Dietro la maschera

Sono pienamente consapevole del fatto che, il più delle volte, scrivere delle proprie esperienze non serva a un bel nulla, se non a processare quel groviglio di sentimenti positivi e negativi che le hanno accompagnate. Ed effettivamente, almeno al momento, io non so fare altro che questo (ahimè): dannarmi per lo studio e scrivere su questo blog – come in qualsiasi altra piattaforma – per tentare di trovare quella forza di arrivare alla fine di un arduo percorso. Un percorso che, appunto, sembra non finire mai.

So per certo, comunque, che non mancheranno ulteriori difficoltà (e già ora, con il nuovo esame, le sto vedendo una per una), e che lungo il cammino della vita ne incontrerò persino di peggiori. L’ambito universitario è soltanto la punta dell’iceberg. D’altronde, anche a questo riguardo, siamo solo all’inizio, no? E forse – e sottolineo il forse – si avrà anche più tempo per cercare di tirare fuori una parte di me che, purtroppo, esce assai raramente. Soprattutto quando ci sono di mezzo persone per cui pensi di nutrire un’ammirazione che sconfina dal normale insegnamento della materia. E se avrete la pazienza di arrivare fino in fondo a questo post, magari capirete per benino il mio discorso (inutile).

Dopo l’esame di Biochimica, credevo fosse giunto il momento di fare un “passettino” in più e, quindi, di avanzare la richiesta della tesi. Premettendo di non sapere quello che mi riserveranno i prossimi mesi (ma va?), posso solamente asserire di quanto ai docenti universitari freghi ben poco degli studenti (ma va? bis). Perlomeno alla maggioranza di loro. Soprattutto quando si tratta della tesi triennale, che, nel nostro specifico caso, non è sperimentale e, quindi, soltanto compilativa.

Ho sempre maturato l’idea di voler fare una tesi in ambito organico, perciò avevo pensato, come prima scelta, alla professoressa di Organica I che ho avuto l’anno scorso. Mi sembrava una persona affidabile (e lo penso ancora) e seria. Inizialmente, però, non ho ricevuto risposta alla mail. Così, le ho riscritto dopo una settimana esatta. Al che, la docente mi ha risposto francamente che non poteva farmi da relatrice a causa del fatto che dovesse seguire già troppi studenti, e si è addirittura scusata per non avermi risposto nell’immediato (cosa che ho apprezzato tantissimo) perché la mail le era sfuggita. Io le ho risposto di nuovo e l’ho ringraziata comunque per la sua sincerità, e così… ho pensato di avanzare la medesima richiesta al professore di Organica II, che avevo sempre idolatrato con una certa (troppa) enfasi. Un’enfasi certamente immeritata. Il perché?

Ho scritto a questo docente via mail e anche lui, all’inizio, non mi ha risposto. Poco male: ho provveduto a riscrivergli dopo una settimana appellandomi allo stesso “copione” tenuto con l’altra docente. Il professore, questa volta, mi ha risposto quasi subito: Passi pure nel mio studio nei prossimi giorni che ne parliamo. Io ci sono sempre tranne quando sono a lezione di pomeriggio. Un cordiale saluto.

Tralasciando la solita velocità nella risposta – sì, avrei aggiunto almeno una virgola da qualche parte -; ma d’altronde quasi tutti i prof universitari, lo saprete, sono telegrafici e ben poco attenti alle mail dei “comuni mortali”, io ho provato un’ansia e un’aspettativa senza pari. Devo ammettere che, alla fin fine, ero davvero felice che “mi avesse detto sì”, anche perché molti studenti (geni) che hanno iniziato il corso con me – e che ora fanno la magistrale in Organica e sono usciti con 110 e Lode – non sono riusciti a fare la tesi con lui… Per cui, come potevo non sentirmi una sorta di “privilegiata”? Come potevo non essere contenta del fatto che il migliore professore universitario di Chimica (secondo me), mi avesse donato l’opportunità – quasi surreale – di fare la tesi sotto la sua guida? Senza contare che un mio compagno di università, che si laureerà tra pochi giorni, aveva ricevuto da lui un secco no, perché il docente era occupato fino a Dicembre, appunto, con altri tesisti.

A ogni modo, io ho continuato a farmi i soliti filmetti mentali (anche se questa volta, lo giuro, era un bel film) e a pensare a qualche aspetto della Chimica Organica che mi sarebbe piaciuto approfondire nel caso in cui lui mi avesse chiesto cosa mi interessasse nello specifico. Oppure, ho immaginato che lui mi avrebbe, una volta andata lì, proposto qualche argomento e che avrei scelto quello che più mi ispirava. Insomma, credevo di poter instaurare con lui un rapporto di completa fiducia.

Sbagliato. Il tutto non poteva essere più lontano dalla realtà (a dirla proprio tutta, un filmetto negativo me l’ero anche fatto, il giorno prima, ma è stata questione di attimi). Quando sono arrivata all’università – come al solito, ci è voluta un’ora e mezzo abbondante, la metro è inutilizzabile, tra l’altro, perché la fermata Policlinico è chiusa da un anno almeno -, ho acquistato degli appunti di Inorganica II (un caos, ‘sta materia) da una ragazza con cui mi ero accordata (almeno per questa cosa, spero che il viaggio sia stato utile) – perché, ve lo dico in tutta onestà, mi sono proprio stancata di stare ore e ore su registrazioni e riscrivere tutto da cima a fondo, e quindi sì: per una volta, ho ceduto al lato oscuro -, e poi ho cercato lo studio del docente di Organica II. L’ansia aveva lasciato il posto a una certa dose di aspettativa e felicità perché, anche se all’inizio avevo esitato nel chiedergli la tesi alla luce del fatto che io non mi sentivo poi troppo all’altezza di essere una sua “discepola”, alla fine mi sono convinta che, essendo lui molto preciso e scrupoloso, sarei stata in ottime mani. Certo, speravo in sordina che, alla luce di questo fatto, non mi avrebbe comunque fatta penare troppo, però avevo il sentore che sarebbe stata una buona scelta. Pensavo che mi avrebbe seguita passo per passo. E invece… ho soltanto constatato che di belle maschere, sparpagliate per il mondo, ce ne sono anche troppe.

Sono arrivata nel suo studio e – indovina indovinello? – lui non c’era. Puzza di bruciato. Questa è stata la prima cosa che ho percepito. E la mia sensazione non è stata affatto positiva. Avrò fatto bene a chiedere la tesi a lui? Questa è stata la prima cosa che mi è passata per la mente quando ho scoperto che il suo studio era chiuso a chiave – avevo bussato un paio di volte – e che una studentessa che si trovava nel suo laboratorio mi aveva detto di non averlo visto. Premetto che al docente avevo scritto che mi sarei recata nel suo studio proprio ieri, verso le 11.

Lì per lì, ho pensato la qualsiasi. Volevo credere che lui non si fosse dimenticato di me, però gli ho comunque mandato una mail dopo qualche minuto di incertezza, facendogli sapere che lo stavo aspettando. Nel frattempo, ho tentato di chiedere in giro se avessero visto il professore, e un buon samaritano – un ragazzo che forse era borsista, o magari studente magistrale – mi ha indicato un’altra stanza. Con me al seguito, ha chiesto a un gruppo di ragazzi se avessero visto il docente incriminato perché avevo bisogno di chiedergli della tesi, e una di loro gli ha telefonato. Lui ha risposto alla ragazza che mi aveva scritto via mail, ed effettivamente si era sprecato con un Arrivo circa una ventina di minuti dopo dall’invio della mail – chiaramente non ho controllato la posta ogni secondo.

Quando è arrivato, ho tirato un sospiro di sollievo. Lui mi ha detto di essere stato trattenuto (e ora, alla luce di quello che vi dirò, non so se crederci), al che, io gli ho solamente riferito che mi sarebbe dispiaciuto non vederlo e che temevo non ci fosse, perché comunque ero andata all’università soltanto per la tesi e che non abitavo proprio dietro l’angolo. Lui mi ha rassicurato e mi ha fatto accomodare per – credo – un paio di minuti scarsi. All’inizio, ha preso il discorso un po’ alla larga (io: dove vuole andare a parare?): prima, mi ha chiesto quali esami mi mancassero ancora (cosa di cui avevo fatto menzione già nella prima mail che gli avevo mandato), e poi… Noi qui siamo un po’ tutti una grande famiglia… io per esempio faccio parte del CNR, in particolare ci occupiamo di meccanismi di reazione… poi io sono molto occupato ecc… Io ho avuto un grande maestro (e qua si spertica nelle sue lodi, decantando la sua eccellenza ed efficienza) e io sono fiero di essere stato sotto la sua guida ecc… Io ti consiglio proprio di andare da lei (sì, il suo caro maestro), sono certo che lei ti saprà seguire benissimo, perché io ho troppi studenti e quindi non mi è possibile seguirti… Lei invece ti accetterà senza remore, visto che per Giugno c’è tutto il tempo…

Non vi dico come sono rimasta. Basita e sconvolta allo stesso tempo. Ero andata sino a lì con la speranza di fare la tesi con lui, e lui cosa fa? Mi delega a un’altra persona, che tra l’altro non ho mai visto prima. Perché fare finta di interessarsi ai miei esami mancanti quando la sua idea era tutt’altra? Ecco, credo sia stato stato proprio in quel momento che ho visto “l’uomo” che si nascondeva dietro al professore. Ed è stata una delusione totale. Ho constatato che quello che mi era parso di vedere a lezione e all’esame non corrispondeva alla realtà. Ho constatato che lui non fosse poi tanto diverso da altri docenti che, come mi è stato raccontato, ti lasciano in balia di te stesso e a malapena controllano e correggono la tesi. Ho constatato che la gran parte dei docenti si sente “arrivato” e, dall’alto della loro cattedra, posizione e riconoscimenti quali premi e altro, credono di poter fare quello che vogliono, di permettersi di tutto. E per questo si sentono semplicemente inattaccabili.

La mia delusione è stata talmente forte che, benché da un lato avrei fortemente voluto replicare sul fatto che poteva dirmi direttamente per email che lui non fosse disponibile e che aveva tutta l’intenzione di appiopparmi a un’altra, ancora adesso, non riesco quasi a crederci (perché il suo è stato solo un illudermi di un che, in realtà, non ci sarebbe stato).

Purtroppo, quando mi faccio delle idee tanto lusinghiere quanto, forse, troppo entusiastiche su una persona (e questo non capita spesso) che, seppur conoscendo poco, riesce a guadagnarsi la mia stima, la mia ammirazione e il mio rispetto, tendo quasi ad affezionarmi a quell’idea. Sono fatta così, che ci vogliamo fare? Ma questa volta, con mio sommo malgrado, devo proprio dire di aver toppato alla grandissima.

Il suo no mi è stato rifilato con una tale maestria, con una tale, subdola gentilezza, che anche stare lì a puntualizzare su questo fatto, magari, poteva quasi apparire superfluo o, addirittura, inopportuno. E dico quasi, perché sicuramente non lo era. Stavo anche per dirgli quanto mi dispiacesse non fare la tesi con lui, ma visto la sua naturalezza e tranquillità (sicuramente, avrà giocato questa carta con molti altri studenti del passato e del presente, e non smetterà di farlo con quelli futuri), che a una certa mi sono pure detta: magari stai esagerando, non te la prendere troppo… Ma d’altronde, il fatto compiuto rimaneva. Ero andata là soltanto per reperire una mail che avrei potuto benissimo trovare sul sito dell’ateneo e che, soprattutto, avrebbe potuto darmi lui sin dalla prima volta in cui gli avevo scritto.

Uscita da quello studio, mi sono detta che non avrei seguito il pedissequo percorso che si deve fare quando si scrive a un docente/ricercatore: ovvero accordarsi via e-mail e fissare un appuntamento (come tra l’altro mi aveva detto il docente). Io ero già là, per quale assurdo motivo sarei dovuta tornarmene a casa a mani vuote? Con addosso solo un’amara illusione? Così, ho cercato lo studio di questa perfetta sconosciuta. Anche lei, inizialmente, è rimasta un po’ sul vago: cominciava la frase (immaginerete tutti quale) e poi non la finiva. Un mezzo panegirico – tra l’altro ripetuto più di una volta, con annesso fatto che ieri non le funzionava né stampante, né computer né telefono (e a me, di grazia, cosa me ne frega?) – per rifilarmi quel qualcosa che, in via definitiva, le ho cacciato io di bocca. Perché poi, avendo perso la pazienza (e assai provata da quanto accaduto poco prima con l’altro docente), le ho detto chiaramente se stessi interpretando bene il suo “dico non dico”: e in effetti, era proprio così. Anche lei non aveva intenzione di accettare altri studenti perché ne aveva troppi (e perché alcuni sarebbero scalati ai mesi successivi perché ora non avrebbero fatto in tempo a laurearsi), MA avrebbe potuto farlo nel caso in cui io ne avessi avuto bisogno (manco mi stesse facendo le elemosina), e quindi, tra le righe, nel caso in cui io non avessi trovato un altro relatore. Inutile dirlo: questo suo atteggiamento poco convinto e a mo’ di “ok, nel caso in cui tu sia disperata, puoi rivolgerti a me” (non ha detto così, ma il senso era quello) non mi ha per nulla rassicurata, ma soltanto disgustata. E menomale che questa qui, a detta del suo “discepolo”, mi avrebbe accettato senza battere ciglio!

Alla fine, io e lei siamo rimasti che dovremmo risentirci via e-mail, ma io non ho assolutamente intenzione di avere a che fare con lei. Ero quasi tentata di andare dal docente di prima e spiegargli la situazione, ma d’altronde, il fatto che questa qua non mi avesse propinato un no secco e diretto, mi ha suggerito che forse sarebbe stato meglio girare al largo. E così ho fatto. Ho provato a recarmi nello studio di un’altra docente (di Inorganica I, però) che ho avuto al primo anno, ma non c’era… quindi, morale, devo ancora cercare il relatore (a questo punto, il meno menefreghista, per quanto possibile) per questa maledetta tesi che forse, un giorno, mi accingerò a scrivere. Ora come ora, non ho le idee molto chiare sul fatto di dover o meno insistere sulla Chimica Organica e andare da qualcuno che non conosco (tanto, a ‘sto punto, se tutti se ne fregano, che senso avrebbe tentare di fare una cernita?), oppure cambiare direttamente ramo – sempre escludendo la Chimica-Fisica che, per inciso, assieme a quel docente, non voglio vedere mai più. E ora… non mi resta altro che tornarmene all’ovile e, come al solito, impazzire per il nuovo esame che mi aspetta… e si spera, per quanto possibile, di capire almeno quel poco che basta a passarlo (no, l’Analitica non mi sta proprio simpatica, ahimè)!

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

4 Risposte a “Dietro la maschera”

  1. Io (devo dirlo) sono stato fortunato con le tesi, sia la triennale (compilativa) e ancor più quella specialistica (sperimentale), perché ho trovato dei bravi relatori, in particolare nella specialistica mi sono trovato bene e sono stato seguito lungo tutto il percorso.
    Però problemi non sono mancati: a un certo punto lo strumento ha smesso di funzionare (e io avevo solo i dati iniziali), poi si sono aggregati in laboratorio i miei ex-compagni della triennale (che lo ha reso affollato, e alcuni di loro erano pure pesanti), c’erano anche persone antipatiche (è anche capitato che affacciandomi da una finestra, vedessi il laboratorio dove faceva la tesi una mia compagna di corso; il giorno dopo hanno tirato giù le serrande per impedire che guardassi, vedi tu che roba…), molte cose della tesi le ho dovute improvvisare sperando di tirarci fuori qualcosa e non sapendo da un giorno all’altro che sarebbe successo…
    Insomma, questo per dirti che mi spiace tu abbia dovuto vivere una situazione così frustrante, e non ti dico nemmeno che dappertutto è così… Purtroppo bisogna tener duro e cercare di trovare lo spiraglio giusto. Quindi continua a cercare e considera che ci sono anche tanti ricercatori, che non essendo ordinari o associati, sono più disponibili a seguire i tesisti.

    1. Ciao, Marco! Innanzitutto, ti ringrazio molto per questo tuo commento sul post! ^_^
      Diciamo che sto cercando di archiviare – almeno per il momento – questa “brutta” storia, devo tornare assolutamente ai miei esami (o meglio, al mio esame, anche se… in realtà sto cercando di scegliere il “meno peggio” tra due – impresa ardua!), altrimenti si rischia di dare troppa importanza a una questione che, di base, è un po’ generalizzata (soprattutto per l’argomento “tesi triennale”). A ogni modo, spero di trovare “la persona più giusta”, sicuramente ti aggiornerò!
      Mi fa piacere che tu non abbia dovuto penare troppo in nessuno dei due casi! E che tu non ti sia lasciato abbattere dal problema dello strumento (non so cosa avrei fatto io, onestamente). Mi ricordo di aver letto nel tuo libro (Il Sistema Periodico, se non erro!), della tua esperienza in merito alla tesi magistrale, anche se il particolare delle serrande chiuse mi ha fatto sorridere, ma soltanto in parte! Certo che c’è gente veramente altezzosa e poco affabile in questo mondo! Che tristezza…
      Comunque grazie mille per il consiglio, spero di poter trovare al più presto “questo spiraglio giusto”!

  2. Poi, non voglio essere troppo categorico e qualunquista, ma spesso chi lavora nell’ambiente universitario vive in un microcosmo a parte, e quasi non si rende conto che c’è un mondo di fuori. Fatto di gente che magari ha anche altre aspirazioni, oltre ad avere impegni o problemi.
    La relatrice della mia tesi magistrale (persona comunque eccezionale, di cui ho un ottimo ricordo) tre giorni prima della consegna in segreteria ha mandato all’una di notte una mail a una mia compagna per chiederle di scrivere un ulteriore capitolo. Renditi conto. Il giorno dopo questa aveva (giustamente) uno sguardo omicida, cosa che ha fatto recedere la relatrice, facendole aggiustare il tiro dicendo che era una cosa solo facoltativa, se ci riusciva.
    O ricordo la mia ragazza dell’epoca, praticamente sull’orlo delle lacrime, che mi raccontava una risposta insensibile avuta da un docente di fronte a delle difficoltà che aveva avuto in quel momento, come a dire che non gliene fregasse niente, e si fosse iscritta tanto per.
    A volte danno per scontato che uno non abbia voglia di fare, senza considerare che scuola e università sono luoghi formativi, ma di passaggio, e che ciascuno di noi ha dell’altro, fatto di responsabilità, impegni, attività, e che non sempre è facile conciliare tutto.

    1. Devo ammettere che anche io non ho sentito esperienze molto positive riguardo alla tesi – e nemmeno riguardo alla discussione di laurea; ho sentito delle cose a cui io, personalmente, cerco di non dare troppo credito, anche perché ormai mi sono “fatta un po’ le ossa”, per così dire, e il sangue freddo che ho sviluppato in questi anni di università non ce l’avevo certo prima!

      Io resto dell’idea che l’importante sia arrivare all’obiettivo (poi il resto si vedrà), anche se ora come ora sono un po’ in difficoltà, perché gli esami che mi mancano li devo ancora “decifrare”, il linguaggio usato e i vari astrattismi di cui si nutrono non mi aiutano tanto nell’impresa. E purtroppo non ho molto tempo per preparare un esame per Gennaio, anche se, in qualche modo, dovrò pur farlo…

      Tornando al nocciolo della questione, non posso che essere d’accordo con te: a volte, in effetti, quando sono in università mi sembra di vivere in una realtà “parallela”, e di sicuro ai docenti piace vivere nella propria campana di vetro e fanno molta fatica a uscire dal loro “ruolo perfetto”. Non che siano tenuti a farlo, per carità (e nemmeno gli si chiede di diventare poco professionali), ma di sicuro un pizzico in più di empatia, di rispetto, considerazione e tolleranza non guasterebbero!
      Cioè, alle volte bisogna anche ricordare loro che molte persone non sono di Roma, bensì vengono da tutta l’Italia e magari non hanno nemmeno la possibilità di affittare una casa, ma questa cosa ancora non gli entra in testa! E molte volte, a fronte di orari improponibili in cui si incastravano laboratorio e lezioni e magari pretendevano totale rispetto degli orari (ma poi loro fanno il cavolo che gli pare, “giustamente”), a poc’altro cadevano dal pero!
      Anche da noi, comunque, ci sono dei docenti che non si sono fatti scrupoli a offendere le persone, del tipo: “Se tu fossi a un colloquio e io fossi il tuo potenziale datore di lavoro, non ti assumerei mai!”, oppure: “Credo sia meglio che tu cambi facoltà…” e cose di questo genere…

      Poi ci si chiede perché un ragazzo, alle volte, molla l’università… Ti credo che succeda! Con dei soggetti del genere, se non hai abbastanza forza e determinazione, si finisce veramente per dargliela vinta e rinunciare agli studi! E ne ho sentite, di storie come queste…
      Perciò… capisco molto bene quello che dici!

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