Attacco del campione, pretrattamento e separazione

  • Una fase molto importante appartenente al protocollo di lavoro analitico è il cosiddetto “pretrattamento o attacco del campione” secondo cui, molto spesso, si deve trattare preliminarmente un campione affinché possa essere utilizzato in un’analisi. Inoltre, anche la selettività di un composto è estremamente importante in quanto atta alla comprensione del comportamento dei metalli che possono essere disciolti in soluzione.

1.1. Attacco del campione

Generalmente, l’attacco di un campione solido inorganico si effettua tramite l’ausilio di un solvente più semplice come l’acqua. Esso è un solvente altamente selettivo in grado di sciogliere solamente composti ionici data l’elevata costante dielettrica (circa 80), una grandezza fisica in grado di contrastare le interazioni elettrostatiche che si verificano tra i costituenti di un composto ionico (composto in cui sono presenti ioni, ovvero atomi elettricamente carichi o positivamente – cationi – o negativamente – anioni).

Infatti, se consideriamo due cariche opposte che si attrarranno reciprocamente, la loro interazione potrebbe essere contrastata nel caso in cui tale cariche vengano immerse in un dato materiale.

Per fare un esempio pratico, se le due cariche venissero immerse nel miele o in acqua o in un qualsiasi altro materiale avente elevata costante dielettrica, queste si muoverebbero e attrarrebbero meno fortemente di quanto non farebbero se si trovassero nel vuoto, dove avrebbero maggiore libertà di movimento. Nel caso in cui l’oggetto di cui vogliamo studiare il comportamento si trovi immerso in uno specifico materiale, la costante dielettrica è relativa al mezzo in cui questo si trova (εr), mentre nel vuoto, il simbolo della grandezza è ε0.

1.2. I vari solventi inorganici

Tornando ai solventi, quelli più forti dell’acqua sono rispettivamente:

  • Acido cloridrico (HCl): acido inorganico minerale forte, la cui concentrazione o titolo (che esprime la quantità di soluto, ovvero la sostanza che viene sciolta, presente in una determinata quantità di soluzione o di solvente, la sostanza che scioglie) è generalmente 6M (6 Molare)* perché il cloro evapora. La temperatura di ebollizione (Teb) è 110 gradi centigradi. Il suo meccanismo di azione è acido-base. Anche tale solvente è selettivo, riesce a sciogliere i metalli che nella serie delle tensioni dell’idrogeno hanno un potenziale chimico (tabulato a 25° a pressione 1 atm) minore della coppia H2/2H+. Quindi è in grado di sciogliere solo composti il cui potenziale va da zero a numeri negativi.

 

  • Acido nitrico (HNO3): acido inorganico che agisce secondo un meccanismo ossido-riduttivo, scioglie i metalli che nella serie delle tensioni hanno un valore minore della coppia NO3-/NO (0,96, 1M*). Il valore del potenziale chimico standard è strettamente dipendente dalla concentrazione, variando alcuni parametri quali pressione, temperatura o appunto concentrazione di un acido generico in soluzione, il valore del potenziale chimico standard differisce da quello utilizzato normalmente alla temperatura  ambiente di 25° – corrispondente a 273 K e 1M. Tale acido, comunque, non è in grado di sciogliere l’alluminio (Al) e il cromo con n.o (numero di ossidazione = carica formale che viene attribuita agli atomi in un composto che deve essere elettricamente neutro, ovvero la somma delle cariche deve essere uguale a zero) 3, in quanto, nei loro confronti, mette in atto un processo di passivazioneimpedendo il meccanismo ossido-riduttivo formando, sulla superficie, uno strato di ossido. A questo punto si passa all’acido solforico.

 

  • Acido solforico (H2SO4): acido inorganico minerale forte. La sua Teb è circa 350°. E’ un potente ossidante sotto riscaldamento, mentre HCl non si può riscaldare eccessivamente perché evaporerebbe. Si utilizza per la ricerca di composti inorganici in matrici organiche. Ad esempio, si può fare l’attacco al Fe3+ con tale acido e determinarne la concentrazione. L’acido solforico quindi si ridurrà ad anidride solforosa e avverrà la cosiddetta reazione di mineralizzazione ovvero di ossidazione.

 

  • Acido perclorico (HClO4): acido inorganico forte. Ha un potenziale chimico standard di 1,7 eV (elettronvolt) alla concentrazione di 1M*. È molto ossidante ma esplosivo e sviluppa cloro gassoso tossico, quindi non viene utilizzato nei primi corsi di laboratorio.

1.3. Mole e molarità

* La Molarità rappresenta uno dei metodi per definire la concentrazione di una specie chimica: essa è definita come il rapporto tra numero di moli di soluto (la mole è la quantità chimica corrispondente al numero di Avogadro 6,022 x 10^23 mol-1 tramite la quale è possibile trattare gli atomi in modo quantitativo, in quanto sono molto piccoli e non sarebbe possibile contarli tutti) e il volume (espresso in litri) totale della soluzione.

Qui sotto riporto brevi video in cui si spiegano i concetti di mole che, quindi, è semplicemente un’unità di conteggio simile al modo in cui, ad esempio, si definiscono con il termine “dozzina” 12 uova, di molarità e altri metodi per esprimere la concentrazione di una soluzione.

(Per una qualità di comprensione maggiore, vi consiglio di rallentare la velocità dei video cliccando sulle Impostazioni. Se lo farete, comunque, non smetterete di ridere… Pertanto, se volete farvi semplicemente una risata, siete liberissimi di farlo, nessuno vi interrogherà su ciò che avete o non avete capito  😆 ).

1.4. Attacco del campione – Parte II

Bene, torniamo all’attacco del campione: nel caso in cui gli acidi precedentemente citati non siano sufficienti alla disgregazione del campione solido, si possono utilizzare anche miscele di acidi. Ad esempio, una miscela di H2SO4 e HNO3 o di HNO3 e H2O2 (la comune acqua ossigenata, denominata secondo le regole di nomenclatura chimica “perossido di idrogeno”), o una miscela di HNO3 e di HCl o l’acqua regiamiscela composta da HCl e HNO3 concentrati.

Tale miscela sfrutta un meccanismo sinergico di due composti: HCl sfrutta un meccanismo acido-base, mentre HNO3 opera un meccanismo ossido-riduttivo. Un terzo meccanismo derivante da tale miscela, l’unica in grado di sciogliere il solfuro di mercurio (HgS – precipitato nero) è il cosiddetto meccanismo di complessazioneNel caso della reazione del solfuro di mercurio:

HgS + H+ + NO3- + Cl-  —> + S + NO + 3HgCl42-

Si forma il complesso HgCl42- dovuto agli ioni Cl- (cloruro) che sono ottimi leganti (sottraggono ioni Hg) e aiutano, in coordinazione con gli altri due effetti, la dissoluzione del solfuro di mercurio. Si può quindi agire sulla parte cationica (costituita da ioni positivi) e su quella anionica (costituita da ioni negativi):

HgS —> Hg2+ + S2-

Secondo la reazione schematizzata, il composto si dissocia negli ioni costituenti il composto . Sulla parte anionica agisce HNO3 che ossida lo ione solfuro S2- a zolfo elementare S (guardando la prima reazione scritta), HCl agisce, invece, sulla parte cationica formando Hg2Cl2 (chiamato “calomelano“) e anche il complesso che compare nella prima reazione ( HgCl42- ). La sottrazione di ioni Hg2+ avviene tramite un meccanismo acido-base ad opera di ioni Cl-.

1.5. Acido fluoridrico e fusione alcalina

Se dopo l’utilizzo di tale miscela si ha ancora qualche residuo, si può usare l’acido fluoridrico HF, un acido debole che intacca la silice SiO2 (il nome chimico del vetro) dando fluorosilicati.

Un altro attacco al campione può essere la fusione alcalina. Questo è un procedimento per cui i residui insolubili (come l’allumina e il sesquiossido di ferro anche detto ossido ferrico, Fe2O3) si pongono in una stufa alla temperatura di circa 1500° in ambiente basico per favorirne la dissoluzione.

1.6. Separazione e solubilità

Un altro termine chiave molto importante in Chimica Analitica è la “separazione” . Separare significa isolare un analita da una soluzione eliminando le interferenze con altri analiti presenti in una provetta o in un becher, preconcentrandolo (aumentarne la concentrazione) se presente in piccole quantità, ovvero in “tracce”. Questa tecnica sfrutta differenti principi chimico-fisici come:

  • Diversa Teb: in base alla diversa temperatura di ebollizione è possibile separare degli analiti;
  • Diversa carica: le tecniche connesse sono ad esempio la cromatografia e resine a scambio ionico
  • Forma: si utilizzano setacci molecolari in cui si fanno passare gli analiti con forma diversa e peso molecolare molto grande
  • Polarità: la tecnica associata è la cromatografia liquida
  • Potenziale chimico

In Chimica Analitica Qualitativa, comunque, si sfrutterà un’importante proprietà: la solubilità. Essa è correlata ai vari analiti al variare di alcuni parametri caratteristici (come il pH, ecc…) tramite vari equilibri chimici che analizzeremo in dettaglio nei prossimi articoli.

Laboratorio di Chimica Analitica - tra gli sturmenti, vi sono le provette che, solitamente, rappresentano il campione di cui deve essere determinata la concentrazione
Laboratorio di Chimica Analitica Qualitativa: tra gli strumenti classici vi sono le provette che, solitamente, rappresentano il campione di cui deve essere determinata la concentrazione.

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

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