione che dovremmo consegnare verso la fine di Gennaio?

Come spiegare al mio professore di chimica fisica – peraltro espertissimo in matematica – che la condizione in cui riverso è delle più disperate? È vero, ultimamente ho ottenuto una vittoria importante, ma non basta. Spesso, quando entro in laboratorio, mi sento fuori luogo… insomma, una sensazione che conosco benissimo, ormai.

La ragione credo sia semplice: mi sento impotente e, in un certo senso, ignorante. È questo il senso di frustrazione che, spesso, ancora mi accompagna. Alcune volte vorrei tanto trovarmi a casa e studiare seriamente sul libro di testo, ma so bene che non ci riuscirei da sola. O almeno, non subito.

Ci sono le lezioni, direte.

Oh già, le lezioni… Peccato che non riesca a capirci nulla e che il professore, il più delle volte, non riesca a farsi capire dalla maggioranza degli studenti. Allora non sono solo io il problema, menomale. Stavo cominciando seriamente a preoccuparmi ma, sentendo anche gli altri colleghi, non mi sembra che riescano a seguire molto. Qualcosa però, riescono a capirlo. Io invece no, ma so che ci riuscirò non appena avrò imparato ancor di più la matematica.

Per il momento, sembra proprio che questo stato di cose fatichi a cambiare. Il mio andamento sembra procedere in modo unidirezionale, senza che io possa fare nulla per modificare questo mio cammino e renderlo meno impervio. In queste materie ci vuole pazienza, è vero, ma alle volte il senso di frustrazione accompagna le tue giornate, rendendole un vero e proprio ‘inferno’.

Lo scorso anno è stata dura, credo di aver toccato veramente il fondo. In compenso ho scoperto, però, di aver usufruito di una forza che non sapevo nemmeno di avere. Una forza sbocciata tra i banchi di scuola e costantemente cresciuta durante il roseo periodo dei miei studi liceali. Ecco, forse dovrei di nuovo appellami a questo per riuscire a nutrire delle nuove speranze. È vero che ‘le vecchie glorie’ non rappresentano il presente, ma alle volte possono ricordarci chi siamo stati e chi vorremmo di nuovo essere. Domani avrò di nuovo laboratorio, e vorrei tanto riuscire a capirci qualcosa, questa volta.

Cosa abbiamo fatto oggi? Sostanzialmente, nulla di così esaltante: abbiamo osservato per due ore uno schermo in cui si registrava l’andamento di una certa reazione (almeno credo) guidata dal lavoro di un termostato, al cui interno è presente una specie di pila simile a quella di Volta. Se non ho capito male, si trattava della pila piombo/zinco. Il nostro compito era quello di cambiare ogni quindici minuti la temperatura del termostato, in particolare di aumentarla, e vedere cosa accadeva sullo schermo.

Si osservava un andamento crescente, ma non in senso stretto e, dunque, non proprio monotòno (cavoli, ma allora so qualcosa di matematica!): la funzione presentava, infatti, un massimo, poi diventava costante, poi risaliva di nuovo e così via… Insomma, dovevamo solamente osservare cosa accadeva modificando la temperatura.

Facile, direte ancora. In effetti lo è: dovevamo soltanto premere due bottoni. Ma quale sarebbe lo scopo di questa esperienza? Dovrei leggere le dispense, nonostante sappia che non potrò comunque capire ogni singola cosa.

Inoltre, dovremmo usare un programma simile ad Excel per poter elaborare i dati, cosa che mi fa pensare subito alla statistica (materia che odio fino alla morte). Spero che il mio collega riesca ad usarlo, perché purtroppo dovrà farlo senza di me. Il professore ci ha già mostrato qualche funzionalità, a dire il vero, ma devo ancora capirne lo scopo e soprattutto studiare la materia.

Ma la chimica fisica rappresenta il connubio perfetto tra fisica, matematica e chimica… Riuscirò mai a far fronte a questa disciplina e a combattere l’ansia che probabilmente deriverà da tale studio? Non è affatto semplice… Inoltre, se a questo si aggiunge il discorso elargitoci oggi dal nostro professore, la situazione assume una piega ancora più preoccupante.

Sapevo che il settore scientifico fosse in crisi, ma non pensavo che il nostro paese versasse in delle condizioni talmente pietose tanto da aver ridotto, nel nostro corso di studi, le ore dedicate al laboratorio.

A discapito della qualità del bagaglio di studio assunto dallo studente, si preferisce di gran lunga che quest’ultimo possa laurearsi in tempi rapidi, rendendolo dunque pronto per il mondo del lavoro. Hanno addirittura eliminato la tesi sperimentale, per non parlare dei professori sottopagati… Insomma, è un discorso che in me ha provocato un po’ di sconforto, nonostante ne avessi già sentito parlare.

È inevitabile che qualcosa si spezzi dentro, non appena senti da più parti che lo studio intrapreso potrebbe non portare alcun frutto. In un momento, la motivazione sembra affievolirsi, lasciando il posto a quel senso di ribellione con il quale potrai fare ben poco. Io, però, non sono ancora pronta a riflettere sul mondo del lavoro, né tantomeno a sorbirmi il discorso della cosiddetta ‘fuga dei cervelli’. L’unica cosa che vorrei in questo momento è studiare senza prefissarmi degli obiettivi precisi per il futuro, dato che non sono ancora riuscita ad addentrarmi del tutto nello studio della chimica…

I miei compagni di corso ne capiscono molto più di me e, spesso, anche questo mi fa dubitare della mia scelta di rimanere nel mio corso di studi. Nonostante i molti dubbi, però, non ho mai avuto il coraggio e l’assoluta convinzione e, forse, nemmeno la voglia, di cambiare: c’è sempre stato qualcosa che mi ha indotto a rimanere e lo ammetto, forse c’è stato anche una specie di orgoglio – nonché un’inconscia caparbietà – da parte mia.

L’ambiente è stimolante, i professori sono quasi tutti in gamba… Ormai mi sento più o meno a casa mia. In laboratorio un po’ meno, ma so che questo dipende da me e dalle mie lacune.

Chi mi ha conosciuto, però, ha certamente imparato che io non sono una che si arrende facilmente… La mia famiglia lo sa bene, infatti, ogni qualvolta facevo la ‘battuta’ – che era in fondo una mezza verità – di voler cambiare facoltà, questa faceva di tutto per spingermi a farlo sapendo che, in realtà, avrebbe ottenuto l’effetto contrario.

Ebbene, sembra proprio che siano riusciti nell’intento, sebbene la decisione finale sia spettata totalmente a me. Quale sarà, perciò, il mio prossimo obiettivo? Ancora una volta, sto scrivendo per comprendere e per comprendermi e, dico la verità, anche per consolarmi nel caso in cui le cose non vadano per il verso giusto.

Ma in fondo, so di non versare in un totale stato di irreversibilità: posso ancora cambiare le sorti del prossimo esonero o, quantomeno, provarci con tutte le forze. Posso ancora porre rimedio alla mia attuale ignoranza. Tutto quello che devo fare è affrontare di nuovo la matematica. Ormai, l’ansia non potrà nulla contro la mia determinazione.

Devo farcela a nome mio, della mia famiglia e di tutte quelle persone che hanno sempre creduto in me. Devo farcela perché non voglio assolutamente arrendermi. Arrivederci, dunque, al 4 Dicembre, il famigerato giorno che sancirà, si spera, la mia seconda vittoria.

 

 

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

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