The Lamb Lies Down On Broadway – Introduzione

Non vi sto certo mentendo se vi dico che, la prima volta che lo ascoltai, trascorsa un’ammorbante ora, ho dovuto bloccarne la riproduzione al fine di prendere una lunga boccata di ossigeno. Quell’album mi stava consumando, logorando, stava mettendo duramente alla prova la mia pazienza. Mi stava annientando. Nella mia mente già confusa, stavano cominciando a prendere forma diverse domande; delle domande che riguardavano proprio quei ragazzi della Charterhouse di cui, fin dal principio, mi ero perdutamente innamorata.

Erano proprio quelli i “veri” Genesis? Un’ora e trentaquattro minuti di concept album inerente “non so cosa”? Un’ora e trentaquattro minuti di strane melodie (progressive o no?), strani rumori, strane e incomprensibili “asserzioni gabrieliane”? 

Ebbene sì, a quanto pare erano proprio loro.

 


 

La mia esperienza con The Lamb Lies Down On Broadway è cominciata un po’ di anni fa, quando frequentavo ancora il liceo. Probabilmente, avevo sedici anni o poco più. Durante uno dei miei consueti pomeriggi all’insegna dello studio, mentre stavo svolgendo degli esercizi di non ricordo cosa, ebbi la brillante idea di mettermi ad ascoltare quel concept album per addentrarmi ancora di più all’interno del “contorto mondo” dei Genesis.

Il risultato? Lo avete scoperto nella citazione introduttiva.

Continuavo a chiedermi che fine avessero fatto “i vecchi” Genesis quando invece avrei capito, a distanza di tempo, di averli sempre avuti dinanzi agli occhi. Non peraltro, il progressive è evoluzione, sperimentalismo, avanguardia, imprevedibilità, progressione di suoni antichi e nuovi, magici e non, dolci ed eterei ma, allo stesso tempo, tremendamente realistici, carichi di pathos e trasporto emotivo, se non quasi fisico.

Una sorta di attesa inerte – che inerte non è – pronta a colpire l’ascoltatore, il quale non può non chiedersi “che cosa accadrà”, nel bel mezzo del suo “naufragar” all’interno di quelle note sublimi e accattivantiaggressive e devastanti. Insomma, il nostro è un ascolto che non può essere catalogato all’interno di schemi predefiniti, è un ascolto nel quale ci si può davvero aspettare di tutto.

Persino un “cambiamento di rotta”, un’evoluzione melodica alquanto misteriosa eppure potente, che suscita in noi meraviglia e sconcerto. Ecco, nel mio caso specifico fu più sconcerto che meraviglia. The Lamb mi appariva così diverso dagli album precedenti del gruppo che quasi mi ritrovai a pensare che fosse stato un bene che Gabriel avesse poi abbandonato la band. Esatto, non avrei potuto pensare a un qualcosa di più sbagliato.

Quell’album è in realtà l’essenza del progressive; quell’album è la summa di tutti i precedenti esperimenti genesisiani. Perché? Vedremo se i post successivi potranno fornire almeno una vaga risposta in merito.

Tornando alla mia prima esperienza di scoperta di questa pietra miliare, adesso mi chiedo se non fosse stata una mossa “azzardata” mettermi ad ascoltarlo mentre stavo facendo altro. Una parte di me teme comunque che, seppure mi fossi distesa sul divano con il proposito esclusivo di concentrarmi davvero nel suo ascolto come solitamente facevo nei weekend, il risultato sarebbe stato più o meno lo stesso.

Quell’album “non lo sentivo mio”, mi sembrava appartenesse a chissà quale band, a chissà quale misteriosa entità. Quella misteriosa entità umana che in realtà porta il nome di Peter Gabriel e compagni. Insomma, questo concept è un disco, un romanzo, un film… Può rappresentare davvero di tutto! Questo concept è un viaggio; un lungo viaggio alla scoperta di se stessi e del proprio “io. Un viaggio unico dal sapore filosofico, mitologico, trascendentale, non proprio favolistico, bensì dai tratti indefiniti, spigolosi, ispidi ma incredibilmente caratteristici e affascinanti

Spero, pertanto, che questo viaggio difficile che mi appresterò a raccontarvi – nonché a compiere insieme a voi – possa rinnovare in me (e magari instillare in voi) la forte passione riguardo i miei amati Genesis.

Pubblicato da Eleonora

Sono una ragazza curiosa dalle molte passioni: amo scrivere, leggere (ovviamente), disegnare fumetti, ascoltare musica - specialmente appartenente al filone del rock progressivo - e ballare, soprattutto i Latino-Americani. Mi piacerebbe molto imparare a suonare il pianoforte, nonché trovare un partner ballerino con cui condividere la mia grande passione per la danza... Lo so, forse chiedo troppo!

8 Risposte a “The Lamb Lies Down On Broadway – Introduzione”

  1. Il mio disco preferito dei Genesis rimane Selling England by the Pound.
    Di The Lamb mi piacciono alcuni brani, altri meno; il mio preferito è Hairless Heart. La storia che racconta è forse un po’ troppo pomposa, e le esibizioni live troppo esagerate. E’ in effetti la conclusione di un percorso.

    1. Io non saprei dire con certezza quale sia il mio disco preferito dei Genesis, ma penso di propendere per Foxtrot (a parte Watcher In The Skies, adoro tutti i brani), la mia professoressa di francese del liceo, invece, adora Nursery Cryme. Selling England è indubbiamente un capolavoro (ricordo che ne lessi i miei post), mentre la storia che si racconta in The Lamb… personalmente la trovo molto affascinante e mi ha incuriosita molto.

      Mio padre possiede il vinile dove all’interno viene narrato il tutto in inglese, chiaramente. Come già saprai, la band non era troppo entusiasta delle manie di protagonismo di Gabriel e, come hai giustamente detto, questo disco è stata “l’apoteosi” di un artista molto pretenzioso, per certi versi dall’istrionismo che ai più potrebbe apparire esagerato. I brani che preferisco di The Lamb sono senz’altro: The Lamia (per me il migliore), Anyway, The Colony Of Slippermen, Silent Sorrow In Empty Boats, In The Rapids e quello che hai citato.

  2. The Lamb Lies Down On Brodway è sicuramente un LP molto particolare, direi un opera monumentale con testi molto complessi e una ricchezza musicale strabiliante.
    Per me che avevo conosciuto i Genesis con A Trich Of The Tail, quindi senza Gabriel, e li avevo osannati con il trittico delle meraviglie – Nursery Crime, Foxtrot e Sellin England – confesso che i primi ascolti di The Lamb mi lasciarono sconcertato e alquanto perplesso. Dopo vari ascolti, e riascoltandolo successivamente nel tempo, lo ritengo sicuramente uno dei migliori album dell’epoca Prog.
    Certamente passare dal filone favolistico, e non solo, del trittico delle meraviglie, alla storia del teppistello portoricano – Rael – colpito dalla visione di un agnello sul marciapiede di Brodway, per l’epoca Prog al massimo dello splendore, non era impresa facile, ma direi piuttosto ardua, che solo i Genesis targati Gabriel potevano centrare.
    E’ chiaro che l’idea di questo concept album come del resto quasi tutti i testi è opera di Gabriel e penso che in questo Lp lo stesso si superi anche a livello di canto. Le numerose esperienze che Rael vive nell’assurdo mondo sotterraneo in cui è precipitato sono niente altro che il percorso attraverso il quale da adolescente si diventa uomo.
    Ritengo che il disco rappresenti una sorta di viaggio surreale, una serie di prove da superare per salire di livello quasi un videogioco dei tempi moderni.
    Che dire del lato musicale, composto dal resto del gruppo? Dal mio punto di vista ci regalano una musica incantatrice, sempre diversa, con picchi di assoluta magia.
    Troviamo sicuramente brani straordinari, credo da non considerare singolarmente in quanto The Lamb è un viaggio un’esperienza da vivere interamente e non per singolo brano, anche se personalmente quello che preferisco su tutti è The Lamia.
    Sicuramente la pubblicazione del disco, la sua rappresentazione dal vivo e l’uscita di Gabriel dal gruppo nel 1975 segnano un punto di rottura nella storia del rock, l’ultimo atto della fase più brillante del Prog e quindi la fine di un’epoca.
    Infatti nessuno riuscirà più ad esprimersi con una complessità live del genere (come del resto nessuno vi era riuscito prima neanche fra altri mostri sacri del Prog quali YES ad ELP che comunque avevano dato vita a musiche complicate e tournee faraoniche) eccetto i PinK Floyd di ” The Wall ” che probabilmente erano arrivati a tanto seppure con modalità diverse.
    Obbiettivamente bisogna dire che la visione lungimirante di Peter e dei suoi costumi è in grado di dar vita e forme ad un autentico teatro rock con tanto di narrazione, non a caso si era pensato di trarne addirittura un film.
    Forse il solo che si era avvicinato alla visione di Gabriel nell’aver concepito una trama è David Bowie con il personaggio di Ziggy Stardust.
    Neanche i Pink Floyd di “The Dark Side Of The Moon” – altro grande concept album del periodo – lo avevano basato su una trama ma bensì su dei “concetti” di fondo quali il respiro, la follia, lo scorrere del tempo, il denaro, il sole e la luna, la morte, la guerra.
    Adesso aspettando con ansia le argomentazioni di Eleonora che puntualmente e dettagliatamente sviscererà tutti i tasselli del disco, come del resto nei post precedenti, auguro a tutti buona lettura.

    1. Cosa dire, se non che la tua disquisizione su The Lamb è a dir poco perfetta? Questo tuo commento mi ha davvero entusiasmato, sono rimasta incantata nel leggerlo, perché… la penso esattamente come te! The Lamb è proprio un viaggio, un concept dalle tinte prog rock condito da elementi di rock puro, l’impervio viaggio di un ragazzo portoricano che, alla fine, rappresenta proprio il viaggio che ognuno di noi compie al fine di raggiungere la piena maturità.
      Penso anch’io che non esista un concept che possa eguagliare, per bellezza musicale e contenuti che si incastrano perfettamente gli uni gli altri, l’opera genesisiana. È un concept molto tosto e assai difficile da digerire all’inizio, soprattutto certi passaggi… ma dopo un bel po’ di ascolti si riesce davvero a captarne la genialità e, almeno in una certa misura, l’essenza.
      Come hai giustamente detto, considerare una singola canzone sarebbe riduttivo, sono tutte collegate le une alle altre, alcune di queste persino musicalmente… Malgrado i dissapori sempre più forti che regnavano all’interno del gruppo, la compattezza di quest’opera mi lascia sempre a bocca aperta. Ormai, l’ascolto di questo concept fila che è una meraviglia, non mi sembra nemmeno che trascorra un’ora e mezzo dal suo inizio, scandito dal grande Banks. Su Bowie, invece… mi dovrò senz’altro documentare!
      Grazie ancora per questo tuo bellissimo commento, spero di rendere almeno un poco di giustizia a The Lamb nei post successivi! 🙂

    1. Ciao, Marco! 🙂

      Magari! Pensa che C.O. III vorrei darla come ultimo esame, altro che tacca! 😂
      Il professore è a dir poco terribile (ascoltai mesi fa gli esami in telematica), forse al pari della prof.ssa di Analitica I! E mi fermo qui! xD

      Quanto a Organica II, devo fare l’esame tra una settimana, ed è inutile dire che… sto studiando come una pazza (ecco perché sono anche sparita dal blog)! Ma devo dire anche che questo esame è quello che fino a ora mi è piaciuto di più, malgrado l’enorme quantitativo di reazioni e aspetti biochimici (questi, a mio avviso, potevano direttamente lasciarceli per l’esame di biochimica)!

      Quanto al brano che mi hai allegato, non lo conoscevo, lo trovo molto suggestivo! Poi, Steve Hackett mi piace un sacco!😁

      Ps: Scusami tanto per il ritardo nella risposta (ormai ho gli occhi fissi sui miei quaderni e sui video, quasi non vedo altro 😂), e grazie di avermi scritto!😊

      Pps: so che non sei un amante della musica italiana, però io ti mando questa cover (l’ha fatta un mio prof di Analitica): https://www.youtube.com/watch?v=4c0TxNmJqSk

  3. Riprende un po’ Alberto Cavaliere…
    Eh, anche in Chimica Organica E (che per te sarebbe la seconda parte di C.O. II) si faceva un po’ di sostanze organiche di interesse biologico. Che poi lo si rifaceva in Biochimica più ampiamente, quindi non è che avesse molto senso…
    Alla triennale l’ultimo esame che diedi fu Materiali Polimerici.
    Mmh, mi sa che non conosci i Focus, che qualcuno chiamava “i Jethro Tull olandesi”…

    1. Grande Cavaliere xD
      Infatti mi chiedo perché questo aggiungere cose se poi dobbiamo studiarle di nuovo… certo, da un lato non mi dispiace, qualcosa già lo saprò, però lo trovo un po’ uno spreco di energie!
      Una parte sui polimeri la abbiamo in CO II (che tra l’altro dovrei vedere meglio)… mi pare che però nella magistrale (o triennale di ex chimica industriale) ci sia un vero e proprio esame su questo, forse si chiama proprio Materiali Polimerici!
      Ma certo, i Focus!! 😆 Pensa che una volta ascoltai un loro album, e appena mi hai inviato il video sulla cover della cover mi sono messa a cercare su internet e ho trovato la suite Eruption del gruppo. Ho ascoltato proprio il loro primo disco, se non erro, forse qualche anno fa! Mi ha colpita molto, ma non ho approfondito troppo la loro musica, o almeno… non ancora! 🙈
      Le vie del prog rock sono infinite, non c’è niente da fare!

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