‘In sospensione’

Ammetto di aver “bonariamente” ignorato l’assurda – quanto (‘sur’)reale – situazione finché ho potuto, ma certamente la notizia di ieri sera diramata dal governo non mi è passata inosservata, come penso a nessuno di voi. Ammetto anche di aver continuato, almeno fino a ieri mattina e con un certo entusiasmo, a coltivare la mia passione per la scrittura su questo blog pubblicando qualche post, congiuntamente allo studio delle due materie cui ho accennato due post fa.

Ma il punto non è questo. In effetti, se fino a qualche giorno fa si poteva benissimo cercare, malgrado la situazione critica, di portare una ventata di normalità nelle nostre vite attraverso i nostri passatempi preferiti o quant’altro ci potesse regalare anche soltanto un sorriso, adesso mi sembra proprio che non si possa più chiamare in causa la suddetta normalità. Il nostro paese riversa in uno stato di profonda crisi, come forse mai prima d’ora. Sì, in effetti me ne accorgo solo ora.

O meglio, ho cominciato ad accorgermene sul serio da ieri: persino nel mio piccolo paese, è stato possibile constatare gli effetti che questo malefico virus sta esercitando ormai sull’intera umanità. Nessuno è esente da quanto sta accadendo e certamente non sto scrivendo questo post con l’obiettivo di spiegare quanto è sugli occhi di tutti o al fine di reiterare consigli in merito alla questione. A questo ci pensa – o meglio, ci ha già pensato – la televisione, e continuerà a farlo.

Scrivo questo post per una ragione che forse non conosco nemmeno io, ma quel che è certo è che il mio atteggiamento nei confronti della presente situazione non può che essere cambiato. Sono stata tranquilla sin dall’inizio riguardo questa storia e continuo tuttora ad esserlo. Magari, qualche anno fa, mi sarei spaventata non poco. Invece, fino al pomeriggio del 4 Marzo, mi sono recata tranquillamente all’università per quella che sarebbe stata – almeno per il momento – l’ultima lezione frontale di Inorganica II. La notizia ufficiale della sospensione didattica è arrivata soltanto verso sera.

All’inizio, ammetto che quando nei bagni dell’università – o altrove – mi capitava di vedere affissi i celeberrimi “10 comportamenti da seguire” o “la propaganda del come lavarsi le mani”, una parte di me ci rideva su, pensando in particolare a come quest’ultima esistesse ormai da secoli, poiché facente parte della natura dell’uomo (anche se ammetto di non aver mai lavato le mani nelle modalità ivi descritte).  Ma col passare dei giorni, mi stavo accorgendo di come il mondo stesse in realtà modificandosi sotto ai miei occhi, prospettandoci delle abitudini che nelle situazioni di non-emergenza ci apparirebbero del tutto assurde.

In questi giorni, ho sempre creduto con forza che non fosse necessario alimentare – e dunque parlare – della questione anche (e soprattutto) qui, su questo spazio nel quale mi appresto a vivere e a nutrirmi di sogni e speranze, non certo di malinconie e/o preoccupazioni. Se queste ci sono, la mia natura è sempre stata quella di prenderle con ironia (salvo sporadici sfoghi inerenti eventuali delusioni accademiche). Ho sempre cercato di continuare a proporre la parola chiave “normalità”; forse perché l’altra parte di me si rifiutava di accettare una realtà dai contorni quasi distopici e agghiaccianti.

Agli esordi, la notizia non mi colpì più di tanto. Mi sembrava – o forse, ci sembrava? – una notizia come tante altre. Una notizia che, per quanto pessima, non avrebbe potuto riguardarci direttamente. Invece, ci si sbagliava. E anche di grosso. Da un lato, mi pare assai ironico pensare che durante la prima settimana,  nella quale si erano già manifestati alcuni casi, nel nostro bel paese non si faceva altro che dire a chiare lettere che non si trattava di nulla di estremamente grave da dover essere monitorato. Sembrava essere tutto sotto controllo.

Ironia della sorte, a distanza di un’altra settimana è scoppiato letteralmente il caos, diffusosi a macchia d’olio in tutta Europa nel giro di pochissimo tempo. Vuoi la disattenzione (quella del governo in primis). Vuoi il disinteresse dei cittadini, vuoi l’ingenuità, vuoi chissà cos’altro. Certo, che non se ne debba fare di tutta l’erba un fascio è sicuramente una prassi comune, ma è pur vero che è sempre e soltanto a fronte delle situazioni di emergenza nazionale/internazionale – e quindi mondiale – che ci si accorge davvero delle condizioni inadeguate nelle quali specificamente la nostra cara patria riversa (possibile che debba sempre essere così?). E questo mi pare – anzi è – assai triste.

Come è altrettanto triste ricevere delle email da parte dei miei professori di università,  che a partire da quest’oggi saranno costretti ad operare per via telematica (come qualsiasi altro insegnante). No, non è affatto bello ritrovarsi ad “interagire” con uno schermo. Dal canto mio, lo so molto bene. Moltissime volte, a cagione dell’incomprensione di alcuni argomenti trattati dai docenti, mi sono ritrovata a farlo ed ammetto che non è stato poi così male. Anzi, mi è stato assai utile, a tratti persino più appagante. Adesso, però, non lo sarà per niente.  Le lezioni vere e proprie sono un’altra cosa (per inciso, i professori di questo semestre sono veramente in gamba). Certo, non che non fossi contenta che l’università avesse chiuso le porte a tutti fino al 15 Marzo, anzi. All’inizio, ho visto tutto questo come un’opportunità da cogliere.

“Benissimo, adesso avrai tutto il tempo che ti serve per apprendere al meglio gli argomenti trattati finora a lezione.” mi dicevo. “Potrai riprendere fiato, per così dire”.

Esattamente. Una piccola parte di me, dichiara di pensarla tuttora in questo modo. In fondo, mi stavo sempre a lamentare della scarsità del mio “tempo libero” adibito allo studio!

Ecco, adesso ce l’hai! – “mi urlano dalla regia, spiattellandomelo in piena faccia” -. Ed è completamente “a gratis”.

Sì, anche questo è vero. A partire da adesso, sarà sempre domenica. “Quell’inafferrabile sorgente portatrice di quel  tempo che aspettavo da tempo”, ha finalmente bussato alla mia porta, dopo un primo arduo semestre nel quale – come tutti – non ho trovato che ben pochi attimi di tregua. Peccato che lo abbia fatto nel momento sbagliato. Ma soprattutto, peccato che non se ne possa essere per nulla contenti.

Inutile dire che non avrei mai immaginato che il provvedimento della chiusura delle scuole/università sarebbe stato prolungato così a lungo. Ma è anche vero che esistono delle emergenze – anzitutto sanitarie – che di sicuro sono assai più gravi di questo parziale emendamento che prevede la sospensione della didattica frontale. Questa sembra essere, come si suol dire, solamente la punta dell’iceberg.

Siamo ormai attorniati da un’invisibile, quanto possente, linea di confine. Una sorta di muro che non ci permette di “guardare” dall’altra parte della barricata: la “zona rossa” appunto. E questa, è senza dubbio una realtà di cui si deve prendere atto. Una realtà esistente ma che, a tratti, mi sembra ancora un po’ lontana, “quasi a mo’ di romanzo”.

Una realtà che ora è estremamente tangibile ma che fino a ieri mi rifiutavo anche soltanto di contemplare per un istante. È vero, non mi sento ancora completamente coinvolta emotivamente nella questione, ma sono altresì convinta che tra qualche giorno realizzerò appieno lo stato nel quale oggi ci troviamo.

Uno stato che prevede  un’attesa inerte, ma non solo. Siamo ormai – e a tutti gli effetti – “in piena sospensione”, in senso metaforico e non. Peccato che, almeno per il momento, questo “non” prevalga su tutti i fronti e piombi sulle nostre teste con una consapevolezza tale da paventarci una realtà alla quale nessuno, fuorché magari uno scrittore o un regista dotato di una fervida fantasia “alla Ray Bradbury”, avrebbe mai immaginato.

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

2 Risposte a “‘In sospensione’”

  1. Hai detto tutto nel modo più esatto possibile. Siamo “sospesi” in una fase di incertezza in cui ci viene richiesto di adottare ossessivamente una serie di comportamenti che sono necessari per il benessere comune, per un popolo di individualisti come noi è una grossa novità e non siamo abituati.
    Cerchiamo di attenerci e… speriamo bene.

    1. Già, proprio così. Da un lato, mettere da parte il nostro intrinseco egoismo non potrà farci altro che bene. E speriamo di uscirne, come hai detto tu, più forti di prima.

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