Il ‘daltonismo chimico’ e la teoria dei colori

Il ‘daltonismo chimico’ è un ‘fenomeno’ che, molto spesso, colpisce noi giovani ‘chimici in erba’. Già, il laboratorio di ‘Chimica Analitica Quantitativa’ è una sorta di laboratorio artistico dalle cui soluzioni  acquose inizialmente incolori o colorate di una tenue tonalità cromatica, può nascere un qualcosa di sorprendente.

Prendete il permanganato di potassio (KMnO4) per esempio. Dopo aver pesato l’ossalato di sodio, averlo diluito in un becher con 200 ml di acqua ed aggiunto 20 ml di acido solforico (vi ricordate la nomenclatura degli ossiacidi? In caso contrario, vi ‘rinfresco la memoria’ con un mio precedente articolo, a questo link 😛 ) titolate con il permanganato. Prima, però, filtratelo all’interno di un becher (per eliminare tracce di MnO2) con un imbuto utilizzando lana di vetro poiché su carta il procedimento non funziona (il permanganato è un forte ossidante). Aggiungete al becher della soluzione di ossalato di partenza 1 ml di KMnO4 e mescolate. Riscaldate la soluzione a 60 gradi centigradi.

Dopo pochi istanti, assisterete ad una ‘magia’: il colore viola della soluzione cederà il posto al colore dell’acqua pura. Il calore ha innescato dunque la reazione. Beh, ‘la magia’ è finita, direte.

Assolutamente no. Dobbiamo ancora titolare.

Ma che cos’è, in breve, una titolazione?

Una titolazione è una tecnica analitica che consiste nel far reagire una soluzione a concentrazione nota di un reagente con un volume noto di un’altra soluzione a titolo non noto. Il termine ‘titolo’ è sinonimo di concentrazione.

Non preoccupatevi se non avete capito un accidente. È perfettamente normale. Inoltre, è più facile farlo in pratica che non provare a spiegarlo.

Praticamente, alla soluzione ormai decolorata, dobbiamo aggiungere goccia a goccia il permanganato. Dopodiché, procediamo con calma fino a raggiungere il beneamato punto di viraggio (fenomeno della variazione di colore), senza eccedenze, però!

Eccoci arrivati al punto.

Proprio qui, infatti, si giunge alla parte delicata. Ed è proprio qui che entra in gioco il cosiddetto ‘daltonismo chimico’. Sì, a me piace definirlo in questo modo e,  tra qualche istante, ne capirete il perché.

In verità, riguardo questa titolazione, il rischio di eccedere con il titolante non è molto elevato. Aggiungendo il permanganato, infatti, si deve giungere alla condizione in cui la soluzione assume una colorazione rosa pallido. ‘Basta’ agitare costantemente e vigorosamente la soluzione con la bacchettina di vetro man mano che si procede e stare attenti a non addormentarsi strada facendo.

Scherzi a parte, è possibile che la distrazione prenda il sopravvento e vi conduca fuori strada. Più o meno, è ciò che mi è successo ieri pomeriggio in laboratorio… Ma la sorpresa nel vedere che il permanganato progressivamente aggiunto colorava la soluzione di un viola intenso e che, dopo aver agitato per pochi secondi, quella stessa soluzione ritornava completamente incolore esattamente come all’inizio… Ha suscitato in me un senso di stupore mai sperimentato, almeno fino a quel momento.

Infatti, agitando energicamente la bacchettina (per evitare che avvengano altre reazioni secondarie che possano compromettere la riuscita della titolazione) la soluzione torna a decolorarsi progressivamente.

No, non è una magia. Si tratta di una reazione di ossido-riduzione particolarmente interessante, a parer mio. Contrariamente alle volte precedenti, questa volta mi sono lasciata sorprendere. Ed è stato davvero divertente.

Almeno fino a quando non ho compreso di aver superato (non proprio abbondantemente, a dire il vero) il punto di equivalenza. Certo, non è la fine del mondo. Mi è successo più di una volta, a dirla tutta.

Per questioni di tempo, comunque, ho dovuto eseguire una ‘correzione empirica’ riguardo la lettura del volume di permanganato aggiunto segnato dalla buretta. Non prendete esempio da me, mi raccomando. Siate sempre vivi promotori della verità.

Tralasciando la battuta ironica, non mi sognerei mai di farlo se ci fosse in gioco il mio lavoro e la salute altrui, s’intende. In ogni caso, cercate di evitarlo. Se in un’esercitazione didattica avete del tempo a disposizione, ‘rimboccatevi le maniche del camice’ e ricominciate pazientemente da capo.

Nel mio caso, comunque, anziché segnare l’effettivo volume di titolante impiegato, ho approssimato per difetto ‘togliendo’ solamente 0,1 ml in eccesso, (corrispondenti a due gocce di reattivo) cercando di ‘minimizzare’ gli errori che, in ogni caso, sono sempre e comunque presenti. Insomma, nelle titolazioni una singola goccia può fare davvero la differenza e modificare drasticamente il colore della soluzione.

In rarissimi casi si può tornare indietro. Occorre, dunque, prestare molta attenzione ad ogni singola operazione, nonché alla colorazione assunta progressivamente dalla soluzione.

Bene. Eccoci arrivati al punto focale di questo articolo. Il nostro professore – così come gli assistenti di laboratorio – ha in generale una percezione soggettiva del colore, come tutti del resto. Per fare un esempio stupido, io non riesco proprio a considerare il colore blu equivalente all’azzurro. Per me sono due colori completamente differenti, ma magari non lo sono per qualcun altro. Con questo non voglio stabilire chi abbia torto o ragione. Ciò non fa molta differenza… La differenza si percepisce in un laboratorio chimico in cui il rischio di incorrere in degli errori è sempre molto alto.

Tornando alla questione della percezione visiva e soggettiva del colore da parte del nostro docente, mi spiego meglio. Molto spesso, capita che una soluzione debba virare progressivamente da un colore ad un altro. Questo cambiamento di colore, però, non sempre risulta netto. Per fare un esempio: una soluzione dovrebbe virare al giallo. Fin qui, nulla di strano.

Se però entrassero in gioco il professore ed altri docenti e/o assistenti e ne combinassimo le personali percezioni questi, con tutta probabilità, avrebbero delle ideologie differenti riguardo il ‘colore esatto’ che dovrebbe assumere una data soluzione al fine di poterne asserire un viraggio completo. Una ‘percezione chimica’ soggettiva è quello che ci vuole, in un esperimento (ovviamente la mia affermazione è ironica!)

Il giallo è giallo, d’accordo.

Ma quale tonalità di giallo dovrebbe assumere la nostra soluzione? Giallo scuro? Giallo limone o giallo tendente all’arancione?

Ebbene sì, è capitata anche quest’ultima casistica. Una casistica che, come da copione, ha seminato molti dubbi tra noi studenti.

“Ragazzi, la soluzione assumerà una colorazione color giallo-ocra/mandarino. Non devono esserci dei riflessi di colore giallo chiaro.”

Scusi la mia ignoranza… Giallo ocra o mandarino? Sono due colori completamente diversi. 

Ok, andiamo a titolare. Non si sa quale colore dovrà uscir fuori ma va bene. Si chiederà al nostro professore a tempo debito. Alla fine, l’ennesimo effetto sorpresa ha avuto la meglio. Nessuno dei due colori menzionati in precedenza è stato osservato, né dalla sottoscritta né da nessun altro.

Il colore che doveva assumere quella benedetta soluzione era totalmente diverso da quello descritto sulla ricetta di laboratorio e dagli stessi insegnanti! Una volta mi è capitato addirittura che scoprissi il colore effettivo che la soluzione avrebbe dovuto assumere solamente alla fine dell’esperienza di laboratorio quando il professore doveva, per forza di cose, ‘cacciare’ me e la mia amica (sì, la tradizione di essere le ultime a terminare le esperienze continua a perdurare 😂).

Comunque, credo davvero che si debba organizzare un corso sulla teoria dei colori, e stavolta non sto scherzando. Qui soffriamo tutti di un ‘serio daltonismo’. Un ‘daltonismo’ connesso alle soluzioni chimiche e all’interpretazione della loro colorazione.

Insomma, noi futuri chimici faremo le veci dei vecchi impressionisti il cui scopo era quello di rappresentare, nelle loro opere, l’effettiva colorazione di un dato oggetto così come esso risulta realmente percepito dall’occhio umano. Dovremo dunque imparare a distinguere l’esatta tonalità del colore associato al punto finale di una titolazione, classificare e discutere in modo critico i risultati ottenuti.

Incredibilmente, esistono numerosi studi correlati alla teoria del colore, non sempre correttamente interpretato da chi soffre veramente di daltonismo, peraltro descritto per la prima volta dal chimico John Dalton, il quale si accorse di essere affetto da una forma di daltonismo chiamato deuteranomalia, ovvero insensibilità al colore verde (per saperne di più: Dalton: il chimico daltonico). Nel nostro caso, si tratta semplicemente di acquisire esperienza e non farsi suggestionare dalla ‘paura’ di aver sbagliato a titolare.

Persino io – che ho davvero un’ottima vista – ho avuto inizialmente dei dubbi amletici non appena mi è comparso il colore rosa (a me sembrava lilla, in verità) in una soluzione di un’esperienza precedente. Infatti, se nella soluzione entrano in gioco dei riflessi cangianti che, appunto, ne modificano il colore mediante l’incidenza della luce, bisogna stare molto attenti nel valutare i risultati.

Quella sensibilità analitica di cui spesso si  discute entra in gioco con l’esperienza, ovviamente. Riguardo al colore e alla percezione dello stesso mediante l’occhio umano, però, non c’è proprio nulla da fare. Ma non è sempre tutto o bianco o nero, anzi! La soluzione di permanganato di potassio cui accennavo all’inizio è infatti caratterizzata da un colore viola scuro. Con il riflesso della luce, però, appare di un colore misto di prugna e amarena. Insomma, è una combinazione che, pur ‘suonando strana’, è indiscutibilmente reale.

Il colore di un composto o di una soluzione acquosa deriva perlopiù da transizioni elettroniche degli orbitali d dei metalli di transizione, ed è per questo che molti complessi con dei metalli di transizione (o anche gli stessi metalli allo stato elementare) sono molto colorati (e anche velenosissimi).

Praticamente, è tutto ‘un gioco di elettroni’. Gli elettroni possono essere eccitati anche termicamente ottenendo delle transizioni elettroniche che possono essere spiegate mediante la teoria del campo cristallino (correlata più che altro alla formazione di complessi). L’elettrone, dunque, ‘si diverte’ a saltare i vari livelli energetici degli orbitali immagazzinando una certa energia, per poi ritornare allo stato fondamentale e rilasciare tale energia. Non tutti i livelli energetici sono permessi, in realtà, ma questa è un’altra storia.

La teoria è, in effetti, abbastanza complicata (coinvolge addirittura la spettroscopia) e verrà trattata dettagliatamente nel corso di Chimica Inorganica II del secondo semestre, dunque posso ancora dichiararmi abbastanza ignorante in materia.

Il colore di una soluzione, comunque, può essere modificato aggiungendo un opportuno indicatore (sostanza molto spesso di natura organica) che può acidificare o basificare la stessa soluzione, cambiandone conseguentemente il pH (scala logaritmica in grado di misurare la concentrazione degli ioni idrogeno presenti).

La colorazione più o meno intensa di una soluzione, in effetti, dipende anche dalla sua concentrazione. La concentrazione può essere espressa in molteplici modi, in chimica. In soldoni, questa grandezza esprime la quantità di soluto disciolto in un determinato solvente (come l’acqua, ad esempio). In generale, più intensa è la colorazione, più la soluzione è concentrata (e questo è proprio il caso del permanganato). Ecco perché, molto spesso, una stessa sostanza sottoforma di soluzione acquosa può presentare diverse colorazioni. Essere ‘vittime del daltonismo’ quando non si conoscono ancora molti concetti è dunque piuttosto comune nei primi approcci laboratoriali.

Ma come già detto, è tutta una questione di chimica (e di esperienza), almeno riguardo questo punto: la spiegazione è senz’altro esauriente. Spesso, resta soltanto da capire la colorazione esatta che si dovrebbe ottenere al fine di considerare la titolazione praticamente completa.

A quanto pare, la ‘filosofia chimica’ associata alla colorazione di una data soluzione è ancora oggetto di mistero per me, nonché di continue sperimentazioni 😂. Sappiate solamente che, se mai capirete in un laboratorio, ne vedrete davvero di tutti i colori!

 

Soluzioni di permanganato di potassio a diversa concentrazione
Soluzioni di permanganato di potassio a diversa concentrazione. No, qui non si tratta affatto di ‘daltonismo’: è la concentrazione a determinare la colorazione più o meno intensa della soluzione. In questo caso, si passa da una soluzione maggiormente diluita (a sinistra), ad una più concentrata (a destra).

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

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