The Geese And The Ghost – Anthony Phillips

 

  • La dipartita del grande Anthony Phillips, uno dei membri fondatori dei ‘primi Genesis’ , lasciò nel cuore degli artisti un vuoto incolmabile e lo smarrimento iniziale che ne derivò fu, per certi versi, uno stimolo alla produzione di nuove idee originali nonostante l’abbandono di un grande musicista. Un musicista che, con la sua forte sensibilità, riesce a toccare il cuore di ciascuno, ad accarezzare e a rinfrancare il nostro spirito sempre afflitto da mille pensieri e preoccupazioni. Lasciamoci dunque trasportare dalle dolci e, a tratti, malinconiche, melodie scandite dalla chitarra classica, da sempre uno degli strumenti musicali più amati.

 

The Geese And The Ghost: la genesi

Spinto dal desiderio di comporre in perfetta solitudine e con l’aiuto saltuario di vari musicisti tra i quali figurano Phil Collins, Mike Rutherford e John Hackett (fratello del grande Steve Hackett), il chitarrista Phillips riesce a pubblicare, dopo mille peripezie con la casa discografica Charisma Records (la stessa che si occupò di promuovere i lavori dei Genesis) il suo primo album ‘Geese And The Ghost’ solamente nel 1977. Ma già a partire da quel periodo, il genere rock progressivo era ormai in dirittura d’arrivo, dunque l’album non ottenne il successo sperato. In effetti, le melodie e gli arrangiamenti complessi e di lunga durata caddero in disuso a favore di un genere decisamente più grezzo e, per certi aspetti, molto più aggressivo: il genere punk. In effetti, lo stesso Phillips ammise:

 

La musica stava cambiando. Il mio era un disco fuori tempo massimo per l’Inghilterra. La gente di quegli anni aveva uno strano feeling, dal rock voleva cose molto più aggressive.

 

Effettivamente, lo stile dell’intero album è intriso di sonorità tipicamente progressive. L’atmosfera favolistica che vi si respira è scandita dalla presenza di testi in cui figurano principi e principesse, cavalieri e giullari di corte. Insomma, un tuffo indietro nel tempo e ci si ritrova in un glorioso passato fatto di conquiste, ardite battaglie e romanticismo allo stato puro. Ebbene sì, anche la tematica amorosa è contemplata in questo particolare album.

E quale cantante solista poteva rappresentarlo meglio del grande Phil Collins? Con incredibile dolcezza, il musicista si fa portavoce di due bellissime tracks: ‘Which Way The Wind Blows’ e ‘God If I Saw Her Now’. Prima di analizzare l’album nel dettaglio, però, addentriamoci alla scoperta della bellissima copertina (elaborata da Peter Cross) che lo caratterizza.

The Geese And The Ghost
The Geese And The Ghost: la copertina

Lo scenario che si prospetta è meraviglioso e richiama proprio la struttura delle leggende cavalleresche e, in particolare, la storia del grande Ré Artù. Un’immensa distesa di prati e di boschi invade l’intera facciata della composizione. Il sole splende alto nel cielo, sebbene ai lati della composizione spuntino due minacciose nuvole grigie che sembrano promettere presto un cambiamento. Ma la cosa interessante la si vede nel laghetto azzurro, dal quale si materializza uno spirito: il fantasma, appunto. Un cantastorie assiste inerme a quell’apparizione e smette, per un momento, di suonare quello che sembra essere un mandolino.

Il titolo dell’album parla chiaro e lo si può tradurre come: Le Oche E il Fantasma. D’accordo il fantasma… Ma dove sono le oche? Nella copertina, queste non vengono chiamate in causa. Verranno forse nominate in qualche traccia musicale, oppure la loro presenza nel titolo è puramente causale? 

La risposta al quesito è presto detta. Nel retro della suddetta copertina spunta infatti un’oca dall’aspetto ben diverso rispetto alle altre oche in volo.

Chiarito il mistero, siamo finalmente pronti ad addentrarci in questo mondo fantastico. Il nostro viaggio nei meandri di questo album comincia con un bellissimo brano strumentale della durata di un minuto circa: Wind Tales. Il pathos che vi si respira è percepibile soprattutto nella parte centrale dello stesso, a partire dal trentesimo secondo. Insomma, questa sorta di intro è decisamente breve… Insomma, una sezione strumentale della serie breve ma intensa.

Ma ciò che ne seguirà sarà un brano meraviglioso, Which Way The Wind Blows (Nella Direzione Nella Quale Soffia Il Vento), in parte intriso di una malinconia che richiama i tempi andati. La traccia, cantata da Phil Collins, riguarda infatti l’inesorabile trascorrere del tempo. Un trascorrere che lascia una traccia indelebile nei nostri cuori, colmandoli di speranze e desideri futuri. Come afferma il testo, noi esseri umani non siamo tenuti a sapere in quale direzione soffierà il vento.

Sappiamo soltanto che, ogni qualvolta soffierà, questo porterà con sé buone nuove e altrettante difficoltà. Delle difficoltà che, in un modo o nell’altro, tenteremo di superare brillantemente, lasciandoci alle spalle la fatica che queste hanno comportato. Nella parte finale, il protagonista del brano guarda il sole tramontare e sa che l’indomani lo aspetterà un’altra giornata di fuoco. Pertanto, egli dovrà essere pronto a tutto…

Perché il vento soffierà di nuovo, più forte di prima. E noi siamo come dei giunchi di fiume che, in apparenza fragili,  sono invece in grado di sopravvivere alla più cruenta della tempeste.

Il prossimo brano è una suite strumentale il cui protagonista assoluto è il famoso Henry VIII. Nello specifico, la traccia è intitolata: Henry – Portraits From Tudor Times (Henry – Ritratti Dalla ‘Dinastia Tudor’). La suite è divisa in sei movimenti:

 

i) Fanfare

ii) Lutes’ Chorus

iii) Misty Battlements

iv) Henry Goes To War

v) Death Of A Night

vi) Triumphant Return

 

La suite riassume le gesta di Henry VIII, ripercorrendo le sue cruente battaglie di conquista. A livello strumentale, la suite si alterna con una serie di melodie molto diversificate tra loro, creando una sorta di disomogeneità che caratterizzò la stessa vita del grande sovrano. La traccia su cui ho però intenzione di soffermarmi è la prossima: God If I Saw Her Now (Dio, Se La Vedessi Ora). Come si evince dal titolo, questa canzone d’amore vede come protagonista Phil Collins in duetto con la cantante Vivienne McAuliffe. La chitarra classica scandisce l’inizio di questo scambio di battute dalle quali si apprende la tematica centrale del brano: un amore non ricambiato da parte di un uomo saldamente legato al passato.

Inutile dire quanto la donna soffra per questo: l’uomo, in effetti, continua a rivangare la sua precedente relazione amorosa e, senza alcun timore, lo confessa alla ‘sua lei’ che, profondamente innamorata, cerca di fargli dimenticare quella bellissima donna dai capelli biondi come il sole accennata nel brano. Ma ecco che, nella seconda e nella terza strofa, una domanda e un’affermazione alquanto tagliente colpiscono dritto al cuore chiunque si trovi in questa scomoda situazione.

 

Pray do you love me more?

 

Devo pregarti di amarmi di più? 

Insomma, cosa può esserci di peggio che elemosinare l’amore di qualcuno che non prova i tuoi stessi sentimenti? Ma non è finita qui… La consapevolezza della donna raggiunge il suo apice non appena ella pronuncia queste parole:

 

You loved her more than me

 

Tu hai amato lei molto più di me

 

Come darle torto? In fondo, la sfacciataggine di un uomo disilluso è più che evidente. Senza alcun ritegno, egli esprime infatti implicitamente il suo desiderio di rivedere la sua amata, sebbene quest’ultima l’abbia lasciato per motivi a noi sconosciuti.

Dio, se la vedessi ora!  pronuncia un nostalgico Phil Collins nell’ultima strofa, mentre la chitarra di Phillips e il flauto di Hackett fanno da contorno a questa storia che, seppur banale, instilla in noi la consapevolezza che il passato non tornerà e che il nostro unico scopo sarà quello di rendere unico il presente e le possibilità che questo ha da offrirci.

La magia di The Geese continua a riflettersi con un pezzo decisamente intrigante, una stupenda suite strumentale della durata di ben quindici minuti e il cui titolo è omonimo all’album. Fin dall’inizio della track, l’ascoltatore viene catapultato in un multiverso di sensazioni paradisiache scandite dall’incredibile delicatezza della chitarra classica. Proprio come il grande Steve Hackett, anche Phillips dimostra la sua eccellenza nel toccare le corde del suddetto strumento facendo al contempo vibrare la nostra anima, inevitabilmente caduta in uno status di profonda quiete e tranquillità. Insomma, c’è davvero ben poco da aggiungere: in questo caso, il modo migliore per comprendere il pezzo è ascoltarlo ad occhi chiusi, magari in una stanza circondati da una perfetta solitudine.

Il brano seguente di The Geese And The Ghost è un pezzo davvero struggente, dallo strano titolo Collections (Collezioni). Ammetto che, pur non apprezzando in modo particolare il Phillips vocalist, questa canzone racchiude in sé un significato profondo. Il significato della nostra stessa vita.

 

All the word’s a stage

 

La frase che scandisce la prima strofa è tratta deliberatamente dall’opera shakespeariana ‘As You Like It’ ed afferma: ‘Tutto il mondo è un palcoscenico’. Un palcoscenico nel quale ognuno di noi recita un ruolo ‘prescritto dal copione’, ben definito dal destino e in parte dettato dalla nostra volontà. Quanto all’amore, Phillips si azzarda addirittura a dire:

 

Love is for the fool

 

Ma è davvero così? L’amore è stato veramente concepito per noi poveri sognatori scossi d’improvviso da un amaro disincanto? Beh, diciamoci la verità, alle volte sembra sia proprio così. Stupidamente, crediamo che l’amore possa donarci quella forza che noi stessi non siamo in grado di trovare ma, in realtà, la vera forza nasce da dentro. E nelle situazioni difficili, è sempre la speranza individuale a sorreggerci. Bisogna essere pronti, con o senza l’aiuto di nessuno, ad affrontare le avversità della vita. Tornare a credere in se stessi per poi appoggiarsi concretamente alle persone a noi care al fine di risalire a tutti gli effetti la china. D’altronde…

 

Life is for the strong

 

La vita è per i forti, dice ancora una volta il nostro caro Phillips… Perciò, guardiamo dritti al futuro…

…E concludiamo questo meraviglioso viaggio nel tempo passato con un’altra solenne composizione strumentale: Sleepfall – The Geese Fly West.

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

4 Risposte a “The Geese And The Ghost – Anthony Phillips”

  1. Questo è un disco molto bello e malinconico, che tra l’altro in pochi conoscono. La mia traccia preferita è The Geese and the Ghost, part II, mi piacciono il connubio di chitarra acustica, elettrica e flauto, che ricrea quella melodia così classica, con un suono tanto vecchio, come un vino ben invecchiato.
    L’ultimo brano e il retro della copertina mi fanno supporre che le oche siano forse delle oche delle nevi, dato che volano…

    1. Ciao, Marco! 🙂

      Questo post ce lo avevo pronto da almeno un anno insieme ad altre, innumerevoli bozze; alla fine mi sono decisa a pubblicarlo – visto che di scrittura “inedita”, in questo “periodo infernale”, quasi non se ne parla! Anthony Phillips è un grande musicista, ho scoperto molte sue perle e devo ancora scoprirne altre; ha una discografia molto ricca ed è davvero interessante! Quanto alla composizione che hai citato, in effetti è molto evocativa, poi io adoro quando il progressive si mescola alla musica classica… e il connubio degli strumenti della suite The Geese è proprio sublime!

      Quindi pure qua abbiamo le oche delle nevi, eh? Interessante questo implicito richiamo all’adorato The Snow Goose dei Camel! *_*

  2. Che bello tornare a leggere di musica! Ho dato un paio di ascolti a quest’album e sembra straordinario. God If I Saw Her Now è veramente commovente. E i pezzi strumentali sembrano molto molto interessanti. Peccato che non abbia avuto il successo meritato a suo tempo, ma per fortuna oggi possiamo recuperare tutte queste perle. Grazie per averne parlato (e avermelo fatto scoprire), bell’articolo!

    1. Ciao, Francesco! 🙂
      Questo album è davvero bello, dall’atmosfera squisitamente favolistica; Anthony Phillips, poi… è uno straordinario musicista! God If I Saw Her Now penso sia proprio la canzone che preferisco di The Geese, come hai giustamente detto tu è commovente e altrettanto malinconica. Uno dei tanti piccoli gioielli che ci regala il chitarrista; tuttora sto ascoltando la sua corposa discografia senza smettere mai di sorprendermi! Grazie a te per aver commentato, spero di tornare presto con un nuovo post musicale! Alla prossima!

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